Ana e Maria, nomi di fantasia scelti dal quotidiano spagnolo La Rioja per le protagoniste di questa storia che hanno chiesto di restare anonime, si sono incontrate per la prima volta nel 2002 nell’ospedale San Millán di Logroño, città nel nord della Spagna bagnata dal fiume Ebro. Ana nasce per prima, ma pesa poco più di 2,5 chilogrammi e i responsabili dell’area maternità decidono di trasferirla subito dalla sala parto all’incubatrice. Cinque ore dopo la raggiunge Maria, che con la prima condivide la sorte di essere nata sottopeso.
Un incontro fortuito, ma che deciderà la vita delle due bambine. Ana verrà consegnata alle cure dei genitori di Maria e viceversa. Uno scambio di culla, ma anche di destini. E quello scelto, per caso, per Maria non sarà affatto semplice. Una famiglia instabile e genitori incapaci di prendersi cura di lei porteranno un giudice a nominare la nonna come tutrice legale della piccola.
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Nel 2017, Maria aveva 15 anni e, come molti adolescenti, tante domande. Suo padre si rifiutava di pagare gli assegni per gli alimenti, presumeva persino che Maria non fosse sua figlia biologica. Un capriccio, secondo il giudice che seguiva il caso in quegli anni, a cui si poteva facilmente rimediare con un test del Dna. Con lo stupore di tutti, o quasi, i risultati confermarono che non c’era alcun legame tra i due. E poco dopo un altro esame chiarì che non esisteva relazione genetica neanche con quella che la ragazza considerava sua madre.
È così che è iniziata la ricerca di Maria per una risposta a quelle uniche domande che non pensava nemmeno di doversi porre. L’avvocato che gestisce il caso, José Sáez-Morga, ha raccontato al quotidiano spagnolo El País che la ragazza si è rivolta allo studio legale con una richiesta: “Ditemi chi sono”. L’indagine, partita dall’Ispettorato Sanitario di La Rioja, ha scoperto che 17 ragazze potevano coincidere con la denuncia. Il campo dei sospettati si è ristretto fino a fornire il nome dell’unica bambina che 16 anni prima era stata portata dalla sala parto all’incubatrice, accanto a Maria.
Le ricerche hanno portato alla luce incidenti nelle annotazioni di controllo del peso di entrambe le bambine durante i primi due giorni. Secondo l’avvocato di Maria, lo scambio sarebbe avvenuto nel momento in cui le bambine sono state portate dalle incubatrici alle culle, numero 6 e 7, prima di essere allattate dalle “rispettive” madri.
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La ragazza, ormai 19enne, ha così iniziato una battaglia legale per farsi riconoscere i danni subiti e ha chiesto un risarcimento di tre milioni di euro al ministero della Salute per quella vita che è stata costretta a vivere, ma che non le spettava. “Un errore umano per cui non è stato possibile individuare il responsabile”, ha detto l’assessora regionale alla Salute de La Rioja, Sara Alba, e che oggi sarebbe impossibile che accadesse di nuovo viste le procedure “sicure e affidabili”.
Un errore per cui il ministero si è offerto di pagare 215 mila euro, mettendo in standby la richiesta della ragazza almeno fino a quando il test del Dna non confermerà la relazione biologica con il papà di Ana. Il governo riojano, dice Sáez-Morga, si nasconde dietro alla convinzione che non ci sia “nessun nesso di causalità o atti lesivi” in quanto accaduto e che Maria dovrebbe sopportare la situazione attuale in cui si trova.
Secondo El País, da parte di Ana non c’è stata alcuna denuncia o volontà di parlare con Maria. Il loro unico incontro resta quello nella sala incubatrice di quell’ospedale ormai 19 anni fa, quando un errore di negligenza ha cambiato le loro vite per sempre.
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