Le magnifiche 7, guida al nuovo campionato. Juventus: ecco il governo Allegri II, fra restaurazione e innovazione

Read More

È dal giorno seguente la fine del campionato che la narrazione data di sé dalla Juventus è improntata a un ritorno al passato. Il primo punto è il trionfale recupero in panchina di Max Allegri, il partner ideale abbandonato a malincuore (dal presidente, altri con minore tristezza) per le sirene di un calcio più sexy, e richiamato a furor di popolo dopo due stagioni che, pur avendo portato uno scudetto e un paio di coppe nazionali, sono state vissute con non celato mal di pancia. Il ritorno di Allegri, annunciato a fine maggio, implicava la conferma del suo pretoriano Giorgio Chiellini, che giusto ieri ne ha festeggiati 37: ma lo straordinario Europeo del capitano azzurro ha fatto giustizia di ogni sarcasmo sul suo rinnovo, anzi, la circostanza che sia biennale rassicura sulla sua presenza in Qatar. E in un mercato molto complicato, nel quale la Juve ha faticato a prendere un giocatore dal Sassuolo, l’opzione alternativa, o integrativa, è rappresentata da Miralem Pjanic, finito a (non) giocare a Barcellona per una questione di plusvalenze.

Le magnifiche 7, guida al nuovo campionato. Al Milan manca un colpo per essere da scudetto

di

Paolo Condò

10 Agosto 2021

Le magnifiche 7, guida al nuovo campionato. Napoli: Osimhen sarà l’arma in più. De Laurentiis, ora il disgelo

di

Paolo Condò

11 Agosto 2021

Le magnifiche 7, guida al nuovo campionato. Lazio, per il motore di Sarri servono i pezzi giusti

di

Paolo Condò

13 Agosto 2021

Le magnifiche 7, guida al nuovo campionato. L’enigma di Simone Inzaghi, portare l’Inter oltre Lukaku

di

Paolo Condò

18 Agosto 2021

Le magnifiche 7, guida al nuovo campionato. Roma, Mou tra i bad boys: voglia di crescere e mordere ancora

di

Paolo Condò

17 Agosto 2021

Le magnifiche 7, guida al nuovo campionato. Atalanta, una grande partenza e un Pessina da Europeo: la via di Gasp al paradiso

di

Paolo Condò

16 Agosto 2021

Se queste mosse servono a rifocillare la parte di tifo bianconera più agonista, quella che si riconosce nel famoso detto e non ne poteva più dei languori di Pirlo, esiste una realtà parallela nella quale i passi indietro non esistono, si procede sempre avanti e al caso si corregge la direzione. Allegri è tornato dopo due anni di pausa nei quali ha valutato una volta soltanto una squadra che l’aveva allertato (la Roma lo scorso autunno, e non gli dispiaceva) perché aveva la Juve fissa in testa: molto avvelenato per l’esonero nel corso della prima stagione di inattività, molto più sereno nella seconda perché sentiva che gli eventi si stavano concatenando in modo da rendere inevitabile il suo rientro alla base.

Cinque scudetti consecutivi (più uno ai tempi del Milan) conditi da coppe, coppette e due finali di Champions non lasciano dubbi su chi sia stato il tecnico migliore degli Anni 10, e alzi la mano chi non pensa che, dopo le dismissioni dell’Inter, la Juve non sia nuovamente la candidata principale allo scudetto, e pure con un certo margine. Questo succede perché nei due anni “oscuri” è stato comunque avviato il rinnovamento che lo stesso Max aveva chiesto dopo l’eliminazione dal Real Madrid nei quarti di Champions 2018.

Fabio Paratici, che in quei mesi stava per sostituire Beppe Marotta a capo dell’area sportiva e che sarebbe diventato il centro di potere vincente su quello perdente di Allegri, aveva invece portato a casa Cristiano Ronaldo, operazione centrale nell’analisi del quadriennio. Ma almeno tre acquisti successivi – De Ligt, Chiesa e Kulusevski – forniscono ora ad Allegri le soluzioni per evolvere la Juventus e portarla in una nuova dimensione di gioco. La separazione da Paratici, ora al Tottenham, ha poi sgombrato il campo da ogni opposizione: con un contratto fino al 2025, Allegri è l’uomo forte della Juve. Una rivincita spaziale.

Si diceva del mercato difficile. Fuori dalla narrazione ufficiale, che obbedisce a un ovvio galateo, è chiaro a tutti che la Juventus e Ronaldo hanno atteso per un paio di mesi un acquirente in grado di liberarle dal rispettivo vincolo. A 36 anni il fuoriclasse portoghese avverte l’urgenza di una squadra ultracompetitiva per rivincere Champions e Pallone d’oro; da parte sua la Juve stenta a prelevare Locatelli dal Sassuolo perché l’ultimo anno di contratto di Cristiano ne impegna le risorse allo spasimo. Nelle scorse settimane era girata voce di una spalmatura su due stagioni per aumentare un po’ il margine immediato di manovra, ma poi non se n’è più saputo nulla.

Ronaldo fin qui è stato importante perché ha riacceso l’orgoglio juventino di avere nelle proprie file uno dei due giocatori migliori del mondo, un valore che non si misura nel fatturato ma rinsalda prospettiva emotiva e senso d’appartenenza, il vero scheletro di un grande club. Detto questo, Ronaldo ha recitato la parte che prima di lui avevano ricoperto Dybala e Higuain, e prima ancora Carlos Tevez: quello di implacabile finalizzatore. Può averlo fatto un po’ meglio, ma leggete le cifre delle reti segnate negli ultimi cinque campionati, corredate dal miglior marcatore. Nel 2016-17: 77 gol (Higuain 24). Nel 2017-18: 86 gol (Dybala 22). Nel 2018-19: 70 gol (Ronaldo 21). Nel 2019-20: 76 gol (Ronaldo 31). Nel 2020-21: 77 gol (Ronaldo 29). Ne consegue che la Juve segna più o meno sempre gli stessi gol, chiunque sia il suo attaccante principe visto che li sceglie sempre bene.

Solo che Cristiano lo paga quattro volte gli altri, togliendo così munizioni al resto dei reparti. In un’altra situazione di bilancio, la Juve non avrebbe mai lasciato finire Donnarumma al Psg. In questi anni è stato comunque fatto parecchio debito per reggere la rosa, e come in economia è il caso di parlare di debito “buono” (i tre nomi citati prima, che se mai dovessi cedere certamente porteranno un guadagno) e debito “cattivo” (gli ingaggi smodati di Rabiot e Ramsey, dei quali non riesci a liberarti malgrado siano costati zero di cartellino).

Rabiot è un giocatore migliore di Ramsey, e la fiducia che Allegri riesca a sfruttarlo meglio di quanto hanno fatto i suoi predecessori c’è. Tranquillo sugli altri giocatori a disposizione, Max sta lavorando molto proprio sul gallese nel ruolo inedito di regista. Al suo posto, aspetteremmo con maggiore fiducia il rientro di Arthur. In attesa di Locatelli – che prima o poi arriverà, ed è onesto ricordare che anche Pirlo l’aveva chiesto la scorsa estate per aggiungere ordine e qualità a un reparto disorganizzato – i fari sono puntati su quella tela di Penelope che è il contratto di Paulo Dybala, una storia che va avanti da più di un anno tra frecciate, riavvicinamenti, promesse d’amore e docce gelate. Sarebbe bene chiuderlo adesso per ufficializzare la rinnovata centralità dell’argentino, tema molto sensibile in un attacco alla perenne ricerca di un equilibrio tra il líder máximo portoghese e quelli che ambirebbero a esserne i compagni e non gli scudieri. Fra loro, un campione che in dodici mesi ha ridisegnato gerarchie a velocità tripla: Federico Chiesa potrebbe prendersi la Juve, tutta la Juve, molto prima del previsto. Allegri non aspetta altro.

Related articles

You may also be interested in

Headline

Never Miss A Story

Get our Weekly recap with the latest news, articles and resources.
Cookie policy

We use our own and third party cookies to allow us to understand how the site is used and to support our marketing campaigns.