Caso Puigdemont, il sollievo del governo italiano: evitato un caso internazionale

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ROMA – Il sentimento più diffuso nel governo, a fine giornata, è il sollievo. La soddisfazione per il fatto che la vicenda Puigdemont si sia chiusa nel giro di poche ore, con il riconoscimento della legittimità di un arresto deciso ufficialmente in piena autonomia dalla polizia di frontiera di Alghero ma anche con una ritrovata condizione di libertà dell’ex presidente della Catalogna che lascia tutti gli scenari aperti ma che soprattutto evita il deflagrare di un caso internazionale.

Puigdemont scarcerato. “Potrà tornare a Bruxelles”

dal nostro inviato

Alessandro Oppes

24 Settembre 2021

La decisione della Corte di appello di Sassari, in qualche modo, ha messo una toppa a quello che da subito, negli ambienti dell’esecutivo, è sembrato una “grana” politica non di poco conto. Anche perché, dalla Spagna, non ha mancato di farsi sentire ieri la voce preoccupata del premier Pedro Sanchez, impegnato in laboriosi tentativi di riallacciare i rapporti con la Catalogna e alle prese con la trattativa sulla legge di bilancio, per la quale i partiti indipendentisti sono chiamati a dare un contributo decisivo.

Con Puigdemont in manette in Italia su richiesta della giustizia spagnola, la strategia di distensione disegnata da Sanchez per affrontare la questione catalana era già finita sotto accusa. L’epilogo della vicenda, per ora, accontenta tutti sull’asse Roma-Madrid, pur nel silenzio di Palazzo Chigi e dei ministri della Giustizia e degli Esteri, in prima fila nell’affrontare il problema.

Tutti i quesiti sull’arresto di Puigdemont

di

Liana Milella

24 Settembre 2021

L’Italia ha rischiato di finire nella trappola di una storia giuridica complessa, oltre che di un rapporto controverso fra il governo spagnolo e le istituzioni europee: l’Avvocato dello Stato iberico, infatti, aveva garantito alla Corte di Giustizia di Lussemburgo (cui Puigdemont e altri colleghi indipendentisti avevano fatto ricorso contro la revoca dell’immunità decisa dall’Europarlamento) la sospensione del mandato d’arresto.

E il tribunale dell’Ue, nel respingere la richiesta di Puigdemont e degli altri parlamentari coinvolti, aveva infatti sottolineato che “non vi è motivo di ritenere che le autorità giudiziarie belghe o di un altro Stato membro possano eseguire i mandati d’arresto europei emessi nei confronti dei deputati e consegnarli alle autorità spagnole”.

Solo che il tribunale supremo spagnolo ha poi confermato la validità del mandato d’arresto, tradendo il patto con l’Europa. Tuttavia nessuna autorità di altri Paesi, fra quelli visitati di recente da Puigdemont (Francia, Germania, Belgio), aveva finora applicato quella misura. L’Italia sì, senza interferenze politiche – si affrettano a sottolineare tutte le fonti di governo – ma con un provvedimento di polizia che ha comunque scatenato un putiferio. E che non è neppure casuale.

Perché Puigdemont, gli agenti, lo stavano aspettando. Questo è certo. Che su quell’aereo in arrivo ad Alghero ci fosse una persona colpita da mandato di cattura europeo era una informazione che la polizia di frontiera aveva acquisito quantomeno dal giorno prima nell’ambito di quella attività di monitoraggio che di solito viene riservata ad iniziative come quella alla quale era atteso l’ex presidente catalano. Un incontro organizzato dal movimento autonomista sardo a cui era annunciata la partecipazione, anche dall’estero, di sigle che la nostra intelligence non perde mai d’occhio, dall’Eta agli irridentisti greci.

Quando si sono ritrovati davanti il leader catalano, gli agenti della polizia di frontiera non si sono fatti trovare impreparati. “Il nome è apparso sul terminale e lo hanno fermato”, ha raccontato l’avvocato di Puigdemont Gonzalo Boye Tuset, che dagli agenti a cui cercava di spiegare la complessità della posizione del suo assistito si è sentito rispondere: “Guardi, questo non è di nostra competenza. Quello che dobbiamo fare è arrestarlo e metterlo a disposizione dell’autorità giudiziaria, perché non abbiamo la capacità per interpretare quello che ci sta dicendo”.

Perché in altri Paesi ci si è comportati diversamente? “I francesi fanno i francesi e noi facciamo gli italiani”, dice il sottosegretario ai Servizi Franco Gabrielli, che spiega che le autorità “non potevano sottrarsi dall’eseguire un mandato di arresto europeo”, pur ammettendo che si tratta di “situazioni che preferiremmo non trattare mai”.

La Corte d’Appello di Sassari, insomma, ha eliminato una patata bollente. Anche perché nella maggioranza di Draghi la Lega aveva ricominciato a cannoneggiare. Con Matteo Salvini pronto ad accusare il governo “di eseguire vendette altrui” e il vicepresidente del Senato Roberto Calderoli ben più esplicito: “Abbiamo pestato una m… Ora bisogna capire di chi è il piede. Perché possiamo anche prendercela con l’oscuro funzionario di polizia sardo, ma ho l’impressione che faremmo bene a risalre nella catena di comando”.

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