ROMA – Rosso, rosso, rosso. È rossa l’Assemblea pubblica della Cgil. Lì alle spalle delle Mura Aureliane in quella striscia di asfalto tra il palazzone color salmone, che dalla Liberazione ospita gli uffici della Cgil nazionale, e il sottopassaggio che porta al Muro Torto, a un passo da Villa Borghese.
Ci saranno un migliaio di persone, forse meno. Il gruppo dirigente della Cgil (poco più di trecento sono i membri dell’Assemblea, l’organismo rappresentativo della confederazione), iscritti, militanti, simpatizzanti, studenti, cittadini comuni, anche qualche bambino sulle spalle dei papà, come fosse una domenica normale. Ci sono la Cisl e la Uil.
Tanta politica. Sono rosse le bandiere, rosse le mascherine, rosse le felpe, rosse le magliette, rossi i fazzoletti al collo intrecciati con quelli dell’Anpi, l’associazione dei partigiani, rossi i fratini del servizio d’ordine. Si canta Bella ciao; si grida “Ora e sempre: Resistenza”. È il giorno dopo l’assalto neofascista.
Maurizio Landini, segretario generale, di rosso questa volta ha solo il quadrato della spilla della Cgil sulla giacca del completo grigio scuro. “Cari compagne e compagni, cari amici, voglio….”. Lo interrompono: “Ora e sempre: Resistenza”.
Farà fatica Landini a tenere insieme i temi sindacali, del lavoro, dello sviluppo compatibile con quello dell’antifascismo. Perché questa è una manifestazione antifascista, la prossima ci sarà sabato, 16 ottobre, promossa da tutte e tre le confederazioni aperta a tutte le forze sociali e politiche antifasciste.
Dice Landini, stanco ed anche emozionato: «Se qualcuno ha pensato di intimidirci, di metterci paura, di farci stare zitti, deve sapere che la Cgil, il movimento operaio, hanno sconfitto il fascismo e riportato la democrazia. Non ci fanno paura, non abbiamo nessuna paura. Diciamo le cose come stanno: qui non è in discussione il diritto di manifestare le proprie idee. Ieri (l’altro ieri per chi legge, ndr) è accaduta una cosa molto precisa. C’è stato un disegno premeditato di gruppi organizzati, un’operazione squadrista e fascista. Con la scelta di colpire la Cgil si è voluto colpire tutto il movimento dei lavoratori. Un attacco inaccettabile, una ferita alla democrazia, un’offesa alla Costituzione nata dalla Resistenza. È stato un atto che ha violentato il mondo del lavoro e i suoi diritti».
Alla sua destra la tapparella della finestra è divelta, un po’ più su penzolano i cavi delle telecamere di sorveglianza strappati a mano dagli assalitori la sera precedente. Sono entrati proprio da quella finestra. Accanto c’era il grande manifesto, con lo sfondo rosso, per ricordare i cento anni di Luciano Lama. È stato strappato anch’esso. Dalla finestra alla portineria di Corso d’Italia 25.
È ancora tutto a soqquadro. I cavi dei telefoni sono stati tagliati, gli apparecchi buttati per terra, i computer spaccati, le sedie sfregiate, i monitor scaraventati a terra. La foto in bianco e nero di Giuseppe Di Vittorio, appesa su una colonna in alto, è rimasta intatta. Dall’interno hanno poi aperto il portone centrale. Da lì sono penetrati a decine con la voglia di rompere tutto.
Scene simile all’assalto di Capitol Hill a gennaio, a Washington. Al piano terra a sinistra, poco prima degli ascensori c’è una tela che Ennio Calabria, pittore romano, ha donato alla Cgil. Ora ha un taglio proprio al centro. Rappresenta un gruppo di lavoratori che reggono da dietro un enorme paracadute rosso. È del 1973, “Senza titolo”. L’Istituto centrale del restauro lo rimetterà a posto dopo la richiesta del ministro Dario Franceschini.
È al piano terra che si sono scatenati gli assalitori. Nella furia si sono feriti anche loro, probabilmente con i vetri delle finestre rotte o con le schegge di legno delle porte spaccate. Ci sono tracce di sangue sui pavimenti, sulle scrivanie, sui libri buttati per terra, sulle pareti, sugli stipiti delle porte, sul marmo che lastrica l’ingresso. L’opera di Calabria non è di particolare valore. I neofascisti non si sono accorti, invece, che quello a pochi metri di distanza è un Guttuso. Ne hanno scalfito solo la cornice.
Hanno attaccato anche l’area del server della Cgil. Solo oggi si capirà l’entità del danno. Ieri è crollato il sito della Cgil. Forse sono saliti anche ai piani superiori ma non ci sono danni visibili. Sempre al piano terra è stata devastata l’area della comunicazione.
Buttati giù gli armadietti e le cassettiere, prese a calci le stampanti, lanciati tutti i libri a terra (lì c’è la casa editrice della Cgil, Ediesse), strappati i quadri e i manifesti delle storiche manifestazioni sindacali, pestate le tastiere dei computer, sollevate le scrivanie. Vetri rotti dovunque. Calcinacci. Un piccolo divano nero era stato messo davanti alla porta che conduce agli ascensori principali. “Qui si fa la storia”, ha scritto un neofascista su un’agenda da tavolo di una scrivania rimasta apparentemente indenne.
Landini chiede a tutti di esserci sabato prossimo in piazza a Roma. Quando Francesco Lollobrigida, capogruppo di Fratelli d’Italia, si avvicina per portargli la solidarietà di Giorgia Meloni, il leader della Cgil lo saluta ma resta gelido. Nemmeno una parola. Meloni è a Madrid, ospite d’onore alla convention di Vox, il partito neo-franchista.
Alla fine tutti in coro Bella ciao. Pugni chiusi in alto. Anche quello di Landini. Si alza lo striscione: “La Costituzione è antifascista”