Afghanistan: quei “colloqui” alla Camera di commercio coi fucili d’assalto e la corsa contro il tempo per fuggire dai talebani

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La foto che vedete esprime con chiarezza il tenore dei propositi di pacificazione del nuovo regime afghano. I colloqui fra alcuni consiglieri della Camera di commercio di Kabul e i talebani si svolgono così, intorno a un tavolo circondato da armati che impugnano lanciarazzi e Ak47. Lì qualche giorno fa hanno fatto irruzione i talebani, alla ricerca di chi in questi anni ha lavorato nel tentativo di modernizzare un sistema di giustizia civile profondamente inquinato dalla corruzione, come del resto quello della giustizia penale.

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Un compito che si erano assunti gli italiani, organizzando e formando il personale per la creazione e la gestione di una struttura in grado di risolvere le cause civili e commerciali attraverso la mediazione. Il suo nome è Acdr, acronimo che sta per Afghanistan center for dispute resolution. Ma ora che si torna alla sharia questa roba non ha più alcun senso, e i cittadini afghani che hanno partecipato a mandare in soffitta la legge coranica compaiono ovviamente in testa alla lista dei ricercati dai talebani. Fra cui, dunque, pure chi ha contribuito a gestire questo progetto, come il suo responsabile afghano che poi è diventato direttore della stessa Camera di commercio di Kabul.

il racconto

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Sfuggito per ora alla cattura, nascosto come molti in qualche scantinato, insieme a tutta la sua famiglia e a una giovane donna che lavorava nel centro di mediazione ha solo una chance: salire su un aereo che lo porti in Italia. Il problema è come riuscirci. “Bisogna fare in fretta, non c’è più tempo”, avverte Leonardo D’Urso, che è stato l’animatore e l’organizzatore del progetto Acdr. Spiega che il direttore della Camera di commercio, i suoi familiari e altri collaboratori per l’unità di crisi della Farnesina sono, sì, nella lista dei cittadini afghani da accogliere in Italia. Tutto però dipende dal ministero della Difesa e dai militari che materialmente devono prelevarli e caricarli su un aereo. Non c’è altro modo: all’aeroporto di Kabul dovranno arrivare loro alla spicciolata, usciti dai nascondigli e confusi fra la folla, con un fazzoletto rosso. Queste sono le direttive. Ma lì la situazione, come racconta il nostro inviato Giuliano Foschini, è da girone dantesco. E il tempo sta per scadere…

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