Comunali 2021, stavolta è la destra a rischiare. E il Pd di Letta può incassare un doppio risultato

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Per una volta rischia di più la destra. Da quando le amministrative sono diventate l’equivalente politico delle elezioni di metà mandato negli Stati Uniti – con la non trascurabile differenza che lì c’è una scadenza per ogni quadriennio, in Italia ogni anno si blocca per tre o quattro mesi l’attività parlamentare in attesa del responso locale – è una delle poche occasioni in cui la sinistra parte con un vantaggio di posizione. Lo certificano anche i sondaggi Youtrend pubblicati in questi giorni da Repubblica, che assegnano alla coalizione di centrosinistra, nei suoi diversi assetti, addirittura la possibilità di una vittoria in tutte e cinque le principali città al voto. In particolare appare difficile che il successo – al primo turno o al ballottaggio – possa sfuggire a Milano, Napoli e Bologna.

SONDAGGI ROMA – MILANOBOLOGNATORINO NAPOLI

Più aperte e imprevedibili le sfide di Roma e Torino, quest’ultimo forse il Comune dove il centrodestra ha più possibilità di vittoria al secondo turno. Nella Capitale i giochi sono complicati dalla corsa a quattro – il dem Roberto Gualtieri, il meloniano Enrico Michetti, la sindaca uscente Virginia Raggi e l’indipendente Carlo Calenda – che non garantisce ancora con certezza che il ballottaggio avvenga tra i candidati dei due poli tradizionali.

Il Pd di Enrico Letta, al suo debutto elettorale da segretario, duplice e personale vista anche la sua contemporanea candidatura alle suppletive per la Camera nel collegio di Siena, potrebbe incassare un doppio risultato: prevalere nel computo finale delle città e certificare la dipendenza del M5S dall’alleanza con i dem, visto che le uniche due realtà dove il Movimento guidato da Giuseppe Conte ha chance concrete di uscire dignitosamente dalle urne sono proprio le due città nelle quali è stato chiuso da subito l’accordo giallorosso, a sostegno di Manfredi Napoli e Lepore a Bologna.

LO SPECIALE – LA SFIDA DEI SINDACI

Nel bilancio di Conte, però, peseranno di più il risultato delle due città conquistate cinque anni fa dai grillini e che sono destinate entrambe a passare di mano, con certezza matematica a Torino e ragionevole pronostico a Roma. Quanto a Milano, l’obiettivo M5S è solo quello di non precipitare a percentuali da micro-partito.  

Un pessimismo che Conte può sicuramente condividere con il suo ex primo alleato di governo Matteo Salvini. La tardiva candidatura del pediatra Luca Bernardo a Milano, figlia di un lungo stallo decisionale nella coalizione, è sicuramente il punto più debole della poco gioiosa macchina da guerra leghista, la sconfitta, tra quelle probabili, che gli sarà messa in conto diretto. Ma per il leader della Lega c’è ovviamente anche il problema del voto di lista.

Se la Lega perderà terreno a vantaggio di Fratelli d’Italia, per Salvini sarà senza dubbio il punto più basso da quando guida il Carroccio. Persa Milano, non sarebbe certo la vittoria di Michetti nella Capitale – tutta intestabile a Meloni – a rendere meno amaro il suo bilancio.

Amministrative 2021, il Pd cerca il riscatto rispetto al 2016 e sogna il progetto “grande Ulivo”. Per Letta la scommessa personale di Siena

di

Giovanna Vitale

16 Settembre 2021

Lo spettro è una Lega che arranca nei territori del Nord che erano il vecchio serbatoio elettorale prima della svolta nazionalista e sovranista e un deciso passo indietro al Centro-sud, dove la concorrenza di FdI si annuncia più forte. Su Meloni grava il rischio di scontare a sua volta la responsabilità del lancio di un candidato non meno debole e improvvisato di Bernardo, quel Michetti la cui campagna elettorale fin qui si è segnalata solo per il richiamo alla Roma dei Cesari, per le fughe dai confronti elettorali e per la surreale assenza di un programma elettorale ufficiale a due settimane dal voto.

In ogni caso, il dato di lista di FdI è la scappatoia che può permettere a Meloni di lasciare che sia l’ex ministro dell’Interno a pagare gli effetti più sgradevoli della tornata elettorale. La Lega di governo, capitanata da Giancarlo Giorgetti e dai governatori, è nelle condizioni di rimproverare al leader la schizofrenia di aver scelto l’ingresso nell’esecutivo Draghi continuando però ad agitare posizioni più consone a una forza d’opposizione, smarrendo per strada sia voti moderati sia quelli più radicali che possono più facilmente finire a chi all’opposizione c’è di nome e di fatto. Paradossalmente, a rischiare meno contraccolpi è il partito più debole a livello di consensi nazionali, Forza Italia. 

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