Kabul, le donne di Pangea onlus bruciano i documenti prima dei rastrellamenti di Andrea Lattanzi

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“Far sparire tutto è stato il nostro primo pensiero, prima ancora che i talebani prendessero Kabul. Ogni nome poteva essere una donna perseguitata, una famiglia deportata”. Luca Lo Presti, presidente della Fondazione Pangea Onlus, organizzazione milanese che si occupa da 18 anni di emancipazione famminile in Afghanistan, spiega così il senso delle immagini che da qualche giorno circolano sui social e che vedono donne afghane che hanno collaborato con Pangea bruciare fogli e documenti.

“Distruggere 20 anni di lavoro è stato come mettere al rogo la storia di tanta emancipazione, ma era fondamentale farlo”, dice Lo Presti. “Su ogni documento c’era un nome, un cognome e una fotografia che suggellava la collaborazione di una donna con noi”.

Lo Presti rinnova l’appello a salvare le cooperanti di Pangea: “Queste donne sono terribilmente a rischio per cui è importante metterle in sicurezza. Abbiamo presentato le liste alle autorità e attendiamo risposte”.

Di Andrea Lattanzi

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