Bataclan, a Parigi parla l’attentatore Salah Abdeslam: “Abbiamo colpito per rispondere ai bombardamenti contro lo Stato islamico. Anche voi avete ucciso civili e bambini”

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PARIGI – “Sì, abbiamo voluto colpire la Francia per rispondere ai bombardamenti sullo Stato islamico”. Al sesto giorno di processo, senza grande sorpresa, Salah Abdeslam riconosce la sua colpevolezza. Il decimo uomo del commando degli attentati del 13 novembre 2015, l’unico che non è morto da “martire”, sa che non ha niente da perdere, che rischia l’ergastolo alla fine del lungo percorso giudiziario che si è aperto mercoledì e durerà nove mesi. Nelle prime udienze, ha abbandonato il mutismo in cui si era rinchiuso da anni ed è già stato protagonista di diverse provocazioni nella maxi-aula sull’Ile de la Cité, presentandosi ai magistrati come “combattente islamico”, presentato “l’unico Dio Allah” sopra alla giustizia degli uomini.

Quando il presidente della Corte d’Assise decide di dare la parola ai quattordici imputati per esprimere la loro posizione difensiva, Abdeslam coglie l’occasione al balzo. “Una giudice belga ha parlato ieri di terrorismo, jihadismo” commenta Salah a proposito della deposizione della magistrata anti-terrorismo Isabelle Panou. “Sono termini che creano confusione. Io dico che non sono terroristi, sono autentici musulmani”. Il trentenne belga-marocchino – fisico palestrato, giacca fluida alla moda – comincia una lezione di geopolitica per giustificare i massacri, dando un nuovo schiaffo ai parenti delle vittime presenti in aula, già provati qualche giorno fa dalla lunga ricostruzione degli attentati che hanno provocato 130 vittime tra Bataclan e dehors dei café nella capitale. 

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13 Novembre 2020

“Perché abbiamo colpito la Francia?” chiede il jihadista riprendendo una domanda posta durante le prime udienze. “Perché è il paese che bombardava lo Stato islamico senza fare distinzione tra soldati e bambini. Abbiamo voluto che la Francia subisse lo stesso dolore che abbiamo subito” prosegue, aggiunge una frase che risulta insopportabile a molti: “Certo abbiamo colpito la popolazione ma non c’era niente di personale”.

Abdeslam cita poi l’allora presidente François Hollande che aveva varato l’intervento militare con l’Isis. “Sapeva che la sua decisione avrebbe portato i francesi ad incontrare la morte” dice il jihadista, citando l’esempio opposto di Jacques Chirac che nel 2003 rifiutò di partecipare alla guerra in Iraq. “Perché si rendeva conto che avrebbe provocato un movimento di odio anti-francese”. 

Prima di concludere, con lo sguardo un po’ allucinato, Abdeslam si rivolge agli avvocati e ai parenti delle vittime presenti nell’aula di tribunale. Qualcuno gli ha gridato “bastardo”, “pezzo di merda” durante il suo nuovo intervento. “So che alcuni dei miei propositi possono urtare le anime sensibili. Lo scopo non è girare il coltello nella piaga – prosegue – ma voglio dire la verità alle vittime. Il minimo che devo loro è essere sincero, e non mentire”. 

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Fatta eccezione per Abdeslam, la maggior parte degli uomini sul banco degli accusati tenta ora di dissociarsi dagli attentati che hanno provocato 130 vittime. Hamza Attou, uno dei tre amici che ha riportato Salah in Belgio la notte del 13 novembre, spiega: “Riconosco di essere andato a prenderlo, ma in nessun momento volevo fare terrorismo”. Un altro imputato, Farid Kharkhach, quasi in lacrime: “Ho fornito falsi documenti ma non immaginavo che servissero a un massacro”. Yassine Atar, fratello minore del mandate degli attentati Oussama Atar (presunto morto in Siria), ripete più volte: “Quello è mio fratello, non sono io. Ho sempre condannato gli attentati e tutto quello che ha fatto Oussama Atar”. L’autista dei commando, Mohamed Abrini, ammette: “Riconosco la mia partecipazione agli attentati, e so che quanto dolore ha toccato la Francia”. 

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