Vissani: “Le rassicurazioni di Lamorgese sul green pass? Peggio di prima. Draghi si occupi di noi ristoratori e dell’Italia normale”

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“È sempre un caos. Anzi, c’è ancora più confusione. Prima ci dicono: ‘Dovete controllare i documenti’. Ora invece che non serve, che non siamo poliziotti e che basta verificare i green pass come i biglietti al cinema. E poi che succede? E se sono falsi? È una stronzat*. Anche questa”. 

Come è nel suo stile, diretto e senza scorciatoie, Gianfranco Vissani non le manda a dire. Sull’obbligo del certificato verde ne ha un po’ per tutti. Anche per la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese che ha appena esonerato i ristoratori dall’obbligo di fare i controlli sull’identità dei possessori della certificazione. 

Lamorgese tranquillizza i ristoratori sul green pass: “Non tocca a voi fare i poliziotti”. I gestori: “Giusto, non possiamo essere responsabili di chi fa il furbo”

di

Noemi Penna

09 Agosto 2021


Ma non è una buona notizia, chef?

“A parte che ogni due per tre spunta un ministro a dire la sua quando dovrebbe parlare solo il presidente del Consiglio. Ma poi dovevano dirlo prima. E magari aspettare settembre per l’obbligo del pass, come per i trasporti e la scuola. Non complicarci le cose a pochi giorni dal Ferragosto. Ma perché ce l’hanno sempre con noi ristoratori? Stanno giocando a scaracoccio (gioco di carte toscano in cui vince chi totalizza il punteggio più basso, ndr)? Già abbiamo perso clienti, prenotazioni, soldi. Abbiamo avuto diverse disdette. Il calo già c’era. Quasi il 70% in meno. Nessun paragone con la scorsa estate quando abbiamo lavorato bene anche solo un mese. Ora qui (a Baschi, in Umbria dove lo chef ha il suo ristorante “Casa Vissani” che è anche albergo, ndr) è un deserto. Non guardiamo al sabato e alla domenica, ma agli altri giorni della settimana, lunedì, martedì, mercoledì. È questo che vorrei dire…”. 

A chi? Un anno fa puntava il dito verso Giuseppe Conte. Lo scorso aprile scorso è andato di fronte alla villa dell’attuale premier a Città della Pieve.

“Ora al professor Draghi, naturalmente. Potrei scrivergli una lettera aperta. Per ripetere che deve guardarsi intorno, occuparsi dell’Italia normale. Non ci sono solo le città come Roma, Milano, Torino, Bologna. La realtà è quella degli 8.800 comuni che abbiamo, tanti piccoli centri che rappresentano il vero Pil del Paese, con il turismo, il nostro patrimonio, e dove i ristoranti cercano di resistere come possono. Qui, come in tanti altri posti, chi viene in vacanza, in famiglia o in gruppo, prende una casa e si mette a cucinare invece di andare a magiare fuori. Insomma siamo penalizzati sotto ogni aspetto. La nostra è la categoria più martoriata. Siamo stati chiusi per 14 mesi. Abbiamo avuto e stiamo avendo ancora problemi a trovare personale per colpa del reddito di cittadinanza. Ma le tasse a settembre dobbiamo pagarle, altro che anno bianco!”. 

E ora si è aggiunto l’obbligo del pass per chi si siede ai tavoli all’interno. Lo chiede o è un “disobbediente”?

“Seguiamo tutte le regole come abbiamo sempre fatto. In realtà è mio figlio Luca che si occupa della questioni di ordine pratico. È lui che comanda. È molto pignolo e rispetta moltissimo le leggi. Fosse stato per me chi entrava entrava, chi usciva usciva.  Perché già rispettavamo le norme, con il distanziamento, le mascherine, l’igienizzazione in tutti gli angoli. Dobbiamo imparare a convivere con questo virus e con le varianti chissà per quanto tempo, per anni. Per questo ho pensato di prendere i macchinari con la tecnologia della Nasa per il ricambio dell’aria e con cui si può creare una sorta di bolla per arginare i contagi.  Voglio dire che tutti noi ristoratori ci siamo adeguati e abbiamo risposto a quello che ci chiedeva di fare il governo. Si ricorda i plexiglas?”.

Non le dà più sicurezza sapere che chi è nelle sale è vaccinato o tamponato?

“Non è questo il punto. Io ho fatto il vaccino, doppia dose, così come lo hanno fatto i miei dipendenti. Ma sono certo che chi non vuole farlo non lo farà mai. E non lo si può costringere. È anticostituzionale. E poi per tutto il resto non c’è certezza. Non si fanno le cose per bene come andrebbero fatte. Le faccio un esempio: domenica è venuto un gruppo di persone a cena, alla verifica del green pass per una di loro, una signora, non c’era l’ok. Poi abbiamo riprovato e la scannerizzazione del code è andata a buon fine. Se ci fossimo fermati al tentativo li avrei dovuti mandar via tutti, e avrei perso i coperti. Per non parlare della doppia questione: avendo sia ristorante che albergo devo proporre un diverso trattamento nello stesso luogo fra chi soggiorna e può mangiare senza green pass e chi viene da fuori che invece deve mostrarlo se vuole star dentro e non nella parte esterna… È una vergogna”. 

Dimentichiamo per un attimo il pass e pensiamo solo al “gusto” del suo lavoro: cosa prepara per Ferragosto?

“Due cene, una il 14 come anticipazione andata per fortuna sold out, e l’altra il 15, sulla rinnovata terrazza colorata Ore d’oro con vista sul lago di Casa Vissani. I piatti ideati ad hoc per l’occasione? Battuto di branzino con mirepoix di melone e semi di zucca tostati. Cocktail di scampi con maionese al caffè e tartufo nero. Crudo di carne con insalatina di ovuli, pasta sfoglia bruciata, noce pecan tostata e focaccia di Recco. Quindi spiedini di pollo, agnello e salsiccia con zucchine  e anacardi. O in alternativa cipolla e pistacchi o finocchi e mandorle amare o pomodori e arance”. 

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