Lega, quando Bossi gridava: “Maledetti fascisti”

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Catania, giovedì 13 giugno 1991, vigilia delle elezioni regionali. L’unico rappresentante della Lega lombarda in Parlamento, detto anche “Il senatur”, era sbarcato sull’isola per presentare i candidati della Lega del Sud. “Vediamo se dà pezzo”, mi disse sbrigativo il capo della redazione del Giornale di Sicilia, Giuseppe Mazzone. Bossi toccava a me, l’ultimo arrivato.

“Do la parola al senatore Bossi”, annunciò il rappresentante di questa fantomatica Lega meridionale nella saletta semivuota del Central Palace, un albergo di via Etnea. Il senatur aveva 50 anni e strozzava di salute e ambizione. La Lega fin lì aveva fatto la sua fortuna con l’antimeridionalismo. Sui muri del Veneto, anni prima, erano comparse le scritte Forza Etna. Bossi aveva colto prima di altri lo spirito del tempo e si sentiva un leone alla vigilia di un’ascesa irresistibile.

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Si schiarì la voce, sistemò il microfono, ma non fece in tempo a proferir parola. Infiltrati tra lo sparuto pubblico una decina di giovani aderenti al Fronte della Gioventù, la formazione giovanile del Movimento sociale italiano, iniziarono a gridare: “Fuori Bossi dalla Sicilia!”. Battevano le mani e scandivano lo slogan: “Fuori Bossi dalla Sicilia!”

Era un urlo ritmico, ossessivo, da stadio. Bossi si grattò la testa, bofonchiò qualcosa, la contestazione si fece più violenta. I ragazzi ridevano.

“Fuori Bossi dalla Sicilia!”. A un certo punto Bossi alzò spazientito il braccio, pretendeva la fine dell’ostilità. Non ebbero pietà. “Razzista! Vattene da qui!” gli urlarono. Un tizio gli disse: “Noi siamo per l’Italia unita, sparisci!”. Dopo un quarto d’ora Bossi si arrese. Non aveva diritto di parola. Infiló furibondo l’ascensore e io con lui. “Maledetti fascisti!”, mormorò nella discesa. “Fascisti!”. Sudava.

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Sulla strada lo accerchiarono, arrivò la polizia. “Fanno così, perché i missini stanno per morire. La Lega fa paura a tutti. Domenica a Pontida presenteremo la Repubblica del Nord”, mi disse prima di sistemarsi in un’auto scortata da una volante. Corsi al giornale e annunciai trionfante che Bossi dava pezzo. “Sei sicuro?” chiese Mazzone. “Sessanta righe. Sbrigati!”, ordinò. Attaccai con “Ieri sera il senatore Umberto Bossi è stato contestato a Catania”. Mazzone m’impose di cominciare con “Fuori Bossi dalla Sicilia!” Le redazioni erano piene di maestri. Finì in prima pagina.

Trent’anni dopo la Lega fa paura per i Durigon colmi di nostalgia per il Ventennio. Chi l’avrebbe detto allora, Bossi?

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