Lavorare da casa, per sempre, ma con stipendio tagliato sul costo della vita. Ecco come cambierebbero le buste paga in Italia

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MILANO – Lavorare da casa, o da ovunque si voglia. Per sempre. I colossi della Silicon Valley fanno sul serio: studiano piani perché i loro dipendenti possano farlo, ma anche i giusti meccanismi per adeguare i loro stipendi al mercato nel quale si trovano. In sostanza, abbassarli se la prestazione a distanza permetterà loro di risparmiare sulle spese vive.

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Pochi giorni fa la Reuters ha raccontato di come in Google si stiano facendo i calcoli (con un tool dedicato aperto ai dipendenti, ça va sans dire) sulle possibili modifiche al pacchetto salariale in base alla ubicazione del lavoratore. Mettendo in evidenza un ‘rischio-scontento’ per chi in realtà resta a gravitare intorno ai grandi centri urbani, nei sobborghi o nelle cittadine dei pendolari, passando in modalità completamente da casa: costui rischia di vedersi decurtare la busta paga senza cambiare radicalmente la propria vita e anzi mantenendo il proprio indirizzo. Discorso diverso per chi invece opta per cesure nette e magari sfrutta gli incentivi che molte piccole municipalità stanno mettendo in campo per attirare i tech workers. In questo caso, la differenza del costo della vita potrebbe essere premiante.

Il tema sta diventando un elemento qualificante delle politiche aziendali. Facebook e Twitter stanno imboccando la strada della diversificazione delle buste paga, altre realtà più piccole (l’agenzia citava Reddit) garantiscono invece il mantenimento dei salari indipendentemente dalla sede e modalità di lavoro, proprio nell’ottica di diventare più attraenti agli occhi dei professionisti.

Contratti e non accordi

“E’ bene chiarire subito un aspetto: non bisogna confondere queste strutture retributive con quel che chiamiamo comunemente ‘smart working'”, spiega Mariano Corso, responsabile scientifico dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano. “Già da tempo le grandi società del tech adottano una politica retributiva ad hoc per chi presta i suoi servizi permanentemente dal proprio domicilio in location lontane dalle proprie sedi. Questa tiene conto del mercato locale del lavoro, per altro offrendo compensi molto competitivi per attirare i migliori talenti”, aggiunge il docente.

Solitamente, le aziende offrono una parte fissa parametrata, appunto, sulle caratteristiche del mercato in cui si trova il lavoratore; e una variabile, ma preponderante, legata agli obiettivi. Corso specifica: “Ben diverso sarebbe se si pensasse di tagliare la busta paga a chi fa due o tre giorni la settimana di smart working. Ma è un allarme che non si pone”.

In Italia, per altro, “la legge che lo regola vieta esplicitamente discriminazioni di stipendio e, al contrario, apre a premi di produttività per chi aderisce all’accordo”.

Sembra una questione di lana caprina, ma nel primo caso si ragiona nell’ambito del contratto di lavoro e nel secondo nell’alveo di un accordo tra azienda e dipendente, che mette al riparo dal possibile taglio degli stipendi.

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di

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Questi casi, ragiona Federico Ferri, partner di JobPricing, “per quanto difficilmente applicabili in un sistema come quello italiano, pongono comunque alla luce la questione dell’equità retributiva per i lavoratori. Si tratta di un tema complesso e per nulla esplorato, che è la prima conseguenza evidente del cambiamento nel concetto stesso di luogo di lavoro da luogo fisico a luogo virtuale che stiamo vedendo in questi ultimi anni”.

In un’intervista a Repubblica, il ceo di Indeed, Chris Hyams, ha auspicato che questa migrazione di lavoratori che sta prendendo piede negli Stati Uniti possa aiutare anche l’Italia, in particolare nell’aprire ai residenti del Mezzogiorno le porte delle posizioni offerte dalle industrie che hanno sede nel Nord, solitamente più qualificate.

Utilizzando i dati sulle retribuzioni di JobPricing e quelli sul costo della vita misurati da Numbeo, è possibile immaginare quali sarebbero gli effetti di simili politiche sull’Italia. L’analisi degli specialisti delle retribuzioni dice che il “south working” potrebbe rivelarsi conveniente non solo per le imprese, che potrebbero abbattere di una certa parte il costo del lavoro, ma anche per i lavoratori che potrebbero ottenere una remunerazione almeno in linea con il mercato.

I vantaggi del south working

Costo della vita e retribuzioni si muovono in sintonia: più si scende lungo lo Stivale, più calano. Fatto 100 il costo a Milano, si passa a 91,9 a Roma e si arriva a 63,1 a Palermo (si veda la tabella per i dati dei principali centri italiani).

Per quel che riguarda gli stipendi, la variazione è importante ma meno incisiva. Sebbene la diminuzione del salario medio segua abbastanza la tendenza dell’indice del costo della vita, il differenziale salariale è più contenuto rispetto al differenziale del costo della vita. Sulla base del rapporto Geography Index di JobPricing (che indaga le retribuzioni a livello territoriale) emerge che fatto 100 lo stipendio milanese, Roma è a 90,8 e Palermo a 79,1.

Unendo le due rilevazioni se ne può trarre una RAL (retribuzione annua lorda) media “scontata” dal costo della vita, ovvero a quanto deve equivalere lo stipendio milanese nelle altre città considerate per mantenere lo stesso potere d’acquisto. In pratica, se a Milano si guadagnano circa 35mila euro, considerando il costo della vita a Palermo si ottengono le stesse possibilità con 20.500 euro.

Città

Costo della Vita CON AFFITTO rispetto a Milano

Geography index con Base Milano

RAL MEDIA
 

RAL in parità del costo della vita

Milano

100

100

           35.496,85 €

       35.496,85 €

Roma

91,9

90,78

           32.224,18 €

       29.814,22 €

Firenze

86,1

85,82

           30.462,70 €

       26.744,62 €

Parma

83,7

89,79

           31.871,27 €

       27.403,03 €

Bergamo

82,5

85,54

           30.363,85 €

       25.839,96 €

Bologna

81,7

90,83

           32.241,60 €

       27.250,92 €

Genova

80,6

91,54

           32.493,21 €

       27.205,44 €

Trieste

78,0

94,41

           33.513,26 €

       27.470,33 €

Verona

76,2

85,68

           30.414,30 €

       24.567,16 €

Torino

75,7

87,58

           31.087,58 €

       25.002,43 €

Padova

73,4

84,14

           29.865,36 €

       23.590,44 €

Napoli

72,2

78,58

           27.893,74 €

       21.817,79 €

Cagliari

71,5

77,57

           27.535,80 €

       21.434,43 €

Catania

64,5

75,12

           26.666,72 €

       19.677,69 €

Bari

64,0

78,83

           27.983,51 €

       20.579,73 €

Palermo

63,1

79,11

           28.080,09 €

       20.505,30 €

Note: Costo della vita: Indice del costo della vita prodotto da NUMBEO con base Milano, per informazioni sulla metodologia: https://www.numbeo.com/cost-of-living/; Geography Index con base Milano: fatta 100 la retribuzione media milanese, quanto valgono le altre?; RAL (retribuzione annua lorda) media provinciale – aggiornamento Geography Index 2020; RAL media provinciale – aggiornamento Geography Index 2020 – in parità del costo della vita. È ottenuta come RAL Media/ Tasso di variazione del costo della vita (ovvero la differenza tra il costo della vita milanese e le altre città espresso come fosse un indice di PPA) per “scontare” le differenze.

“Il dato di fatto”, aggiunge Ferri “è che a parità di ruolo, le retribuzioni del Sud sono già di molto inferiori a quelle del Nord. E potrebbero esserlo ben di più” alla luce dei dati appena visti. “Quindi, per una azienda del Nord assumere un lavoratore in “south working” potrebbe sembrare un affare dal lato dei costi, anche offrendo un salario superiore a quello medio del Sud. E anche un lavoratore con competenze pregiate potrebbe beneficiarne, potendo contare su molte più offerte di lavoro senza dover incorrere in pesanti costi di trasferimento, e probabilmente essendo in grado di ottenere una retribuzione ben superiore alla media offerta dalle aziende locali”.

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Il dato nudo e crudo non deve trarre in inganno, perché nella valutazione bisogna tenere conto di diversi parametri. Ci sono caratteristiche che un indice del costo della vita non riesce a cogliere, come ad esempio la qualità della vita derivante dalla qualità dei servizi: se anche il servizio di trasporto pubblico costa di meno ma non è efficiente, sarò comunque costretto a possedere un’auto.

Dunque, se un’azienda di Milano volesse assumere al Sud, sfruttando il “south working”, potrebbe abbattere il costo del lavoro, pur rimanendo competitiva sul mercato, offrendo un livello compreso tra il salario medio di mercato locale e quello pagato a Milano. “D’altra parte – frena Ferri – tra il dire e il fare c’è di mezzo un mare piuttosto agitato: è abbastanza evidente quanto siano necessarie trasformazioni organizzative e cambiamenti nei sistemi di gestione delle persone che, se non impostati efficacemente, potrebbero portare al fallimento di questo nuovo paradigma”.

Un mercato guidato dal talento

Secondo Corso, l’aggiustamento del mercato del lavoro allo choc pandemico “è ancora in corso” e la prospettiva è che “sarà un mercato più globale, in cui – per le mansioni più fluide – si ridurranno gli scompensi retributivi che ad ora osserviamo”.

Un esempio aiuta a capire: “Se ora è comprensibile una forte differenza di prezzo tra un immobile dalle medesime caratteristiche a Palermo e Milano, visto che per definizione la casa non si può spostare dal mercato di riferimento, lo stesso non si può dire per un automobile. Molti sarebbero disposti ad acquistare una vettura usata a Palermo e spostarla a Milano, se questo li facesse risparmiare qualche migliaio di euro”.

Con l’abilitazione al lavoro da remoto permanente, ragiona Corso, avviene qualcosa di simile: “Il lavoro diventa sempre più liquido e l’ingegnere di Palermo può competere con quello di Milano o Cincinnati: avremo un mercato più globale e fluido e le aziende sceglieranno in base al talento. Questo non sarà più una risorsa vincolata al territorio: molte rendite di posizione territoriali andranno a ridursi”.

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