Le lacrime di Biden: “Il ritiro non si ferma ma la pagheranno”

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New York – “Quei soldati morti – dice Joe Biden – sono eroi che hanno perso la loro vita per salvare vite altrui. Sono la parte migliore dell’America, si sono battuti per i nostri valori. Abbiamo un dovere sacro nei loro confronti. Quelli che li hanno uccisi, gli daremo la caccia e pagheranno. Li colpiremo con tutti gli strumenti, nel momento che sceglieremo noi. La missione continua”. Il peggiore incubo di Joe Biden si è realizzato, alla débacle dell’evacuazione si aggiunge la strage di militari americani inviati per mettere in salvezza i connazionali nel ritiro. Il presidente che parla alla nazione ha la voce spezzata: cita il figlio morto di cancro, Beau, un ex militare che aveva servito in Iraq, si dice vicino alle famiglie delle vittime nel dolore e a un certo punto deve fermarsi per rimandare indietro la commozione.

E ora su di lui incombe un interrogativo: ci sarà contro i responsabili del massacro quella risposta dura che lui aveva promesso? “Dodici uccisi, quindici feriti, e la minaccia di altri attentati dell’Isis-K resta terribilmente elevata”, annuncia il Pentagono. È il bilancio più grave per un singolo attacco contro gli americani in Afghanistan dal 2011. Il generale Kenneth McKenzie, capo del comando centrale che dirige anche le operazioni in Afghanistan, avverte: “Se identificheremo i responsabili gli daremo la caccia per punirli”. Ma non è questa la priorità per i seimila soldati americani che rimangono a Kabul. “La missione continua, l’evacuazione va avanti, restano più di mille cittadini americani che devono tornare a casa”: lo ha ripetuto anche Biden. Ancora ieri sera, nonostante il terrore seminato dagli attentati suicidi e il numero ben più elevato di vittime civili afgane, McKenzie riferiva che “cinquemila persone erano addensate sulla pista dell’aeroporto in attesa di partire”.

Biden solo contro tutti, ora punta al maxi-piano di ripresa economica per archiviare Kabul

dal nostro corrispondente

Federico Rampini

25 Agosto 2021

In realtà diventa ancora più difficile e pericoloso “estrarre” dall’Afghanistan gli americani che vi sono rimasti, per non parlare di quegli afghani che avrebbero visti o il diritto di chiedere asilo. Ancora 24 ore prima la Casa Bianca poteva esibire come un parziale successo l’aver portato in salvo centomila persone: ora è più difficile.

Il presidente aveva visto chiaro almeno sulla natura del pericolo, ed è quel che ricorda alla nazione: “Avevo detto che un attentato era possibile, probabile, un pericolo annunciato. Per questo non voglio che i nostri militari restino un giorno più del necessario. Gli americani hanno già versato troppo sangue. Non voglio vedere altri lutti, altre sofferenze”. Giustifica così anche la decisione di trattenere i 6.000 soldati dentro il perimetro dell’aeroporto, limitando quelle uscite e spedizioni di salvataggio che aumentano ulteriormente i rischi.

Il Congresso assedia Biden: “Il ritiro ci macchia di sangue”

dal nostro corrispondente

Federico Rampini

24 Agosto 2021

Accusato da più parti – soprattutto dai repubblicani – di essersi “fidato dei talebani”, Biden fa molta fatica a spiegare che Isis e talebani pur essendo islamisti non “sono la stessa cosa, anzi sono nemici”. Ieri il presidente ha passato la giornata rinchiuso nel bunker della Situation Room, ha cancellato tutti gli appuntamenti in agenda (tra cui il summit con il nuovo premier israeliano Naftali Bennett), aggiornato costantemente dal suo team per la sicurezza nazionale. Le polemiche sulla sua gestione del ritiro sono state un crescendo per l’intera giornata e sono poi arrivate al punto massimo con l’attentato. Tra i repubblicani cresce il fronte di chi invoca l’impeachment o le dimissioni immediate del presidente. È tornato a tuonare anche Donald Trump: “Non dovrebbe essere un grosso problema (far fuori Biden, ndr) dal momento che non è stato eletto legittimamente”.

Ora Biden è costretto sulla difensiva, proprio lui che veniva descritto come lo statista anziano con maggiore esperienza di politica estera. La destra ha la memoria corta, come si usa nella tattica politica quotidiana. Il partito repubblicano che chiede la sua testa dimentica che date e modalità del ritiro erano state concordate fra l’Amministrazione Trump e i rappresentanti dei talebani, un anno fa a Doha in Qatar. Né viene ricordato il precedente di Beirut nel 1984, quando un attentato uccise 241 marines. L’allora presidente, il repubblicano Ronald Reagan considerato un falco in politica estera, si limitò a una rappresaglia simbolica (bombardamenti dal mare), ma poco dopo ritirò l’intero contingente americano dal Libano definendo quella guerra come “inutile” per gli interessi nazionali. ©RIPRODUZIONE RISERVATA
 

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