Mentre l’ultimo volo italiano toccava la pista di Fiumicino e tutti i Paesi, con esclusione in parte degli Stati Uniti, ritenevano conclusa la grande esfiltrazione di civili dall’Afghanistan, a Kabul c’era ancora qualcuno che aspettava. Le donne che avevano lavorato con gli occidentali, chiuse in casa nella speranza di non essere trovate dai talebani; i traduttori, chi ha offerto assistenza alle ambasciate e alle aziende, i collaboratori delle Ong che hanno provato a raggiungere l’aeroporto di Kabul, magari dopo aver affrontato un giorno di viaggio da Herat; gli artisti, le sportive, gli intellettuali, i giornalisti che speravano di finire in una delle liste dei Paesi occidentali, e magari ci sono anche riusciti, ma poi non ce l’hanno fatta a saltare la fogna dell’Abbey gate e saltare dall’altra parte del muro. Sono gli afghani ma anche gli occidentali, che volevano, dovevano, riuscire a scappare. Ma non hanno fatto in tempo. Chi sono? E soprattutto quanti sono?
Gli unici numeri ufficiali che esistono riguardano le persone partite da Kabul: sono circa 170mila, 105mila dei quali sono americani. “Se ne sono partiti tanti, è possibile dire che ce ne sono almeno 100mila che avrebbero voluto farlo e non hanno potuto” spiega a Repubblica una qualificata fonte che ha gestito in prima linea le procedure di esfiltrazione. Ieri la situazione fuori dall’aeroporto sembrava più tranquilla, anche perché i talebani – nonostante gli americani non confermino – hanno preso la gestione pezzi dello scalo. Ma in città è pieno di donne e uomini pronti a scappare appena ce ne fosse l’occasione.
Afghanistan, Erfan a piedi nudi verso una nuova vita: “È lui la speranza”
di
Romina Marceca
28 Agosto 2021
Ciascun Paese ha fatto dei conti e l’Italia, a riprova dello straordinario lavoro che è stato effettuato, è riuscita a riportare a casa tutti coloro che avevano un passaporto italiano e volevano partire: sono rimasti solo alcuni operatori umanitari. Partita anche la stragrande maggioranza di coloro che erano nelle liste dell’ambasciata. Ieri il capitano Alberto Del Basso, a capo dei carabinieri del Tuscania, gli uomini che hanno fisicamente raccolto i profughi dalle fogne e li hanno messi sull’aereo, ha raccontato che la decisione del console Tommaso Claudi di non farli andare ad Abbey Gate dopo l’allarme terroristico, ha salvato loro la vita. È così, ma è altrettanto vero che fino a qualche ora prima – nonostante l’allarme – gli uomini del Tuscania e i nostri militari avevano voluto assolutamente andare al muretto per salvare gente che li aspettava. Non lo hanno presi tutti, ma è stato fatto più del massimo. Anche in proporzione agli altri Paesi.
Stefano Pontecorvo, l’italiano che sta gestendo l’aeroporto di Kabul durante la crisi
di
Raimondo Bultrini
17 Agosto 2021
Secondo le ultime informazioni ufficiali, in Afghanistan ci sarebbero ancora 1.500 cittadini statunitensi con i quali il governo stava provando a entrare in contatto per raggiungere l’aeroporto di Kabul. La Germania ha evacuato 5.347 persone ma aveva dichiarato, a inizio delle procedure, che dovevano essere almeno 10mila gli afghani da portare via, tra personale afghano, giornalisti e attivisti per i diritti umani. Il ministro della Difesa britannico, Ben Wallace, ha dichiarato venerdì che “tra gli 800 e i 1.100 afghani che avevano lavorato con la Gran Bretagna e volevano lasciare il paese, non ce l’avrebbe fatta”. Gli olandesi hanno lasciato a Kabul 230 persone che erano nelle loro liste, La stessa Nato aveva una lista di 4800 persone tra vecchi e nuovi dipendenti (in servizio erano in 1.600). E sono riusciti ad andare via in meno della metà. L’Australia, che ha assicurato un importante ponte aereo, si è impegnata a portare indietro ancora 4mila persone nei prossimi mesi, dopo essere riuscita a esfiltrarne altrettante. Numeri che raccontano – secondo alcune fonti – una serie di problemi soprattutto nei primi giorni, quelli immediatamente successivi a Ferragosto: le ambasciate si sono svuotate e a gestire il flusso si sono trovati i militari che non avevano gli strumenti per poter compilare gli elenchi e, logisticamente, fare in modo che le persone riuscissero a entrare in aeroporto. Visto anche quello che stava accadendo fuori dai gate.
Il punto è: cosa accadrà dal primo settembre? La scommessa, per alcuni, è l’apertura del vecchio aeroporto civile, dove esiste ancora una vecchia torre di controllo sovietica degli anni ’80.I tedeschi, nei giorni scorsi, avevano dato la possibilità come quasi certa. Ma in realtà la partita sarà molto più delicata e passerà anche dalla capacità di Turchia e Russia che potrebbero prendere la gestione dello scalo. Gli afghani aspettano. Con gli occhi all’insù.