Elezioni tedesche, corsa alla Cancelleria: ci vorrà un’alleanza a tre

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BERLINO – L’urlo si spegne subito. E anche dal balconcino che dà sul cortile interno della sede della Spd, il sorriso svanisce nel giro di pochi secondi dalla faccia del ministro degli Esteri Heiko Maas. Dagli schermi appesi a ogni angolo del “Willy-Brandt-Haus”, due exit poll a poca distanza l’uno dall’altro danno la Spd in testa. E pochi secondi dopo, allineata alla Cdu. Comincia così la lunga notte del “Krimi”, come lo battezza il tabloid Bild, il “poliziesco” dell’elezione più incredibile della Germania. E quando intorno alle sette di sera i due favoriti della vigilia si presentano ai microfoni, quasi in contemporanea, ognuno si sente già incoronato cancelliere. Alla prima prova elettorale senza Angela Merkel la Germania si ritrova non con uno ma con due cancellieri in pectore. E da oggi comincia un complicato percorso per capire chi riuscirà per primo a formare una coalizione di governo. Non tanto perché i due siano testa a testa; non succede per la prima volta. Ma perché per la prima volta dovranno sedersi al tavolo non con uno ma con due partiti diversi dal loro per formare un esecutivo.

Quando si affaccia in serata al Willy Brandt Haus, sede dei socialdemocratici, Olaf Scholz è accolto da un boato: la Spd ha comunque migliorato il suo risultato delle ultime elezioni e per il ministro delle Finanze è chiaro che “gli elettori hanno deciso che in tutte le elezioni sono avanti i socialdemocratici”. Scholz si sente investito di un mandato per negoziare una coalizione di governo: “la gente vuole il cambiamento – sottolinea – la maggioranza degli elettori vuole il prossimo cancelliere si chiami Olaf Scholz”. Ma la distanza dall’avversario è troppo piccola per cantare davvero vittoria.

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Tonia Mastrobuoni

25 Settembre 2021

Negli stessi minuti, infatti, anche Armin Laschet, umiliato dal peggior risultato elettorale della storia – per la prima volta la Cdu/Csu è scesa sotto al 30% – parla alle telecamere. “La Germania ha bisogno di una coalizione forte, del futuro, che possa modernizzare il paese, che possa farlo accelerare, che possa contribuire a che il mondo possa diventare migliore, sostiene il governatore del Nordreno-Westfalia. Convinto di poter fare un tentativo anche lui per formare un governo a guida conservatrice. “Faremo tutto ciò che è in nostro potere per formare un governo federale sotto la guida dell’Unione”, ha aggiunto.

Ma i due personaggi chiave dei prossimi mesi saranno i leader dei partiti con cui Laschet e Scholz cominceranno a parlare già nelle prossime ore. Non a caso Annalena Baerbock ha parlato ieri di numeri “fantastici”: Il 15% dei voti assegna ai Verdi “un mandato per il futuro”, secondo la spitzenkandidatin. E’ quasi certo che andrà al governo, esattamente com’è certo che del prossimo esecutivo faranno parte i liberali di Christian Lindner. Saranno loro due, probabilmente a scegliere il prossimo cancelliere. Mentre è piuttosto lontana, ormai, l’ipotesi di una riedizione della Grande coalizione. E numericamente, sembra evaporata l”opzione di un rosso-rosso-verde: sarà un miracolo se la Linke supererà la soglia di sbarramento. E senza quell’opzione, il potere di veto soprattutto di Lindner si rafforza, ovviamente.

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Anais Ginori

25 Settembre 2021

Già da giorni si vocifera di contatti informali tra le forze politiche in campo per capire dove sono le linee rosse e le possibili convergenze. E mentre la spitzenkandidatin dei Verdi ha già ripetuto varie volte di volersi coalizzare preferibilmente con la Spd di Olaf Scholz, il capo della Fdp Lindner ha ripetuto negli ultimi giorni di sognare un governo “Giamaica”, dunque a guida Armin Laschet. Chi cederà per primo al cancelliere favorito dall’altro per una coalizione che dovrà essere per forza a tre?

E’ necessario guardare da vicino i programmi e le poltrone nel prossimo governo, per capire dove potranno esserci punti di accordo o di rottura. Su una delle principali promesse di Scholz in campagna elettorale, il salario minimo a 12 euro, la Fdp ha sempre detto che preferisce che a decidere siano le parti sociali, ma non dovrebbe essere un ostacolo insormontabile. Più difficile il discorso sul fisco: la Fdp non vuol sentir parlare di patrimoniali e aumento delle tasse come chiesto dalla Spd. Ma Lindner potrebbe vedere cassati i piani di aumenti delle imposte in cambio di una rinuncia all’abolizione della cosiddetta ‘tassa di solidarietà’ che da trent’anni sussidia le regioni dell’Est. Un nodo dei Verdi per possibili alleanze con la Cdu è la totale mancanza di ambizione del programma di Laschet sul clima, invece. Infine, sui conti pubblici si preannuncia un duello tra i rigoristi della Fdp e della Cdu, contrari alle ambizioni dei Verdi e la Spd, che vorrebbero ammorbidire le regole sul pareggio di bilancio per aprire margini per investimenti.

Infine, ci sono le poltrone. Se Scholz guiderà il governo, per il tradizionale “diritto di prelazione” del junior partner, saranno la Fdp o i Verdi a poter scegliere il ministero più pesante, anche per la proiezione della Germania in Europa nei prossimi mesi, quando si parlerà della riforma del Patto di stabilità: quello delle Finanze. Il leader Fdp Christian Lindner non fa mistero di puntare alla Wilhelmstrasse. E lui significherebbe il ritorno della Germania al rigore; il numero uno dei Verdi, Robert Habeck, sarebbe invece una buona notizia, per chi sogna una convergenza maggiore della Ue su questo terreno e una riforma dei criteri di Maastricht. Anche nell’ipotesi di un governo Laschet, Lindner potrebbe reclamare lo stesso ministero. Meno probabile, in quel caso, che sia il consigliere economico del leader Cdu, Friedrich Merz, a conquistare la poltrona che fu di Schäuble.

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