Qualche occhiataccia reciproca, un paio di spallate decise ai concorrenti e poi spazio ai programmi. I big in corsa per il Campidoglio si sfidano, invitati da Repubblica, si sfidano rispondendo alle domande del direttore Maurizio Molinari e dei lettori. Da sinistra a destra, in ordine alfabetico, sul palco del Palladium ci sono Carlo Calenda, il candidato del centrosinistra Roberto Gualtieri e la sindaca uscente Virginia Raggi. Assente Enrico Michetti: sebbene invitato a inizio settembre, il tribuno del centrodestra alla fine si è sfilato dicendo di avere l’agenda piena.
Roma, candidati sindaco a confronto: le proposte di Raggi, Gualtieri e Calenda al dibattito di “Repubblica”
Il confronto all’americana parte con Calenda e sono subito scintille. Nel mirino ci sono tanto Gualtieri e Raggi: “Non possiamo avere la capitale più sporca del mondo. Perché mi candido? Perché non lo voleva fare nessuno. Nessun leader si è fatto avanti. Sono rimasto stupito. Il Pd ha cercato Zingaretti fino all’ultimo secondo. La mai è una candidatura indipendente, non sarò ostaggio della classe dirigente”.
Quindi Gualtieri: “Non sopportavo più di vedere la mia città nel degrado. A Roma serve un governo autorevole. I cittadini hanno diritto di avere spiegazioni sui bus che non passano e sui rifiuti in strada. Ma la città deve saper affrontare anche sfide come il cambiamento climatico e la digitalizzazione. Il mio programma è il più analitico”.
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Raggi, invece, si fa avanti per “completare l’attività portata avanti fin qui. Roma ladrona non c’è più. I bilanci sono in ordine, lo dice anche Standard and Poor’s che ci dà un outlook finalmente positivo. Questo significa che sarà più facile attrarre investimenti”. Poi la stretta attualità: “Io ho fatto la lotta ai Casamonica, oggi sono stati condannati per associazione mafiosa”.
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Ora sotto con le domande dei lettori. Rifiuti e pulizia per Calenda, le periferie abbandonate per Gualtieri, i poteri per Roma per Raggi. I tre litigano a distanza (non possono interrompersi e possono solo interagire con il direttore) ed è tutto uno sgambetto su termovalorizzatori, percettori del reddito di cittadinanza da convertire in spazzini di quartiere, concorsi e Concorsopoli.
Il giro di domande continua e tocca a quelle della cronaca di Roma. Per Carlo Calenda i fondi del Pnrr non sono sufficienti. “Servono 12 miliardi per la rete delle metro”, dice il leader di Azione. Nel mirino finisce Raggi: “La lista della spesa presentata da questa amministrazione era tutta sballata, non si sono letti nemmeno le regole del Recovery plan. Se non si rivoluziona l’assetto delle municipalizzate possiamo pure prendere i soldi da Babbo Natale”.
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A Gualtieri spetta la domanda sulla prossima discarica, la stessa che Raggi gli pone da giorni sui social. Ecco la replica: “Serve una discarica. Ma con un efficientamento del trattamento dei rifiuti sarà meno invasiva”. La ricetta dell’ex ministro del Tesoro dem spinge sulla “differenziata porta a porta”. Quindi la risposta a Raggi: “Lei mi nomina tutti i giorni. Lo trovo poco serio. Marino ha chiuso Malagrotta. La sindaca ha trasformato Roma in una discarica a cielo aperto”.
Sui Poteri per Roma, declinati nella chiave del contrasto alla malamovida, è il turno della prima cittadina. Che chiede di sbloccare le assunzioni per rimpolpare il corpo dei vigili urbani (“ne ho già assunti più di 1.500”) e poi rivendica il provvedimento salvaristoranti: “Abbiamo concesso più spazi ai tavolini sui marciapiedi ed è una misura che riqualifica e allontana la malamovida. Vogliamo prorogare questa misura anche nel 2022 per aiutare i ristoratori e continuare a vivere le strade in maniera positiva”.
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Ultimo giro di domande prima della chiusura. Si vira su temi nazionali. A Calenda tocca la domanda sui referendum sull’eutanasia (“ho firmato”) e sulla legalizzazione della cannabis: “Bene, a patto che venga attentamente regolamentata. Si tolgono soldi alle mafie, ma mi preoccupa che l’approccio culturale per i nostri ragazzi alla fine possa essere quello di paragonare una canna a un bicchiere di vino. In generale sui referendum, mi preoccupa la facilità della raccolta firme. Il ricorso continuo a questo istituto non mi piace. Si rischia un Rousseau bis”.
A Gualtieri spetta la domanda sugli apparentamenti all’eventuale ballottaggio: “Non ce ne saranno, la nostra coalizione è larga e coesa. Mi rivolgerò agli elettori di Carlo e Virginia, sapendo che ritengono la mia candidatura più forte e adatta a Roma rispetto a quella dell’assente Enrico Michetti. In squadra avrò il meglio della città e della nazione”.
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Ecco Raggi e il rapporto dei 5S con il Pd: “Quello romano l’ho sempre attaccato, è lo stesso che ha sgovernato la capitale per 15 anni. Gualtieri ha ricandidato gli accoltellatori di Marino. O la lista non l’hai scelta tu, oppure le tue scuse all’ex sindaco sono false. Hai già la pistola del tuo partito puntata alla tempia”.
Capitolo conclusivo con l’appello al voto: “Andatevi a vedere i programmi – dice Calenda – perché Pd e 5S non hanno realizzato nulla, solo tante chiacchiere. Io assicuro lavoro duro e indipendenza”. Gualtieri rivendica il suo lavoro al Mef durante la pandemia e promette una “riscossa e un rilancio di Roma da condividere con le forze sociali. La città può essere finalmente governata con competenza e ascoltando i territori”. Raggi punta sulla “continuità” e sulle tre sfide nel futuro della capitale: “Pnrr, Giubileo ed Expo 2030. Se volete che la città continui a correre, eccomi. Con tutti gli altri si torna al passato. Non hanno un minimo di esperienza amministrativa”. Calenda e Gualtieri sfoderano un sorriso sarcastico. Ma le regole sono chiare: nessuna zuffa. Un saluto e poi appuntamento alle urne del 3 e 4 ottobre.