Afghanistan, il fronte del Nord è l’ultima speranza di Ghani

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Le città del sud sono cadute una dopo l’altra, quasi come tessere del domino allineate per la conquista dei talebani, con pochi combattimenti o addirittura nessuno. A nord la resistenza si concentra su Mazar-i-Sharif, con gli uomini di Abdul Rashid Dostum che alla fine si schierano accanto alle truppe governative.

C’è voluto molto tempo, e probabilmente anche molto denaro, perché il signore della guerra uzbeko si convincesse a respingere le proposte di accordo dei talebani per scegliere di stare con Ashraf Ghani. Su Mazar adesso si concentra l’offensiva dei talebani, che premono anche su Gardez e Sharana, capoluoghi di provincia ancora controllati dai governativi, assieme a Jalalabad. Con tutta probabilità Kabul sarà l’ultimo fronte.

Afghanistan, tutto quello che c’è da sapere sul nuovo conflitto

di

Gabriella Colarusso

13 Agosto 2021

Il presidente non vuole cedere. Da una parte prende alla lettera le parole di Anthony Blinken, segretario di Stato americano, il quale gli ha sottolineato al telefono che gli Stati Uniti “continuano a essere impegnati per la sicurezza dell’Afghanistan”. Dall’altra, ascolta i proclami del suo numero due, il tagiko Amrullah Saleh, ex capo dei servizi segreti Nds, in passato braccio destro di Ahmad Shah Massoud e oggi alfiere della lotta agli “studenti coranici”, oltre che nemico giurato del loro tradizionale sponsor, il Pakistan. “Ai terroristi ci opporremo con forza e faremo tutto il possibile per rafforzare la resistenza nazionale”, ha comunicato su Twitter Saleh, smentendo le voci che lo volevano in fuga verso il Tagikistan.

Ma forse, per cambiare idea, al presidente basterebbe guardare fuori dalla finestra. Gli studenti coranici non si vedono, ma sono solo a pochi chilometri dalla capitale. Kabul è stretta nella paura, la popolazione si è chiusa in casa, incerta se credere o meno alle promesse dei talebani, una “amnistia generale” per chi ha collaborato con il governo o con le “forze occupanti”, e poi tutela per i diplomatici stranieri e garanzie per le proprietà private e imprenditoriali.

Il messaggio vale quello che vale: né i ricordi dell’Emirato caduto nel 2001 né le notizie in arrivo dalle zone in mano agli integralisti fanno nutrire la speranza che nel futuro dell’Afghanistan ci sia lo Stato di diritto. Anzi, l’allarme per gli abusi è forte: in alcune province si sta già mettendo in atto la sha’ria in versione radicale, con il taglio delle mani ai ladri. Si moltiplicano le segnalazioni del sequestro di vedove e nubili, con giovanissime forzate a “sposare” i guerriglieri o trasformate in schiave sessuali, come “qhanimat”, cioè legittima preda di guerra.

Sul fronte Kabul con le milizie anti talebani

di

Francesca Mannocchi

13 Agosto 2021

Così gli abitanti della capitale non si fanno illusioni. Chi può si mette in fila per chiedere un visto purché sia, sfidando la possibilità di un attentato proprio davanti alle ambasciate. Ma le promesse dei talebani non convincono nemmeno la diplomazia, ormai l’evacuazione è dietro l’angolo. L’ambasciata italiana, con personale ormai ridottissimo, si prepara a una partenza curata dalla Difesa, con l’idea di operare da Roma. Persino gli Stati Uniti, secondo fonti del Pentagono citate da “Politico”, stanno pianificando la chiusura della sede. L’invio di un robusto contingente di marines dovrebbe garantire la sicurezza dell’evacuazione entro la scadenza simbolica dell’11 settembre. Dopo quella data, gli afgani saranno soli.
 

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