Kabul, “Siamo nascoste da tre giorni. La paura ci tiene svegli”: la testimonianza di un’attivista

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“Da tre notti mio padre e mio fratello fanno la guardia ininterrottamente davanti la porta di casa. Noi ci siamo nascoste. Dai vicini sono entrati la scorsa notte. E’ dura. Molto dura”. Farida (per motivi di dicurezza, non è il suo vero nome) da tre giorni vive in cantina con le sorelle. E’ in pericolo perché non solo lavora, ma lo fa con gli “stranieri”, un manipolo di donne italiane colpevoli di aiutare il paese a costruire una società civile forte. “Sono più di due giorni che non dormono. Hanno paura per noi. La paura ci tiene svegli”.

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dalla nostra inviata

Anna Lombardi

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I talebani promettono che non ci saranno ritorsioni, che le ragazze continueranno ad andare a scuola e a lavorare. Ma una cosa è quello che i talebani dicono alle emittenti internazionali attraverso i loro portavoce che parlano un inglese quasi buono, un’altra è quello che avviene tra le strade di Kabul. Nelle soffitte e nelle cantine, quello che avviene negli interstizi di una capitale che ha serrato i cancelli, chiuso i negozi, abbassato le saracinesche. Dove i padri nascondono le figlie e le madri piangono per il loro destino.

“Vivere a Kabul non è mai stato facile, c’erano gli attentati, gli omicidi mirati contro le donne e gli attivisti, la povertà, la corruzione, ma questi quattro giorni, da quando sono entrati i talebani, sono stati l’esperienza più terrificante della mia vita. Non vedo futuro davanti a me, perché non sono sicura che ce la farò, non è solo la paura dei talebani, ma di tutto quello che sta accadendo in città, dove ci sono bande criminali, saccheggi che scorazzano liberamente. Uomini armati che dicono di essere talebani e vanno nella case e le famiglie sono atterrite”.

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di

Gabriella Colarusso

16 Agosto 2021

Farida è una ragazza gentile, affettuosa, lavora per NoveOnlus, un’organizzazione che si occupa dell’emancipazione delle donne e che ha insegnato a guidare a centinaia di donne che ora non potranno più farlo. “Abbiamo bisogno di una vita normale, ora non ci sono regole, è il caos. Abbiamo paura di essere attaccate e violate. Non vogliamo perdere la nostra dignità, mi capisci?”. Farida teme di essere violentata, teme che cali il buio che le madri raccontano come storie dell’orrore di quello che hanno vissuto negli anni ’90. I talebani sono gli uomini neri sotto il letto che i genitori usano per mettere in riga i bambini e ora, sono al potere: Scorrazzano per le strade, sparano in aria.

Farida avvisa che tutto quello che diremo su whatsapp o i messaggi che vengono scritti, saranno cancellati, e anche quando le si promette che non verrà fatto il suo nome, continua a pregare che non venga pubblicato. La sua paura è quasi tangibile, attraversa la rete, corre attraverso 6mila km e cade in Italia come una pietra. Ogni parola di Farida racconta quello che tutte le donne della società civile afgana stanno passando. Che siano semplici studentesse, giornaliste o attiviste. Per loro non c’è amnistia, la loro vita in nome della libertà, è una condanna.

“Fortunatamente abbiamo ancora cibo e un po’ di soldi, ma da 48 ore siamo senza elettricità e il che vuol dire anche senza acqua. Poi la luce è tornata e ci siamo potute lavare, fa molto caldo in questi giorni”, racconta Farida che spera di salire in uno degli aerei umanitari con la sua famiglia. Una famiglia che è sempre stata aperta nonostante il padre sia analfabeta e la madre avesse frequentato solo le elementari, ma tutti gli uomini della famiglia, papà e fratelli hanno voluto che lei studiasse.

“Non ci sono tanti genitori così in Afghanistan, siamo quattro sorelle e mio padre ha fatto di tutto per poterci mandare a scuola, voleva che fossimo istruite perché pensa che un paese lo devono costruire le persone intelligenti. E le donne devono avere il loro posto nella società”. Il risultato di un padre che non sa né leggere né scrivere è stato aver lavorato fino a farsi cadere le braccia dalla stanchezza per potere dare loro quello che non aveva potuto avere da giovane e così oggi la sorella maggiore di Farida è una lettrice all’università, un’attivista per i diritti delle donne e una scrittrice.

La seconda è una funzionaria senior dell’Afghanistan Bank e Farida lavora per Nove Onlus “per aiutare le donne che hanno avuto meno fortuna”, la sorella più piccola studia, o meglio, studiava fino a quattro giorni fa, all’università. E i maschi? “Oh anche loro hanno studiato, e lavorano, ma hanno smesso di proteggerci”.

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