ROMA – Si chiama “Project Fenice” il piano con cui la Federcalcio prova a chiedere al governo gli aiuti per far risorgere dalle proprie ceneri il calcio italiano. È il piano inviato la scorsa settimana a Draghi e presentato in queste ore alla sottosegretaria allo sport Valentina Vezzali. Firmato dalla società di revisione Pwc, analizza la crisi in cui il calcio italiano si è avvitato negli ultimi 12 anni. E propone soluzioni per uscirne con corposi interventi statali. Tra cui garanzie o finanziamenti pubblici al calcio per 500 milioni e un vantaggio fiscale per attrarre i campioni.
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I numeri della crisi
La premessa è che “Pwc non fornisce alcuna garanzia in merito alla correttezza e completezza delle informazioni” e “non si assume alcuna responsabilità per eventuali omissioni”. Ma nei 12 anni pre Covid, il calcio professionistico italiano ha prodotto perdite per 4,1 miliardi e l’indebitamento si è quadruplicato. Sono 4 anni che i margini operativi si riducono a causa del costo del lavoro, cresciuto mediamente del 4,6% all’anno. La sentenza è la “non sostenibilità del sistema nel breve medio periodo”. Poi ci si è messo il Covid: per la Serie A, -302 milioni dei ricavi da stadio, -228 milioni dagli sponsor, -334 plusvalenze. In totale, l’impatto è di 1 miliardo e 037 milioni di perdite. Con 5,2 miliardi di debito. E quindi è inevitabile chiedere aiuto. Nella relazione, si legge, il comparto cinematografico e audiovisivo ha ricevuto da inizio pandemia ristori per 900 milioni di euro, contro i 5 milioni di cui ha beneficiato il calcio. Le ipotesi sul tavolo? Oltre quelle già annunciate dalla Figc, anche interventi più strutturali.
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Garanzie o finanziamenti pubblici per 500 milioni
Tra i punti evidenziati, l’ipotesi di misure di sostegno statale a breve termine per il fabbisogno di cassa del calcio professionistico: l’accento va sulla proposta di garanzie o finanziamenti statali per 500 milioni, in relazione all’aumentare del debito, da vincolare a investimenti virtuosi come infrastrutture, settori giovanili e calcio femminile. Una cifra che andrebbe, secondo Pwc, distribuita così: 360 milioni alla Serie A, 90 milioni alla Serie B e 60 milioni alla C. A cui aggiungere la sospensione con riscadenzamento delle passività fiscali (i debiti tributari sono tra i 400 e i 600 milioni) sospendendo i pagamenti fino al 2024 e ridistribuendoli su 8-12.
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Meno tasse per i calciatori
C’è anche, nel documento, l’idea di allargare i vantaggi fiscali del decreto crescita a tutti i trasferimenti, non solo a chi non sia residente in Italia da almeno 2 anni. Una misura che, secondo la relazione, avrebbe l’effetto di ridurre il costo dei professionisti e di attrarre talenti (non solo) dall’estero. Il rischio sarebbe però quello già visto col decreto crescita: dimezzare la contribuzione fiscale senza incidere sul costo del lavoro. Da accompagnare a interventi virtuosi: misure per agevolare l’apprendistato per i giovani (dai 18 ai 23 anni) e che possano favorire lo sviluppo dei settori giovanili garantendo tutele per il calcio femminile attraverso crediti fiscali.
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Salary cap e controlli settimanali sui conti
In cambio, la Figc si pone l’obiettivo di sviluppare misure di controllo anche settimanali, per promuovere l’autosufficienza economico-finanziaria del calcio. Insomma, per ridurre le spese folli che hanno prodotto un sistema che non sta in piedi. Come? Come un tetto di spesa in linea con i flussi di cassa. Un hub della Federcalcio dovrebbe monitorare su base settimanale o mensile i flussi di cassa. E verrebbe introdotto un Salary cap, con luxury tax sui trasferimenti che lo sforano. In linea con le misure che sta adottando la Uefa.