Scontri No Pass a Roma: altro che complotto, un rapporto della Digos prova gli errori in piazza

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I fatti del 9 ottobre, con l’assalto squadrista di Forza Nuova alla sede della Cgil, non nascondono nessun complotto ai danni della destra politica del Paese. Più semplicemente, provano – e ora lo si può documentare – un errore nella gestione dell’ultimo miglio di ordine pubblico in un pomeriggio e una notte da dimenticare. Un errore che, a posteriori, risulterà catastrofico sul piano materiale, simbolico, politico. Lo stesso che, come testimonia un’annotazione interna redatta della I sezione della Digos della Questura di Roma (II Settore Destra Antagonista) alle 6 del mattino di domenica 10 ottobre – e dunque in un tempo non sospetto – viene immediatamente ammesso ma che, quel pomeriggio di sabato, nessuno mette in conto.

Conviene dunque tornare a quel sabato e a Piazza del Popolo dove, con una certa sorpresa della Questura e della Prefettura di Roma i numeri di chi è sceso in piazza superano di molto le previsioni, complice anche la giornata e l’effetto calamita che il comizio di Forza Nuova e No Pass ha esercitato su quanti incrociano nel centro storico. Sono “15 mila persone”, si legge nell’annotazione della Digos. Non poche, se solo si pensa che l’intera piazza non riesce a contenerne più di 25 mila.

Le direttive ricevute dai reparti di polizia in piazza sono le stesse che, da anni, dopo la lezione del G8 di Genova, governano la gestione dell’ordine pubblico e dunque quelle cui devono aderire le decisioni dei funzionari chiamati a muovere i reparti mobili in tempo reale, tenendo conto dell’evoluzione del contesto che li circonda. Sono direttive che si ispirano a due principi. Il primo: il rapporto di forza tra polizia e manifestanti. Il secondo: lo stato dei luoghi in cui avviene il confronto. Sono, di fatto, due principi che definiscono una strategia di ordine pubblico volta alla “riduzione del danno”, a isolare e separare i violenti. Dove lo scontro è l’ultima delle risorse e va accettato solo in un contesto favorevole.

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Ebbene, quel pomeriggio, ministero dell’Interno, Questura, Prefettura, conoscono alla perfezione quali siano le intenzioni di Forza Nuova (quelle che – come ha raccontato Repubblica nei giorni scorsi – documenteranno le chat Whatsapp negli smartphone degli arrestati). Non fosse altro perché di tipi che chiacchierano tra i neofascisti ce n’è più d’uno. L’obiettivo è dare l’assalto a Palazzo Chigi, replicando il format di Capitol Hill. Per questo è stata autorizzata soltanto una manifestazione statica. Per questo il palazzo del governo è stato sigillato e a protezione dei suoi ingressi sono stati disposti dei blindati.

La posizione di Piazza del Popolo obbliga, del resto, i No Pass e Forza Nuova, per raggiungere palazzo Chigi, a un percorso (via del Corso o via del Babuino) che, a dispetto dei numeri dei manifestanti, dà ai reparti un vantaggio sia in termini di rapporti di forza, che di conformazione dei luoghi. Il che a figuri non di primo pelo come Castellino e Fiore, o all’ex Nar Aronica, non sfugge. Chiunque provi a infilarsi dentro via del Corso non farà (come i fatti dimostreranno) molta strada. Per questo, si legge nell’annotazione della Digos, “verso le 17.30, attesa l’insistente richiesta dei numerosissimi manifestanti attestati in piazza del Popolo, viene loro permesso di effettuare un percorso dinamico verso la sede della Cgil”. L’idea di chi in quel momento deve dare semaforo verde è che l’improvvisato “corteo dinamico” offra due vantaggi. Allentare la pressione della folla in direzione di Palazzo Chigi, spostare e isolare Forza Nuova e la parte più aggressiva della piazza verso il quartiere Trieste, lontano dal quadrilatero dei palazzi della Politica. Il che darà tempo di disporre in strada un “dispositivo di protezione” della sede del sindacato.

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di

Alessandra Ziniti

13 Ottobre 2021

È una scommessa che non premia. Anche perché – come annota ancora la Digos – la Questura prende in parola Giuliano Castellino, il leader di Forza Nuova che guiderà di lì a poco la devastazione della sede del sindacato. Non immaginando, forse, che quello che il neofascista promette è una frottola. O, peggio, sottovalutandolo. Si legge: “Il fine del percorso dinamico, così come richiesto dal leader romano di Forza Nuova, è un incontro con un rappresentante della Cgil”.

Che le intenzioni di Castellino siano diverse da quelle manifestate alla Questura al momento di muoversi da Piazza del Popolo lo si capisce nel momento in cui, in centinaia, i manifestanti imboccano viale Washington per arrivare in piazzale del Brasile. Scrive la Digos: “Si provvedeva a effettuare uno sbarramento di mezzi della polizia per non causare il blocco del traffico veicolare”. Ma l’iniziativa si rivela improvvida. Perché – appunto – contraria al principio del “rapporto di forza” e a quello di “stato dei luoghi”. I manifestanti, infatti, sono troppi. E troppo pochi gli agenti a protezione dell’improvvisato sbarramento. Troppe, soprattutto, sono le vie di fuga.

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È dunque qui, in piazzale del Brasile, che “si verificano serie problematiche per la tenuta dell’ordine pubblico, con attacchi ai convogli della polizia”. È qui, soprattutto, che i manifestanti si separano prendendo strade opposte per dividere ulteriormente i già pochi reparti di polizia e carabinieri che li controllano. Una parte del corteo piega verso via Veneto. L’altra, guidata dalla falange neofascista di Forza Nuova, si dirige verso la sede della Cgil in corso d’Italia 25. Dove si consuma l’ultimo errore. Quello che marchierà per sempre quel sabato.

I blindati che proteggono la sede della Cgil vengono tenuti sulle ali dell’edificio, consentendo alla folla di mazzieri di cominciare a premere sull’ingresso del palazzo e a costringere un sottile cordone di polizia a rinculare, fino al suo cedimento.

Il resto, è noto. Nella notte tra sabato e domenica Castellino e Fiore, insieme ad altri 10 tra neofascisti e No Pass, verranno arrestati “in flagranza differita”. La leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni e, con lei, Matteo Salvini, cominciano a lavorare alla tesi del complotto. Tanto più grave in quanto sprovvista di un qualsiasi straccio di prova. Come dimostra appunto la nota Digos delle 6 del mattino di domenica 10 quando è la stessa Questura a fotografare e documentare cosa non abbia funzionato e perché. Una nota, per altro, cui è allegato un dvd con 12 file video.

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