ROMA – Spunta l’Ape contributiva nel pacchetto pensioni della prossima legge di bilancio. Lo conferma il presidente dell’Inps Pasquale Tridico, primo suggeritore di questa formula di flessibilità in sostituzione di Quota 100 in scadenza alla fine dell’anno. In buona sostanza si tratta di mandare in pensione quanti hanno maturato almeno 20 anni di contributi e grazie a quelli possono contare su un assegno previdenziale di almeno 1,2 volte l’assegno minimo, all’incirca 618 euro al mese.
Come funziona
Ebbene questi lavoratori potranno uscire subito a 63 o 64 anni, ma incassando solo la parte di pensione contributiva accumulata sino a quel momento, posticipando di qualche anno il recepimento della pensione intera, ovvero anche della parte di pensione retributiva, alla maturazione dei requisiti di vecchiaia (67 anni più gli adeguamenti alla speranza di vita). “Si tratta di un’ipotesi pienamente sostenibile dal punto di vista finanziario perché non grava sui conti dello Stato”, dice Tridico.
Quanto si prende subito
Un’elaborazione di Progetica che prende in esame un nato nel 1960 con reddito attuale di 1.800 euro netti al mese mette a confronto l’ipotesi Tridico e quella di un contratto di espansione, opzione a disposizione delle aziende per anticipare l’uscita dal lavoro. Con “l’Ape contributiva” il pre-pensionato di 62 anni percepirebbe un assegno subito di 847 euro netti al mese e uno pieno a 67 anni di 1.253 euro. Una differenza non trascurabile: il prezzo per lavorare cinque anni in meno.
Le simulazioni di Progetica sull’ipotesi Tridico
Quanti interessati
Il presidente dell’Inps ha poi stimato una possibile platea interessata a questa misura: “circa 50 mila nel 2022, 66 mila il secondo anno, 87 mila il terzo anno, per un costo nel primo anno pari a 453 milioni, 935 nel secondo, 1.134 nel terzo, ma il costo è dovuto unicamente all’anticipazione di cassa dei flussi”. Di fatto, il costo è zero: perché i lavoratori anticipano la pensione che hanno accumulato con i loro contributi.
La Super Ape sociale
L’Ape contributiva potrebbe affiancarsi, nella prossima legge di bilancio, a un’altra forma di anticipo a 63 anni dell’uscita e cioè la Super Ape sociale, allargata a “30 codici in più” relativi a categorie di lavoratori gravosi, dai 15 di oggi: tra questi conduttori di impianti, saldatori, operai forestali ma anche estetisti. Secondo Tridico, prorogare al 2026 e allargare l’Ape sociale costa “126,7 milioni per il 2022, 331,1 per il 2023, 520,7 per il 2024, fino a un picco di 805,3 milioni nel 2025”. E dunque: un miliardo in tre anni e 800 milioni a regime.
Quota 41 e riscatto laurea
Tridico, in audizione alla Camera, ha poi stimato altre soluzioni che sono sul tavolo della discussione politica. Come Quota 41, cara alla Lega e caldeggiata anche dai sindacati: l’uscita dopo 41 anni di contribuzione a prescindere dall’età. “Costerebbe nel primo anno 4,3 miliardi, 5,99 miliardi nel 2023, 5,86 miliardi nel 2024 fino a superare i 9 miliardi nel 2029”, dice il presidente Inps. Anche il riscatto gratuito della laurea viene giudicato “molto costoso”, intorno ai “4-5 miliardi di euro ogni anno, una spesa molto importante”.
Quanti sono i retributivi puri
Il numero di lavoratori ancora totalmente nel vecchio sistema retributivo (prenderanno come pensione in base agli ultimi stipendi) si sta assottigliando. Tridico dice che sono 297.320 al 31 dicembre 2020. Parliamo di quei lavoratori che avevano almeno 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995 e che hanno mantenuto il retributivo fino all’entrata in vigore della legge Fornero: 167.130 uomini e 130.190 donne. Di questi circa 33 mila hanno meno di 60 anni.