NEW YORK – Un piano per colpire i terroristi. È quello chiesto a gran voce dal presidente americano Joe Biden, che dà carta bianca ai militari per rispondere all’Isis-K, dopo il gravissimo attacco di giovedì a Kabul capace di provocare centinaia di morti, compresi 13 marines. Tanto più che mentre l’evacuazione va avanti, in vista della sempre più vicina deadline di martedì 31 agosto, sul campo il generale Kenneth McKenzie avverte: “Temiamo altri agguati, i prossimi giorni sono i più pericolosi”.
President Biden, d’altronde, ha avvertito i jihadisti subito dopo la strage, nel discorso che non avrebbe mai voluto fare: “Vi daremo la caccia. L’America non perdona, ci vendicheremo. Colpiremo la leadership, le strutture e i beni dei responsabili dell’Isis-K, il braccio dello Stato Islamico in Afghanistan. Risponderemo con forza e precisione, dove e quando sceglieremo di farlo”. Una frase, quest’ultima, fortemente evocativa: riprende infatti quella pronunciata da George W. Bush all’indomani dell’attacco dell’11 settembre: “Questo conflitto è iniziato nei tempi e termini di altri. Finirà in un modo e in un’ora di nostra scelta”.
Incalzato dalle domande dei colleghi di partito – che sulla vicenda annunciano un’inchiesta della commissione Intelligence a settembre – e dalle accuse dei repubblicani, già pronti a chiedere la proroga del ritiro, Biden apre la porta a futuri interventi su quel terreno che sperava di lasciare per sempre autorizzando, di fatto, la rappresaglia. Aggiornato insieme alla vice Kamala Harris, è sui piani di attacchi mirati, da condurre quasi certamente coi droni, come presagisce pure l’ex capo della Cia Leon Panetta, parlandone a Cnn: “Il nostro lavoro non è finito. Possiamo uscire dal paese, non abbandonare la guerra al terrorismo. Condurremo diverse operazioni sul campo, perché coi talebani la resurrezione di al Qaeda è certa”.
Per carità, assicura la portavoce della Casa Bianca Jen Psaki: “I terroristi non hanno la forza di colpire gli Stati Uniti”. Ma la situazione sta già costringendo l’intelligence a ripensare il suo impegno nel Paese. La Cia aveva infatti programmato la riduzione graduale delle operazioni antiterrorismo per tornare allo spionaggio tradizionale, sperando di concentrarsi su Russia e Cina. L’attacco, invece, cambia tutto e l’Afghanistan rischia di assorbirne nuovamente le forze.
Il lavoro, racconta il New York Times, è già iniziato: negoziati coi paesi dell’Asia centrale per ottenere nuove basi (e i russi già a dire di non volerle concedere dove sono più influenti) necessarie per lo spionaggio ma pure per la logistica: serviranno a lanciare attacchi coi droni ed eventuali altre operazioni sul campo. Da capire, in queste ore, è pure la gestione delle fonti, in mancanza degli avamposti militari e diplomatici che davano copertura alle spie. A tale scopo potrebbe far gioco la richiesta avanzata dai talebani di mantenere operativa l’ambasciata americana a Kabul anche dopo il ritiro completo.
Per gli studenti coranici un modo per evitare la rottura del dialogo con gli Stati Uniti ed agevolare il riconoscimento internazionale del nuovo governo e con quello gli aiuti e il denaro bloccati da Banca Mondiale e Fondo Monetario. La proposta è già stata illustrata a Washington e forse è stata perfino al centro dell’incontro avvenuto mercoledì tra il direttore della Cia William Burns, e il leader dei talebani Abdul Ghani Baradar. Sì, il quadro afghano si complica. Colpire i terroristi è ormai la nuova urgenza di Biden.