BRUXELLES – Rischio paralisi. Perché quel che accade a Berlino si riflette direttamente a Bruxelles. Il probabile stallo tedesco, allora, può diventare il grande stallo europeo. Nei primi contatti che i reponsabili politici delle istituzioni europee, il risultato delle elezioni in Germania si è immediatamente trasformato in un spauracchio. Nel timore che la legislatura comunitaria, ormai arrivata a metà mandato, possa essere di fatto — non formalmente — finita. Con altri trenta mesi di attività senza profitto. Certo, i risultati sono ancora provvisori e quindi ogni valutazione nella Commissione, nel Consiglio e nel Parlamento europeo viene rinviata ai prossimi giorni o addirittura alle prossime settimane. Ma ieri sera un sottile brivido è corso lungo la schiena dei “big” dell’Unione.
Se le trattative per il governo tedesco dovessero protrarsi troppo a lungo, magari fino a gennaio o febbraio, tutti i principali dossier dell’Ue rischierebbero di entrare in un gigantesco cono d’ombra. A cominiciare dalla riflessione in corso sul Patto di Stabilità e dunque sulle regole che dal 2023 torneranno in vigore sul controllo del debito e del deficit. Stesso discorso per quanto riguarda il progetto per avviare un sistema di Difesa comune e quindi le sfide che si sono poste davanti all’Ue dopo la crisi afghana e lo schiaffo ricevuto dagli Usa con il cosiddetto accordo Aukus. Per non parlare dell’emergenza migranti cui l’Italia e i Paesi del Mediterraneo riservano un’attenzione costante. E, infine, il pacchetto del “Green Deal” con cui l’Europa vorrebbe affrontare l’enorme tornante dell’emergenza climatica.
In questo quadro le difficoltà possono aumentare per il risultato specifico di alcune forze politiche. Già nei giorni scorsi, a margine delle ultime riunioni della Commissione, tutti sottolineavano i pericoli di un coinvolgimento dei liberali in un futuro governo. La linea del partito di Lindner, infatti, è sempre stata segnata da un fermo rigorismo in politica economica. Lo “scalpo” che potrebbero chiedere per appoggiare un esecutivo — sia a guida Spd che Cdu — sarebbe quello di respingere qualsiasi ipotesi di rivedere il Patto di Stabilità. Assestando così un colpo a tutte le attese di Italia, Francia, Spagna e molti altri. L’apprensione opposta riguarda i Verdi. Se, come è accaduto già nel recente passato, la leader ambientalista reclamasse il portafogli degli Esteri, a Bruxelles considererebbero più complicato affrontare appunto il capitolo Difesa e quello dei nuovi assetti internazionali con il difficile equilibrio da tutelare nel dialogo con gli Usa e il pressing commerciale della Cina.
Un contesto, dunque, che sta facendo scattare l’allarme rosso nei tre Palazzi europei di Bruxelles. Anche perché l’archiviazione della stagione “merkeliana” significa anche l’indebolimento di Ursula Von Der Leyen. Senza il sostegno della Cancelliera uscente, la presidente della Commissione è già da settimane sotto pressione. Se poi il futuro leader dovesse essere socialdemocratico, lei — popolare — perderebbe ulteriormente peso. E la confusione in Germania si rifletterebbe sempre su di lei in quanto tedesca. Senza contare che nessun premier dei “grandi” viene dal Ppe. Una novità per l’Europa, un colpo per la Von der Leyen. Che, infatti, sta già cercando una sponda con Roma e Parigi per parare la botta. Un ulteriore fattore, insomma, di cambiamento dall’esito imprevedibile. Per di più il tutto si riverbererà inevitabilmente sugli equilibri politici delle istituzioni comunitarie. Un elemento che per molti favorirà a gennaio — quando si dovranno rinnovare le cariche per la seconda metà del mandato — lo status quo. Compresa la presidenza del Parlamento europeo per l’italiano David Sassoli.
Ma ci troveremmo comunque davanti a una impasse. Con un’Unione ingessata mentre il resto del mondo ricomincia a correre anche economicamente dopo la crisi della pandemia. Per questo, anche se al momento nessuno ha il coraggio di dichiararlo, molti tifano silenziosamente per la replica della “Grosse Koalition”. Anche mantenendo l’attuale ordine visto che ci sono almeno tre precedenti nella storia tedesca di esecutivi guidati da Cancellieri eletti dal partito arrivato secondo nelle urne. Per Bruxelles, l’alleanza Spd-Cdu sarebbe la soluzione migliore per evitare guai. Ma al momento appare pure la soluzione meno probabile. Sulle conseguenze del voto tedesco, si inizerà a parlare già mercoledì prossimo a margine della riunione collegiale della Commissione. Quella sarà la prima occasione per tastare ufficiosamente i polsi. E poi inevitabilmente il tema spunterà al Consiglio europeo del prossimo 5 ottobre in Slovenia cui prenderanno parte tutti i capo di Stato edi governo. E la Merkel sarà ancora seduta al suo posto.