ROMA – “Non si capisce la ratio della norma: sto col mio collega in stanza, ma non ci posso andare in mensa”. Andrea Laguardia, responsabile del settore ristorazione di Legacoop è preoccupato per la decisione del governo di estendere l’obbligo di Green Pass introdotto col decreto 105 del 23 luglio anche alle mense aziendali, oltre che a ristoranti e bar. “Sono in ferie, ma in queste ore sto ricevendo decine di telefonate delle aziende clienti che ci appaltano il servizio mense: vogliono sapere chi controlla da lunedì (oggi, ndr) i Pass e chi rischia la sanzione”.
Già, perché dal 6 agosto tutti i servizi di ristorazione “per il consumo al tavolo, al chiuso” e i loro clienti sono soggetti a multe da 400 a 1.000 euro, se non rispettano l’obbligo. Capiterà anche con i lavoratori che riprendono servizio e che si recano a mensa in pausa pranzo?
Non è l’unico paradosso che finirà per monopolizzare il tavolo sulla riforma degli ammortizzatori sociali convocato per oggi dal ministro del Lavoro Andrea Orlando. Imprese e sindacati dovrebbero dare il via libera alle linee guida della riforma – sei pagine descrittive, prive di numeri e costi dopo l’altolà del ministero dell’Economia – ma è molto probabile che la discussione viri sul caso del giorno. Il fronte d’altro canto è caldo anche lato scuola, visto che il presidente dell’Associazione nazionale presidi Antonello Giannelli chiede 8 mila assunzioni nelle segreterie per fare i controlli.
“Sin dal 23 luglio ci siamo mossi scrivendo ai ministeri interessati e chiedendo lumi sull’obbligo”, racconta ancora Andrea Laguardia. “Non abbiamo avuto mai risposta e ora rischiamo il caos. Siamo molto preoccupati per quello che succederà nelle imprese e negli uffici. Temiamo che molte aziende, per non avere problemi, chiudano le mense. Mettendo a rischio il futuro di 20 mila lavoratori, già provati duramente dal Covid, dallo smart working, dalla Cassa integrazione, da un crollo drammatico del 60% di fatturato”. Il settore, si sa, è a prevalenza femminile. Un altro duro colpo al lavoro delle donne, punito su più versanti dalla recessione pandemica.
I problemi poi non sono solo di logistica – chi controlla e come, chi sostiene i costi dei controllori, chi paga le eventuali sanzioni – ma anche di natura giuridica e costituzionale. I sindacati guardano al Green Pass obbligatorio per accedere in mensa come al cavallo di Troia per introdurre l’obbligo di certificazione per lavorare. “La situazione è complicatissima, difficile tirare una linea dritta”, ragiona Maurizio Del Conte, giuslavorista, docente in Bocconi di Diritto del Lavoro. “Ma non giriamoci intorno: se mi imponi il Green Pass per lavorare, di fatto mi obblighi al vaccino. Difficile poi distinguere tra l’obbligo di Pass solo in mensa e l’obbligo per lavorare tout court”.
Qui il punto delicatissimo. “Il datore di lavoro non può conoscere i dati sanitari dei dipendenti, sarebbe illegittimo”, spiega Del Conte. “Ma come si fa a separare la conoscenza del gestore della mensa – chiamato a controllare e pagare eventuali sanzioni – da quella dell’imprenditore? Se la mensa è fisicamente separata dagli uffici, forse è possibile considerarla come un ristorante esterno. Ma sappiamo bene che nella maggior parte dei casi non è così. La mensa – seppur data in appalto – è nei locali aziendali in situazione di promiscuità fisica. Il datore può cioè verificare de visu chi entra in mensa perché ha il Pass e chi viene respinto. Una situazione che può generare seri problemi di privacy”.
Uscire dall’impasse sarebbe semplice per Del Conte: “Introdurre l’obbligo di vaccino per legge. La Corte Costituzionale ha già detto che è legittimo, data la situazione pandemica. Ma sembra che né il legislatore, né la politica vogliano assumersi questa responsabilità. Di qui l’impianto ipocrita, confuso e cerchiobottista delle norme attuali”. Al punto che i ristoranti interni agli alberghi sono esenti, le mense no. Gli addetti ad entrambi – camerieri, ristoratori – sì e gli impiegati no.