Vaccini contro il Covid, raggiunto il traguardo dei 5 miliardi di dosi nel mondo

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Cinque miliardi di iniezioni più tardi, il vaccino contro il Covid ha raggiunto la maggiore età. Almeno quello di Pfizer, e almeno in America, dove l’Fda l’ha promosso da presidio d’emergenza a farmaco approvato a tutti gli effetti. Parlare di prodotto sperimentale, oggi che le somministrazioni toccano questo traguardo, coinvolgono 183 paesi e hanno messo a nudo effetti collaterali che coinvolgono fino a una ogni milione di persone, sta diventando fuori luogo, nonostante le prime somministrazioni risalgano a 9 mesi fa.

Se i 5 miliardi di dosi inoculate fino a oggi fossero state distribuite equamente nel pianeta, avremmo quasi il 70% degli abitanti della Terra vaccinati con una dose. Immaginiamo di portare all’estremo la strategia inglese (meglio una dose a tutti che due a pochi), ed ecco che avremmo raggiunto o quasi l’immunità di gregge sul pianeta.

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Non è andata esattamente così. Se a livello mondiale un uomo su quattro è vaccinato con due dosi (un terzo di loro abita in Cina), nei paesi a basso reddito solo l’1,4% degli individui ha ricevuto almeno una dose, secondo Our World in Data. Nei paesi ricchi le inoculazioni procedono con un ritmo 20 volte più veloce rispetto a quelli poveri, aggiunge Bloomberg. Mentre in Tanzania solo lo 0,37% dei cittadini ha avuto un’iniezione, In Israele 1,3 milioni di persone (sui 9,3 totali) sono alla terza. Il Portogallo ha dato almeno una dose all’81% della sua popolazione, l’Italia sfiora il 70%, mentre il 58% ha completato il ciclo. Solo 27 paesi hanno raggiunto il 60% di copertura.

La distribuzione dei vaccini nel mondo secondo Our World in Data 

La vaccinazione contro il Covid si sta rivelando una delle più lampanti manifestazioni di iniquità nel mondo. A Covax, il programma dell’Organizzazione mondiale della sanità per portare le fiale nei paesi che non possono acquistarle, ha finito per partecipare anche l’Australia, che ha ricevuto mezzo milione di dosi pur non essendo certo un paese in via di sviluppo. Una quantità imprecisata di vaccino Johnson&Johnson infialata a Durban, in Sudafrica, è stata rivenduta all’Unione Europea nonostante la drammatica carenza del continente africano.

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Ogni giorno nel mondo la siringa scatta 36,4 milioni di volte. Di questo passo ci vorranno altri 6 mesi per arrivare a una sorta di immunità di gregge (anche se si tratta di un concetto sfuggente e probabilmente irrealistico, nel caso del Covid), con il 75% di uomini protetti contro il coronavirus. I vaccini poi non sono tutti uguali. La Cina, che pure ha somministrato quasi 2 miliardi di dosi, deve fare i conti con prodotti dall’efficacia più bassa rispetto a quelli a Rna prodotti in Europa e negli Usa (tant’è che Pechino negozia da tempo l’acquisto di alcuni lotti Pfizer). L’India ha usato 580milioni di siringhe con alcuni vaccini occidentali e altri locali, l’Europa 510 milioni, gli Stati Uniti 360 milioni.

Che il mondo fosse capace di fabbricare così tante dosi in poco tempo ha dell’incredibile: prima della pandemia 5 miliardi era il numero di vaccini di qualunque tipo che il mondo produceva in un anno. Se 18 marche di vaccini hanno ricevuto l’autorizzazione da parte di un’autorità regolatoria pubblica, ce ne sono altri 150 circa in una delle varie fasi di sviluppo e sperimentazione che arriveranno nei prossimi mesi. Difficilmente in questi casi le aziende farmaceutiche sbagliano le loro previsioni. Se tutte continuano a investire per aumentare l’offerta, vuol dire che il coronavirus non sarà eradicato. E che il traguardo raggiunto oggi sarà solo quello dei “primi” 5 miliardi di vaccini somministrati nel mondo.

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