“L’impasse è politico, nessuno vuole prendersi la responsabilità di far venire profughi dall’Afghanistan perché poi si scatenerebbe il dibattito di come e dove accogliere. Ma le nostre cooperanti là rischiano e devono poter venire in Italia”. Il presidente della Fondazione Pangea Onlus Luca Lo Presti, milanese impegnato da 18 anni sul fronte dell’emancipazione femminile in Afghanistan lancia così il suo appello. Sono circa una trentina le donne legate a Pangea che oggi, a causa del ritorno dei talebani, rischiano di vedere non solo compromesso il loro lavoro ma anche le loro stesse esistenze. “Hanno lavorato per l’indipendenza economica e sociale delle donne per cui – racconta il presidente di Pangea Luca Lo Presti – diventa importante metterle in sicurezza. Rischiano la loro vita, lo stupro, cose che non vogliamo neanche immaginare”. Lo Presti mostra diversi messaggi delle donne afgane evidentemente preoccupate per la caccia ai cooperanti che potrebbe scaturire dai talebani nelle prossime ore o giorni. Molti documenti a Kabul sono stati distrutti dalle operatrici che in questi anni si sono spese per consentire ad altre donne afgane di avviare attività economiche impensabili in un regime talebano, dalle parrucchiere alle truccatrici. “Stiamo facendo liste di persone da far scappare presentandole a tutti gli organi preposti e – conclude Lo Presti – stiamo aspettando risposte. Noi siamo pronti”.
di Andrea Lattanzi