Il profumo delle casjatine, formaggelle tipiche galluresi di ricotta e uva passa, è irresistibile. Filippo Tortu annusa, sorride, fa una smorfia. Il fratello Giacomo ci scherza su: “Tieni duro, fratellone!”. Lui, il raggio laser della 4×100 olimpica, annuisce. E procede: due fette di pane di semola di Calangianus, marmellate di more e fichi di Sant’Antonio di Gallura, spremuta d’arance di Luras. Il caffè? Gorgoglia dalla moka di nonna Titta. Sa di buono: l’acqua delle sorgenti Rinaggiu, a Tempio Pausania, non tradisce. Ma non si tratta solo dell’aroma. Il sorriso del campione olimpico prende forma. L’affetto di casa non ha eguali. Per il resto, sgarri alimentari e altro, ci sarà tempo. Forse. D’altronde, se hai messo la freccia e i marziani dello sprint mondiale ti guardano da dietro, pazienza e professionalità sono sacre. E fanno la differenza. “Credo in quel che faccio, ci metto tutto me stesso. Mi piace pensare che sto costruendo qualcosa. L’atletica si prende quel che ho ma so che posso fare tanto”.
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La freccia di Tokyo si gode la sua Sardegna. Golfo Aranci, a mezz’ora da Porto Cervo, è la tana del campione. Un’oasi fisica e mentale. A proteggere la quotidianità del primo italiano sceso sotto i 10 secondi nei 100 metri, una festosa grande famiglia. Una tribù affiatata con in prima fila i genitori Salvino e Paola, gli zii Nicola ed Elena, Alessandro e Flavia, i cugini Federico e Maddalena, Vittoria e Fernando: “Mi sento bene, l’atmosfera familiare mi aiuta a recuperare stress e fatica. L’obiettivo? Ad agosto starò qui, mi alleno. Va chiusa la stagione, riflettiamo sulle opzioni”. Il cellulare squilla senza sosta. Giacomo se ne impadronisce, piazza la barriera e ribatte con garbo.
Filippo, partiamo dai complimenti. Qual è stato il più toccante?
“Quello di Álvaro Morata. Rimarca che anche se non è italiano è stracontento di avermi visto sul podio. Mi ha fatto molto piacere”.
La sua fede juventina ha avuto un ruolo mica male.
“Può darsi. E non a caso conservo gelosamente anche i messaggini di Chiellini e Marchisio. Ma devo dire che ho gradito molto anche il whatsapp di Ambrosini. Ho avuto vicinanza e amicizia, li ringrazio di cuore”.
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Voltiamo pagina. Filippo Tortu e la sua Sardegna. Cosa c’è in cima alle priorità?
“Andare al cimitero di San Sebastiano, a Tempio. Lì è sepolto mio nonno Giacomo. Rendergli omaggio e visitare la sua tomba è uno dei miei primi impegni”.
Il cognome Tortu ancora brilla nell’insegna della tipografia in piazza Italia a Tempio.
“Penso alla sardità, al nostro modo di custodire e tramandarci sentimenti, passione e rispetto. Sì, anche dubbi e preoccupazioni, come tutti. Sul saper vivere dalla mia famiglia ho avuto esempi pratici e concreti. Ne vado fiero”.
Salvino, genitore e tecnico. L’intesa funziona, qual è il trucco?
“Mio padre sta con me, in tutto e per tutto. Dopo la finale olimpica abbiamo pianto per giorni. Tutti assieme eravamo e siamo felicissimi. Il successo di Tokyo è il frutto del lavoro del team, ognuno ha fatto la sua parte e siamo al settimo cielo. Sto vivendo una sensazione unica”.
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Ma ha capito a fondo cosa significa vincere l’oro nella 4×100?
“No, non ancora. Sono travolto da un fiume in piena di emozioni e gioia. Un sogno assurdo è diventato realtà, tanto che non so bene come rapportarmi. Ma una cosa è certa: è la cosa più bella che uno sportivo possa raggiungere”.
Marcell Jacobs dice che ora è lui che tira…
“Lo sport è così, un giorno tira uno e un giorno l’altro. Sicuramente sarà uno stimolo in più per migliorarci”.
Faustino Desalu ha detto che al passaggio del testimone le ha urlato qualcosa di disumano.
“Vero, un urlo che sento tutte le notti prima di addormentarmi. Mi ha dato una carica pazzesca, ho sentito tanta energia. Siamo stati bravi”.
Qual è il prossimo step, magari un test sui 200?
“Mi sto allenando al “Fausto Noce” di Olbia. La stagione si chiude a Zurigo l’8 e 9 settembre e ci sono anche eventi minori. Vedremo. Ma queste giornate non sono di solo relax. Devo lavorare, anche se sono rientrato dal Giappone con qualche chilo in meno. Stiamo in Gallura”.
Qual è la sua giornata tipo?
“Lunghe dormite, allenamento, sana alimentazione, familiari e amici. Certo, rinunciare alle zuppe di mia nonna, specie quella al cinghiale, è dura. Farò una rimpatriata con i parenti di Tempio e dintorni. Ci saranno gli amici di mio padre, Giovanni Azzena, Attilio Chirico, Gerolamo ed Elio Balata. Poi, ascolto senza sosta Picnic di Mia Martini. E sto rileggendo Un anno sull’altipiano di Emilio Lussu. Apericena e disco non se ne parla, meno che mai in tempi di Covid, sarebbe folle abbassare la guardia. Mentre prevedo diverse pizzate e birra gelida con i miei amici”.
L’agenda l’autunnale cosa reclama?
“Devo studiare! Frequento Economia alla Luiss a Roma. Sono rimasto indietro, ho l’esame di marketing da recuperare”.
Qual è il regalo post Tokyo?
“Una bella vacanza, ma devo decidere dove. L’anno scorso sono stato a Londra, poi in Argentina mi sono goduto il Superclasico alla Bombonera. Magari vado a Glasgow per Celtic-Rangers, il mio sogno nel cassetto. Di certo, appena posso mi attende una mangiata devastante”.
La Serie A riparte fra una settimana. Il supertifoso Tortu cosa dice?
“Appena si potrà andrò a vedere la Juve. L’arrivo di Allegri mi rassicura, ha capacità fuori dal comune e mi piacerebbe molto cenare insieme e parlare di calcio: è un allenatore illuminato. Mourinho alla Roma? Un fulmine a ciel sereno, sono candidati per lo scudetto. Sarri alla Lazio, se riesce a trasmettere il suo gioco, farà bene e proporrà un calcio dirompente. Sarà un campionato eccezionale e ho una sensazione: attenti all’Atalanta”.
A chi dedica l’oro olimpico?
“A mio padre Salvino, è più suo che mio”.