Afghanistan, gli ultimi voli degli italiani: “Tante vite da salvare in 72 ore”

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AEROPORTO KUWAIT CITY– “Io non me l’ero mai chiesto: voi lo sapete quanto pesa una vita?”. Prego? “Noi, prima dell’imbarco, dobbiamo fare il conto dei pesi a bordo dell’aereo: avevamo imbarcato circa 150 afghani, più del dovuto perché c’erano molti bambini, dunque più leggeri. A ciascuno era concesso un bagaglio non superiore ai dieci chili. Stavo facendo i conti quando è arrivata questa donna, non era una ragazzina, avrà avuto 50 anni, e le ho chiesto dove fosse il suo bagaglio, quanto pesasse. Mi ha tirato fuori una borsa piccolina, direi quasi minuscola: “È tutto quello che ho”, mi ha detto. “È tutto quello che mi resta della mia vecchia vita”. Pesava meno di due chili.

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Barbara Schiavulli

24 Agosto 2021

Questo signore di quasi due metri è uno degli operatori di bordo del KC767, uno dei quattro voli della nostra Aeronautica che dal 15 agosto carica cittadini afghani restituendo loro una vita, una seconda possibilità. “Io ho partecipato al primo volo, il 15 agosto. E da allora ci sono due cose che non riesco a dimenticare: quando giravo per le poltrone, durante il volo, tutti mi dicevano grazie, come se avessi fatto chissà cosa. Mi stringevano le mani. E poi non potrò cancellare dalla testa le immagini dei bambini che viaggiavano soli: gli regalavamo una felicità, è vero. Ma abbiamo il dovere anche di non condannarli a una vita senza affetti. Dobbiamo riportare da loro anche i loro genitori”.

È quello che stanno provando a fare in queste ultime ore, portando a conclusione l’operazione Aquila, l’esfiltrazione cioè dei cittadini afghani dopo la presa del potere dei talebani. Conclusione perché l’operazione è agli sgoccioli: Il ponte aereo dicono non durerà più di 72 ore, dovrebbe concludersi – anche se non ci sono ancora comunicazioni ufficiali – venerdì 27. L’idea americana di andare oltre il 31 sembra ormai essere tramontata. I talebani non concedono proroghe e questo rende tutto più difficile. Da Kabul vogliono andare via in decine di migliaia ancora – “una signora ci ha raccontato che il figlio di un loro amico, aveva 11 anni, è morto nella ressa, schiacciato tra i cancelli dell’aeroporto, la folla che provava a scappare e i soldati talebani”, dicono i nostri militari – e non c’è posto per tutti. Le procedure sono complesse. Con il lavoro straordinario di un funzionario dell’ambasciata come Tommaso Claudi, dei militari dell’esercito, dei carabinieri del Tuscania si sta cercando di portare in Italia tutti coloro che hanno lavorato con l’ambasciata, o con le Ong italiane, in questi anni.

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Francesco Bussoletti

24 Agosto 2021

Esiste una lista e pochissimi posti disponibili. Ottocento sono le persone che dovranno essere esfiltrate in queste ore: chi ha lavorato con l’ambasciata o le Ong italiane. Nella notte di ieri, sulla pista dell’aeroporto di Kuwait City erano in fila ordinata le donne, i bambini, gli uomini. Erano riusciti a saltare il muro dell’aeroporto di Kabul. A salire a bordo di uno dei nostri quattro C130 che fanno la spola con il Kuwait. E poi ad arrivare qui: come le altre notti, come nei giorni scorsi, tra la sabbia che circonda lo scalo che sembra borotalco per quanto è secca e i rumori degli aerei civili che si sentono in lontananza, in direzione libertà. Scendono da un volo italiano e salgono su un altro con la nostra bandiera. Nessuna sosta. Nessun contatto. I soldati americani, di base allo scalo, si arrabbiano anche se si fotografa la luna, così bella che sembra una stella polare. Le regole d’ingaggio con il Kuwait sono queste. Scalo tecnico, niente di più.

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Enrico Franceschini

24 Agosto 2021

Ma tra i passi che separano i nostri due voli c’è tanto, come documentano i numeri. Dall’inizio dell’operazione – pianificata e diretta dal Covi comandato dal generale Luciano Portolano, con 1.500 militari in campo – i cittadini afghani evacuati sono stati 3.744. Si è partiti a giugno: con l’operazione Aquila 1 sono stati portati nel nostro Paese 228 afghani. Poi dal giorno di Ferragosto, quando anche l’ambasciata è stata evacuata, si viaggia fino a quattro voli al giorno tra Kabul e Kuwait city. Marco B., 34 anni, è il pilota del 767 che ha portato l’altra notte in Italia poco meno di duecento afgani. “Non siamo abituati a questo tipo di lavoro, è vero: ma è qualcosa che ci rende particolarmente orgogliosi”. Dice uno dei militari, che ha un nome, Salvatore, tatuato sull’avanbraccio sinistro. “È mio figlio, ha nove anni: ieri all’alba prima di partire mi ha detto, papà, mi raccomando, portane più che puoi”.

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Alberto Cairo

24 Agosto 2021

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