Generali, il patto tra Caltagirone e Del Vecchio per cambiare i vertici del Leone

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MILANO – Il cavaliere Leonardo Del Vecchio e l’ingegner Francesco Gaetano Caltagirone hanno deciso di unire le forze nelle Generali, conferendo rispettivamente il proprio 5 e 6% della compagnia in un patto di sindacato che è aperto anche a nuovi soci e viene istituito espressamente in vista del rinnovo del consiglio del colosso di Trieste, che scadrà nella primavera 2022 dopo l’approvazione del bilancio.

Per Generali si tratta del secondo patto di sindacato dopo quello del 1973 della Euralux di Antoine Bernheim che ai tempi lavorava per Lazard. E non è un caso che il nuovo patto nasca alla vigilia della presentazione della prima lista del cda del Leone. Da anni le assicurazioni di Trieste sono sotto l’egida di Mediobanca (primo socio al 12,9%), che a sua volta per anni è stata governata da un patto di sindacato. Quando si è sciolto il blocco su Piazzetta Cuccia, l’istituto guidato da Alberto Nagel ha introdotto una nuova governance, quella della lista del cda, in cui è il consiglio uscente a presentare i candidati alla propria successione. A cascata, nel 2020, la lista del cda è stata proposta da Mediobanca anche per Generali e votata da tutti i soci della compagnia, compresi Del Vecchio e Caltagirone.

Del Vecchio-Caltagirone, gli imprenditori con l’ambizione di fare del Leone il leader in Europa

di

Sara Bennewitz

11 Settembre 2021

Ora invece i due imprenditori hanno sottoscritto un patto che non punta al controllo di Generali, ma a istituire «obblighi di preventiva consultazione per l’esercizio del diritto di voto» con riferimento alle «materie» all’ordine del giorno della prossima assemblea, «con particolare riferimento alla nomina» del cda. Una rottura esplicita con la linea di Mediobanca. I due hanno poi «espressamente convenuto» che manterranno «la piena facoltà di determinarsi liberamente in merito alle decisioni da assumere in vista e nel corso dell’assemblea» senza prender «impegni di qualsiasi natura» in tema di «esercizio del diritto di voto». Allo stesso modo il patto non prevede impegni per «l’esercizio di un controllo congiunto o di un’influenza notevole» come pure non contempla che possa arrivare dai pattisti «qualsiasi indicazione direttiva o altra forma di influenza sulla gestione» della compagnia o «sulle decisioni» del cda, ovviamente «impregiudicati i diritti spettanti alle parti in qualità di azionisti».

Insomma, Del Vecchio e Caltagirone fanno sapere in modo trasparente e per iscritto che in vista del rinnovo del cda di Generali sono pronti a sostenere un’eventuale lista del management a patto che, nonostante i risultati ottenuti finora, la guida futura non venga affidata a Philippe Donnet. Cosa che invece Mediobanca ha finora considerato naturale.
Il manager, che è ai vertici di Generali dal 2013, nel 2016 è diventato amministratore delegato. Del Vecchio e Caltagirone ritengono che il gruppo di Trieste debba crescere per linee esterne, per accorciare le distanze rispetto a rivali come la francese Axa, la tedesca Allianz e l’elvetica Zurich, che vent’anni fa gareggiavano testa a testa con il Leone e ora sono diventate molto più grandi. Caltagirone (socio dal 2004 a prezzi di carico inferiori a quelli attuali) e Del Vecchio (dal 2007, a prezzi superiori agli attuali) sono convinti che ci voglia una discontinuità manageriale per far fare un salto dimensionale al Leone. Donnet per primo, nel corso della semestrale del 2 agosto, ha ammesso che «Generali predilige le acquisizioni di taglia medio piccola, dove riesce a estrarre più valore», come Cattolica e la recente acquisizione in Malesia che Caltagirone ha contestato in cda.

Mentre lo scontro è ormai aperto, martedì 14 si terrà un comitato informale degli amministratori non esecutivi, vale a dire 12 su 13 dato che l’unico con deleghe esecutive è Donnet. L’ad – che finora ha rispettato tutti i piani e raggiunto i risultati annunciati – ha già dato la sua disponibilità per un altro mandato, e il consiglio dovrebbe decidere di andare avanti con una lista del cda. La procedura passerà poi sotto il comitato nomine, e infine il cda del prossimo 27 settembre dovrebbe dare il via libera formale alla lista del consiglio con Donnet tra i candidati. Caltagirone (2,8 con opzioni per salire al 5% di Mediobanca) e Del Vecchio (19% e pronto al salire al 19,9%) che direttamente e indirettamente, attraverso Mediobanca, hanno il 14,2% di Generali, sono in minoranza nel cda di Trieste ma difficilmente voteranno con la maggioranza degli amministratori, come invece è intenzionata a fare Mediobanca. Se non si troverà una soluzione in cda, sarà l’assemblea a scegliere a maggioranza tra la lista del board e quella dei soci che invece vogliono un cambio di passo.

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