ROMA – Sono cominciati ieri i sei mesi in cui tutto torna possibile. Il semestre che precede l’elezione del presidente della Repubblica, durante il quale – qualunque cosa accada – nessuno può sciogliere le Camere. Ma il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, esponente di quel M5S che molti guardano con preoccupazione, assicura: “Non ci saranno scossoni. Chi minaccia il governo, minaccia la ripresa del Paese”.
In questa fase lei sembra rappresentare l’anima più governista dei 5 stelle, Conte pare invece volersi mettere a capo di quella più barricadera. Questo non mette a rischio gli equilibri del governo Draghi?
“Non vedo nessun rischio per l’esecutivo. E le assicuro che nel Movimento facciamo tutti parte della stessa comunità”.
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Non vede neanche il rischio di un voto anticipato dopo l’elezione del nuovo presidente della Repubblica?
“Non c’è in questo momento nessuno che parli di elezioni anticipate e non penso ci saranno scossoni nei prossimi sei mesi. Se pensiamo a nuove elezioni con 200 miliardi da spendere, non ci stiamo concentrando sui bisogni del Paese. La pandemia ha cambiato tutto e se la politica non si adegua si aprirà un vuoto. Le persone chiedono stabilità, prospettiva, concretezza. La sfida del Piano nazionale di ripresa e resilienza è l’ultima occasione che abbiamo per allinearci ai competitor europei. Se blocchiamo tutto in Europa diranno: ecco, sempre i soliti”.
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La riforma della giustizia è passata alla Camera: il primo giorno 40 di voi non hanno votato la fiducia, il secondo 13. Siete in grado di garantire che al Senato il gruppo M5S non chieda di riaprire tutto?
“La fiducia alla Camera è arrivata. E sarà così anche al Senato, perché la linea dei 5 stelle è votare a favore di questa riforma. Io direi che, alla fine, il Movimento ha dimostrato compattezza. Sta garantendo il suo supporto e continuerà a essere determinante”.
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Già una volta avevate dato il via a una mediazione e poi siete tornati indietro. Adesso che se l’è intestata Conte è diverso?
“Conte è il presidente del Movimento, è giusto se la intesti lui”.
Non lo è ancora.
“Lo sarà, è il leader in pectore. Guardi, il tema della giustizia è simile a quello dei 5 stelle. Potevamo mollare, lasciare tutto al caso: ci saremmo trovati un Movimento spaccato e la cancellazione della riforma Bonafede. In entrambi i casi abbiamo invece deciso di mediare. Io mi sono esposto, andando incontro ad attacchi, ma l’ho fatto con in mente un obiettivo: trovare unità. Perché la mediazione, se non è al ribasso, porta sempre i suoi frutti. Che in questo caso sono stati avere il Movimento unito e la riforma della giustizia salva”.
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Lei è stato molto attaccato per aver chiesto scusa con una lettera al “Foglio” all’ex sindaco pd di Lodi per i toni usati quando era indagato. Si è pentito di quell’uscita o crede che il Movimento debba ancora maturare su certe posizioni?
“Non giudico le posizioni altrui, ma per me chiedere scusa non è un segno di debolezza. Tutt’altro. Cambiare idea non significa rinnegare principi e valori, ma capire gli errori per non ripeterli”.
Si è molto parlato di un dualismo tra lei e Conte. Eppure è stato lei, insieme al presidente della Camera Roberto Fico, ad andare a trovare Beppe Grillo salvando l’accordo che garantirà all’ex premier di diventare presidente dei 5 stelle. Cosa l’ha mossa?
“L’amore per il Movimento. Con Roberto e con tutto il gruppo dei 7 abbiamo lavorato giorno e notte per scongiurare la scissione. Oggi siamo ancora qui e questo dimostra che c’erano i margini per farlo. Spesso mi dicono che sono eccessivamente moderato, ma penso che litigare non porti da nessuna parte e per questo faccio un appello alla compattezza: non facciamoci distrarre. Tutto il mondo sta prendendo grandi decisioni sui temi dell’ambiente, della sostenibilità: dobbiamo diventare un punto di riferimento intelligente e ragionevole su questo. Lavorare alle prossime amministrative, non lasciare soli i nostri sui territori, centrare gli obiettivi”.
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Nell’intervista alla “Stampa” l’ex premier sembra accusarla di passare interpretazioni ai giornali per danneggiarlo. Vi fidate l’uno dell’altro?
“In questi giorni si mette al centro il gruppo parlamentare per alimentare retroscena, io invece vorrei ringraziare tutti i deputati e i senatori perché stanno facendo un lavoro immenso. La fiducia tra me e Conte non è in discussione, ma da giorni sono io che ricevo attacchi con delle veline e confido ancora che arrivino smentite. Quello che non si è capito è che queste diatribe interne non indeboliscono solo il Movimento, ma chi lo guida. È sempre stato così”.
Lunedì è stato in Libia per la quinta volta dall’inizio dell’anno. Con quali risultati?
“Il nostro primo obiettivo, la nascita di un governo di unità nazionale, è stato centrato. Adesso, in vista delle elezioni del 24 dicembre, serve che il Parlamento approvi una legge elettorale, una costituzionale e una di bilancio. Le forze politiche faticano a trovare una visione comune e l’Italia, insieme alle Nazioni Unite, sta cercando di favorire questo processo”.
Abbiamo rinnovato il memorandum che finanzia la guardia costiera libica, pur sapendo – lo dice l’Onu – che è la prima a macchiarsi di crimini atroci. Stiamo facendo qualcosa per tutelare le persone rinchiuse nei campi? O per evitare che le motovedette libiche agiscano contro le leggi che tutelano a livello internazionale chi è in pericolo in mare o chi vuole fare richiesta di asilo?
“C’è un negoziato per la revisione del memorandum of understanding che prevede una gestione dei flussi fatta in conformità degli standard internazionali e nel rispetto dei diritti umani”.
Ma non abbiamo ancora avuto alcuna garanzia, non ce l’hanno i rifugiati in Libia.
“La chiusura dei centri di detenzione è uno degli impegni che sono stati presi alla conferenza di Berlino dalle autorità libiche. Ma quando parliamo del memorandum, stiamo parlando di un rapporto bilaterale che non può bastare. Non possiamo restare l’unico Stato membro dell’Unione europea a farsi carico di queste iniziative”.
Salvini ha chiesto che il governo fermi gli sbarchi, minacciando altrimenti di non poterlo sostenere. Lei che ne pensa?
“Credo sia una provocazione. Capisco ci siano tensioni nel centrodestra, ma agitare il governo per creare momenti di fibrillazione è la strada sbagliata. Chi in questo momento attacca il governo sta attaccando la ripresa del Paese”.
Sul reddito di cittadinanza, accetterete le modifiche necessarie per migliorare la parte sulle politiche attive del lavoro o è un totem intoccabile?
“Per effetto della transizione ecologica e digitale nei prossimi dieci anni si trasformeranno milioni di posti di lavoro. La cosa che dobbiamo fare adesso è agire sulla formazione lavorativa di giovani e meno giovani, puntando anche sulle nuove professioni. Provare a costruire a livello nazionale un accordo, un patto sul lavoro come hanno fatto l’Emilia-Romagna o il progetto di Manifattura Milano per aiutare i cittadini a reinserirsi nel mercato del lavoro. Quando ero al Ministero del Lavoro ho dato oltre un miliardo di euro alle Regioni per fare questo, ma la gran parte di quei soldi non sono stati spesi. Quindi mi chiedo: che succede se i fondi fossero dati anche alle imprese per formare giovani e meno giovani?”.
È la sua proposta? Somiglia a quelle di Confindustria.
“Non sono io a decidere, lo farà il ministro del Lavoro, che sta lavorando con grande impegno. Ma credo che sia necessario e urgente preparare le persone alla nuova rivoluzione industriale che sta arrivando”.
Si dice che con Fico potrebbe far parte del comitato di garanzia: quanto sarà importante quest’organo nella nuova organizzazione?
“Per mia esperienza, e credo di averne un po’, in questi anni tutto quello che riguardava il Movimento è passato attraverso il comitato di garanzia. Anzi, colgo l’occasione per ringraziare Vito Crimi che si è sobbarcato un lavoro enorme”.