La mossa Ue, niente vertice negli Usa: “Prima chiariscano sui sottomarini”

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BRUXELLES – Lo scontro è senza precedenti. Almeno rispetto agli ultimi settant’anni. La tensione è altissima tra Unione europea e Stati Uniti. Al punto che Bruxelles minaccia di non partecipare o di chiedere il rinvio al vertice sul Commercio e la tecnologia fissato per il prossimo mercoledì a Pittsburgh. Lo strascico del cosiddetto Patto “Aukus” tra Usa, Gran Bretagna e Australia, insomma, sta diventando qualcosa di più di un ordinario dissapore. L’Europa pretende una «chiarimento». Soprattutto alla luce del fatto che questo è il secondo schiaffo nel giro di poche settimane, dopo quello sul ritiro dall’Afghanistan. Il nodo riguarda la totale assenza di consultazione. Non è solo in gioco la maxi-commessa per i sommergibili nucleari francesi in un primo momento destinati all’Australia, ma si tratta di ridefinire le regole di ingaggio tra due alleati storici. La presidente della Commissione, Ursula Von der Leyen, avverte che non si può pensare di continuare a fare «business as usual», come se nulla fosse. Il presidente del consiglio Ue, Charles Michel, a margine dell’Assemblea Onu, invoca «chiarezza tra amici». 

È evidente che la posizione più dura è quella di Parigi. Aprendo a Bruxelles il Consiglio Affari generali, il ministro francese Clement Beaune, ha chiesto «rispetto» e ha invitato l’Ue ad assumere una posizione intransigente. Confermata dal commissario transalpino Breton e poi dall’Alto Rappresentante, lo spagnolo Borrell. Il tutto seguita dalla solidarietà della Germania e dell’Italia con il sottosegretario Amendola.

Come dice Breton, «qualcosa si è rotto». Non c’è dubbio. Ma la partita sta diventando più grande di quanto si potesse immaginare. E i partner vogliono avanzare con i piedi di piombo. Senza i nervosismi da campagna elettorale mostrati da Macron. D’accordo sul principio, dunque, ma senza esasperare la reazione. La cancellazione del summit di Pittsburgh (concordato a giugno proprio con Biden e al quale dovrebbero partecipare il segretario di Stato Blinken e i vicepresidente della Commissione Vestager e Dombrovskis) sta così diventando un rinvio. A meno che nel frattempo non intervenga un chiarimento. però pur sempre il segno di un strappo fino a pochi mesi fa impensabile.

I vertici di Bruxelles, infatti, ricordano che anche nel recente summit estivo, Biden aveva invitato gli europei ad essere uniti contro la Cina. «Ma mentre ce lo chiedeva – si nota nei Palazzi europei – organizzava la nuova alleanza nell’Indopacifico con inglesi e autraliani senza nemmeno avvertirci». Per Commissione e Consiglio europei, dunque, davanti al motto utilizzato dal successore di Trump «America is back», la domanda da porsi è: «Ma dove?». 

Certo, nessuno può pensare che l’alleanza storica con Washington possa essere messa in discussione. Ma conseguenze, a questo punto, sono inevitabili. Del resto, lo spostamento del baricentro degli interessi statunitensi dall’Europa al Pacifico, non è emerso adesso. Ma parte da lontano: da Bush e soprattutto da Obama. Probabilmente gli effetti si noteranno in parte nella Nato, in parte nella probabile accelerazione su una Difesa comune europea, e nei rapporti con la Cina di Xi. Anche alla luce della possibile affermazione dei Socialdemocratici in Germania, la risposta dell’Ue alla Casa Bianca, infatti, potrebbe essere proprio quella di respingere la linea di inderogabile ostilità nei confronti di Pechino. In particolare sul commercio. Già Merkel aveva indicato due piani separati nel confronto con la Cina. Nessun cedimento sui diritti, ma valutazione delle opzioni commerciali. «Ognuno ha i propri interessi», è la frase che si ascolta adesso a Bruxelles. Un modo per dire: gli americani si fanno i loro affari con Gran Bretagna e Australia, noi facciamo i nostri. Non ci possono chiedere di essere irremovibili e trattarci da alleati senza pari dignità.

Una fessura dentro la quale Pechino spera di infilarsi. Basti pensare alle ragioni con cui Xi ha accettato l’invito del premier italiano Draghi di partecipare a un G20 straordinario sull’Afghanistan. Ha dato il suo ok e poi ha ricordato la “Via della Seta”. Quel che conta per i cinesi è in primo luogo il business.

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