Il buco nero dei cinquantenni e la sfida finale di Figliuolo. “Vanno cercati e vaccinati”

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Roma. Si contagiano, si ammalano, finiscono in terapia intensiva. E muoiono anche. «I nostri ricoverati, compresi quelli in terapia intensiva, sono tutti non vaccinati, cinquantenni e sessantenni. Non voglio spaventare nessuno, ma questo è il dato: se si prende il Covid a 50 anni si rischia di morire. Dunque vaccinarsi non è solo filosofia, ma una necessità. E credo che ora, ancor prima della terza dose o dell’immunizzazione dei bambini, la politica dovrebbe porsi la priorità di una strategia per catturare i cinquantenni, anche immaginando una premialità».

Quello che Francesco Vaia, direttore sanitario dello Spallanzani, vede nel suo ospedale, è uno specchio estremamente significativo della realtà che oggi continua a turbare il sonno del governo e della comunità scientifica: quei 2,1 milioni di italiani, nella fascia di età tra i 50 e i 59 anni, che da troppe settimane ormai disertano gli hub vaccinali.

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Non è solo la cifra assoluta a preoccupare, ma la lentissima progressione con la quale, nell’ultimo mese, la campagna vaccinale è riuscita a erodere questo zoccolo duro rimasto senza protezione e che, soprattutto con la variante Delta, rischia di contrarre la malattia in forma grave e rimetterci la vita, come confermano i dati sconfortanti della Sicilia, ultima Regione d’Italia per vaccinazioni ma prima per contagi, ospedalizzazioni e per il numero esorbitante di vittime, tra cui cinquantenni tutti non vaccinati. La progressione, dunque: nelle ultime cinque settimane, soltanto in 406.000 nella fascia 50-59 anni si sono recati a ricevere la prima dose a fronte degli oltre 2,5 milioni di giovani nella fascia 12-30 anni.

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Portare i cinquantenni a vaccinarsi, insieme a quella sui giovanissimi, è l’ultima sfida del generale Figliuolo. E i due obiettivi spesso si congiungono visto che, anagraficamente, abbracciano genitori e figli. «Adesso ci sono vaccini per tutti, solo nella seconda metà di agosto abbiamo messo a disposizione delle Regioni 10 milioni di dosi e dunque non c’è più alcun freno alla campagna — spiegano dal commissariato per l’emergenza — Per questo per i cinquantenni non prevediamo vaccini senza prenotazione, oggi si ottiene un appuntamento in tempi brevi, mentre per i ragazzi c’è la scadenza dell’inizio della scuola». Al ministero della Salute contano molto sui medici di famiglia per convincere, uno per uno, gli indecisi. Ma come? «La coercizione non funziona. I cinquantenni, nonostante il Green Pass, non si vanno a vaccinare. E non sono tutti no vax — è l’analisi di Vaia — La maggior parte sono dubbiosi, impauriti, rimasti senza risposte dopo il pasticcio di AstraZeneca. Abbiamo fatto troppi errori, il messaggio della vaccinazione eterologa, ad esempio, non è passato e tanti che hanno fatto la prima dose con AstraZeneca, non hanno fatto il richiamo. Ora è a loro che dobbiamo rivolgere la nostra attenzione, ma senza atteggiamenti violenti. Dobbiamo essere chiari, rassicurarli e accompagnarli al vaccino».

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È un’Italia a macchia di leopardo quella che prova ad andare a recuperare i cinquantenni senza neanche una dose: ancora uno su tre in Sicilia, Friuli Venezia Giulia, Calabria mentre sono Lazio e Puglia quelle con il più alto numero di vaccinati.
«Sono i capifamiglia di oggi, la colonna portante del Paese. Mi rivolgo alla comunità scientifica e alla politica: richiamiamo il senso di responsabilità di questi genitori, che si vaccinino anche per i loro figli. Se immunizziamo loro non avremo bisogno di vaccinare i bambini. Il più grosso contagio oggi avviene in famiglia. Ho ancora vivo il ricordo di due giovanissimi pazienti finiti da noi in rianimazione, contagiati dai genitori non vaccinati. Li abbiamo salvati, ma poteva davvero finire male.».

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