Amministrative 2021, il Pd cerca il riscatto rispetto al 2016 e sogna il progetto “grande Ulivo”. Per Letta la scommessa personale di Siena

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Fosse per lui, oscurerebbe tutti i sondaggi. “Non guardateli, non fatevi condizionare, restate umili: battete le città palmo a palmo, andate nelle periferie, parlate con le persone, il risultato non è scontato”, ripete Enrico Letta agli aspiranti sindaci e consiglieri che lo accompagnano – da Torino a Canicattì passando per Roma e il collegio di Siena, dove il segretario dem si gioca l’osso del collo – nella campagna per il voto che gli vale la permanenza alla guida del Pd.

Uno sprone necessario per correggere la narrazione trionfalistica ormai prevalente fra i gruppi dirigenti: e cioè che, complice la debolezza dei candidati di centrodestra, alle amministrative il centrosinistra vincerà facile. Come se fosse una cosa naturale, anziché il frutto (peraltro da verificare nelle urne) di un lavoro faticoso e complesso: quasi un miracolo se si considera “da dove siamo partiti”, ha ricordato Letta il 13 settembre alla prima direzione post pausa estiva. “Sei mesi fa il Pd era a un millimetro dal baratro, un partito dilaniato e imploso, mentre oggi siamo competitivi ovunque”. Soprattutto nelle grandi città, quelle che faranno la differenza nella lettura dell’esito elettorale. Sei capoluoghi di regione, compresa Trieste: dove a sorpresa, contro ogni iniziale pronostico di sconfitta al primo turno, le chance di arrivare al ballottaggio sono in ascesa.

Non è solo una questione di scaramanzia. Di mezzo c’è anche il bisogno di ristabilire un po’ di verità sugli ultimi anni di vita del Pd e consumare una piccola rivincita. Nel 2016, imperante Renzi e la sua smania di autosufficienza, i Democratici vinsero soltanto in due grandi città: Milano e Bologna – ricordano al Nazareno – perdendo rovinosamente a Roma e a Torino, divenute poi il trampolino per lo schiacciante successo del M5S alle politiche. Ebbene, secondo gli strateghi lettiani, il voto del 3 e 4 ottobre può rappresentare il rovesciamento di quel risultato, in grado di stoppare ogni residua spinta isolazionista e trasformare l’alleanza larga centrosinistra-grillini in uno schema politico. La fonte battesimale del nuovo Ulivo, queste sono le comunali per Letta: un test fondamentale per misurare tenuta e validità del progetto nato con il varo del governo giallorosso, ereditato dal suo predecessore fra mille ostacoli e altrettanti tentativi di sabotaggio.

Certo, il segretario ha anche da superare una sua prova personale: aggiudicarsi il collegio toscano lasciato vacante da Pier Carlo Padoan, il ministro dell’Economia che pilotò il salvataggio del Monte dei Paschi salvo poi andare a presiedere lo stesso colosso bancario (Unicredit) che ora vuole mangiarsi la banca senese. Un corto circuito che potrebbe costare caro al leader dem in termini di consenso. Quella terra non è più rossa come un tempo: a Siena governa una giunta filo-leghista, alle elezioni 2018 il centrodestra fu battuto con soli 4 punti di scarto. Non a caso, “so di rischiare”, ammise lui in apertura di campagna, ma “non correre sarebbe stata diserzione, se perdo ne trarrò le conseguenze”.

Ipotesi che tuttavia nessuno nel partito vuol prendere in considerazione, neanche i più ostili. Ora che le cose si stanno mettendo bene, con Salvini in difficoltà e la coalizione avversaria in lite perenne, “Enrico non deve muoversi da lì”. Almeno fino all’elezione del nuovo presidente della Repubblica. Febbraio dell’anno prossimo. Dopodiché si aprirà la partita del congresso. Che l’ala ex renziana, già in manovra, vorrebbe indire prima delle politiche per eleggere un segretario “amico”, quello che farà le liste per il prossimo Parlamento dimezzato dal referendum. Scenario che però Dario Franceschini, abilissimo levatore di maggioranze interne, esclude con nettezza: “Letta ha preso il partito in un momento di difficoltà e lo sta gestendo con grande autorevolezza, senso di responsabilità, unità”, spiega il ministro della Cultura affiancandolo nel tour senese. “Mi pare che ci fosse bisogno di questo e che ci sia bisogno fino alle elezioni del 2023”. Una blindatura che, se il Pd dovesse infine vincere le amministrative, renderà il Nazareno pressoché inespugnabile per i prossimi 18 mesi.

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