Crisi industriali, la legge sul tavolo di Draghi ma le multinazionali continuano a licenziare

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ROMA – “Il decreto delocalizzazioni è diventato un fantasma che si aggira nelle stanze di Palazzo Chigi. Pretendiamo risposte concrete e non rimarremo fermi aspettando Godot”. Nei giorni delle ennesime manifestazioni (con annessi blocchi autostradali) delle operaie e degli operai Whirlpool a Napoli, il segretario generale della Uilm Campania, Antonio Accursio, ha tirato fuori dal cilindro la proverbiale citazione beckettiana. Una felice sintesi di quanto sta accadendo dopo la breve parentesi estiva sul fronte delle crisi industriali italiane. Mentre i casi che hanno innescato il progetto governativo di una legge anti-delocalizzazioni (da Gkn a Gianetti Ruote, da Acc a, appunto, Whirlpool) continuano a restare irrisolti, spuntano nuove chiusure di fabbriche senza una rete protettiva per i lavoratori.

Ultima in ordine di tempo la multinazionale americana Carrier che ha annunciato l’abbandono dello stabilimento Riello di Villanova di Cepagatti (Abruzzo), produzione caldaie: 71 addetti lasciati in strada da un giorno all’altro con la solita motivazione, “le analisi di mercato ci dicono che produrre qui non conviene più, ci concentriamo su altri stabilimenti”. Carrier fattura nel mondo 17,5 miliardi di dollari l’anno e impiega 56mila persone in 160 Paesi: l’Abruzzo, dunque, è solo un puntino nel mappamondo, che si può cancellare anche se gli equilibri economico-finanziari del gruppo reggono alla grande. Le analisi di mercato da un lato; la vita di famiglie, comunità e territori dall’altro.

Operai

di Carlo Bonini (coordinamento editoriale)

Mariachiara Giacosa e Marco Patucchi. Video di Bruno Bigoni. Coordinamento multimediale di Laura Pertici. Immagini e grafiche Gedi Visual

30 Giugno 2021

Il Godot evocato dai sindacati è il decreto di legge (ma in queste ore si sta ragionando sulla possibilità di trasformarlo in un meno impegnativo disegno di legge) annunciato dall’esecutivo all’inizio dell’estate per intervenire sulle chiusure improvvise di imprese non in crisi, o di singoli stabilimenti, con relativi licenziamenti collettivi immediati: dopo la complicata triangolazione tra il ministero del Lavoro e le due anime del ministero dello Sviluppo Economico (la leghista del ministro Giorgetti e la pentastellata della viceministra Todde, la politica più presente nella trincea delle crisi industriali), il progetto è ora sul tavolo del premier Mario Draghi per la mediazione definitiva tra l’approccio più severo portato avanti dalla Todde, quello meno punitivo (nei confronti delle aziende) sostenuto da Giorgetti, e la sponda “conciliante” del Pd del ministro del Lavoro Orlando.

Le armi spuntate dello Stato contro le multinazionali che licenziano

di

Marco Patucchi

26 Luglio 2021

L’intenzione del governo è di varare il provvedimento entro settembre (clima politico e sociale permettendo): accantonate definitivamente le ipotesi di sanzioni pesanti sul fatturato delle aziende che delocalizzano e di una black list delle multinazionali inadempienti, il lavoro dei tecnici si concentra ora sul versante “costruttivo” delle norme che, come dimostrano precedenti tentativi (ultimo in ordine di tempo le norme del decreto Dignità targato Di Maio), devono comunque fare i conti con i vincoli delle regole nazionali e europee sulla libertà di impresa e di stabilimento. Dunque, unità d’intenti nella maggioranza sull’obbligo di comunicazione preventiva alle istituzioni, delle chiusure da parte delle aziende e sull’impegno dell’impresa stessa a collaborare ad un piano di gestione degli effetti occupazionali e sociali della chiusura (e qui l’articolato prevedrebbe il rimando alle politiche attive sul lavoro regolate da altre normative). Quanto alla parte dei disincentivi, l’orientamento sarebbe quello di allargare gli oneri previsti dalla legge 223 sui licenziamenti collettivi senza accordo sindacale, anche alle chiusure di aziende in bonis.

Whirlpool, 100 milioni di fondi pubblici incassati. Il Mise studia un futuro alternativo per Napoli

di

Marco Patucchi

04 Agosto 2021

Mentre a palazzo Chigi si lavora sui testi, nelle fabbriche intanto si resiste. Dopo le visite di solidarietà reciproca tra i lavoratori della Whirlpool di Napoli e della Gkn di Campo Bisenzio (“Facciamo barriera con la nostra resilienza in tutto il Paese. Unire le voci, unire le forze, per salvare il futuro di tutti. Siamo l’Italia che resiste”), i sindacati sono in pressing sul governo per la convocazione dei tavoli di crisi, anche se le multinazionali hanno fin qui escluso qualsiasi passo indietro. Stesso discorso per la ex Embraco di Torino o per la Gianetti Ruote in Brianza, mentre alla Elica di Fabriano si tenta una difficile ricucitura tra azienda e sindacati).

Crisi industriali: Acc-Wanbao produce di più, ma il governo non la finanzia. Tensione sociale in Veneto

di

Marco Patucchi

13 Giugno 2021

Venerdì, poi, al Mise Alessandra Todde riunirà il tavolo sulla Acc di Belluno, un caso paradossale: la fabbrica di compressori per frigo, abbandonata dalla cinese Wanbao, è in amministrazione straordinaria ma continua a produrre con buoni risultati (+8,1% il fatturato ad agosto sullo stesso mese del 2020); tramontata l’ipotesi del polo nazionale dei compressori con la ex Embraco (progettato dalla Todde e bocciato da Giorgetti), l’azienda veneta è alle prese con una mancanza di liquidità ed attende di poter accedere al Fondo di sostegno alle imprese in temporanea difficoltà, propedeutico anche alla eventuale vendita dello stabilimento.

Imprese, in arrivo le misure anti delocalizzazione: prima i vincoli e poi le multe

di

Marco Patucchi

31 Luglio 2021

Insomma, gli effetti della latitanza ormai decennale di una vera politica industriale nel nostro Paese. Il ministro Giorgetti fin dal suo insediamento si è impegnato a colmare questa lacuna storica, tra l’altro con un promesso piano per la siderurgia italiana che ancora tarda a d arrivare. Nell’attesa, oltre ai segnali preoccupanti che giungono dalle crisi irrisolte, spunta qualche esempio virtuoso: succede nel Bresciano, dove la Confindustria locale ha messo a terra un progetto di ricollocamento in altre imprese del territorio del centinaio di operai lasciati in strada a luglio dalla multinazionale Timken in Val Trompia (cuscinetti ingegnerizzati). Avviata anche la ricerca di un possibile acquirente per lo stabilimento. Vale a dire quel piano socioeconomico sul dopo-chiusura, che la legge in elaborazione a palazzo Chigi vorrebbe imporre alle multinazionali che delocalizzano.

Il piano anti-delocalizzazioni arriva sul tavolo di Draghi

di

Roberto Mania

10 Agosto 2021

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