La ministra Messa: “L’ateneo vale un ristorante ecco perché i docenti No Pass sbagliano”

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Ministra, oltre 600 tra docenti, ricercatori, dottorandi hanno firmato l’appello contro il Green Pass. È preoccupata?
“Non direi, il mondo dell’università è quello dove la dialettica è forse al suo massimo. Ma ritengo che, se da un lato tutti debbono essere liberi di esprimere il proprio pensiero, dall’altro il dovere di chi governa è quello di far riprendere l’attività didattica in presenza e in sicurezza. In questo momento non si può pensare solo a sé stessi: esiste una libertà collettiva che ha prevalenza”.
Tra le firme ci sono anche professori arcinoti come Alessandro Barbero: teme facciano proseliti?
“Lui, come altri, fa lezioni bellissime. Io spero davvero che cambino opinione”.
E se non la cambiano?
“Continuerò ad ascoltare ma, allo stesso tempo, non cambierò direzione: il decreto che abbiamo approvato è chiaro. È nell’interesse collettivo ripartire in sicurezza”.
Il Green Pass all’università era davvero necessario?
“È l’unico strumento che abbiamo affinché chi lavora e studia nelle aule, nei laboratori, negli uffici, nelle biblioteche ma anche negli spazi liberi degli atenei possa sentirsi sicuro. Non dimentichiamo che anche i vaccinati possono essere contagiati, ma se tutti sono protetti non si corre più questo rischio”.
I firmatari dell’appello sostengono che si crea una discriminazione verso i non vaccinati.
“Ma quale discriminazione! Non vaccinarsi, e non parlo di coloro che non possono farlo, è una scelta, che deve essere rispettata ma che va anche messa a confronto con il bene comune. Il Green Pass interviene su un aspetto molto pratico: rende disponibile a tutti un servizio essenziale come è l’università. Se non ci si lamenta di doverlo avere per andare al ristorante…”.
Ma chi ha sottoscritto quel testo ritiene che, proprio per la sua importanza, l’università non possa escludere.
“Ma il Green Pass non esclude, si può averlo anche con un tampone. Dobbiamo essere pratici: la sicurezza si ottiene solo se tutti sono protetti, altrimenti si perde ogni beneficio. Oppure si torna alla Dad. Ma credo che nessuno lo voglia davvero”.
A proposito di tamponi, c’è chi li vorrebbe gratuiti. Sarebbe una spesa sostenibile per l’università?
“I tamponi hanno già prezzi calmierati sia per gli under 18 che per i maggiorenni. Sono in contatto con il commissario all’emergenza Figliuolo per valutare un ulteriore sconto sui costi dei test rapidi per gli studenti universitari”.
Da medico e da ministro avrebbe preferito l’obbligo vaccinale?
“Prima di arrivare all’obbligo vaccinale ci sono degli step intermedi. Anzitutto si deve informare e convincere la gente a vaccinarsi, tentando di raggiungere la soglia ottimale per una protezione di massa. Solo se questa soglia non verrà raggiunta, allora si penserà all’obbligo vaccinale”.
Sono già arrivate al ministero segnalazioni di personale universitario senza Green Pass sospeso dal lavoro?
“No, ma alcuni docenti mi scrivono, io li ascolto e cerco di rispondere a tutti: il fatto che siano pochi non significa che dobbiamo ignorarli. Anzi, dobbiamo parlare con chi ha delle difficoltà, ma poi dobbiamo tutelare la maggioranza, tenere la barra dritta e andare avanti”.
E gli studenti?
“Stanno dando una risposta eccellente. Il 74% dei ragazzi tra i 20 e i 29 anni ha già ricevuto una dose di vaccino, il 64% ne ha avute due. Certo, anche tra loro c’è qualcuno che contesta: il dissenso non va represso ma la stragrande maggioranza degli studenti è già andata a vaccinarsi, ha voglia di ricominciare a vivere, anche l’università”.
Come funzionano i controlli del Green Pass negli atenei?
“Per gli studenti vengono fatti a campione. Ai docenti invece controlliamo i Green Pass uno ad uno. Negli atenei più piccoli ci sono presìdi di controllo all’ingresso che, attraverso una App, ne verificano la validità. Molti atenei più grandi stanno mettendo a punto una piattaforma simile a quella della scuola, con la differenza che non sarà centralizzata a Roma ma verrà gestita dalle singole università”.

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