Carlo Calenda: “Serve un fronte da Bersani a Giorgetti per Mario Draghi a Palazzo Chigi”

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Carlo Calenda, perché non le piace lo schema “da Calenda a Conte” proposto da Enrico Letta?
“Perché è vecchia politica. Il Movimento è imploso. S’insegue qualcosa che rischia di non esserci più a breve. Solo a Roma la mia lista ha preso più voti di tutte le liste Cinquestelle messe insieme in Italia”.

I Cinquestelle non hanno dimostrato di essere affidabili col governo Draghi?
“Quali? Quelli populisti alla Virginia Raggi, Beppe Grillo e Alessandro Di Battista? O quelli governisti? Quest’ultimi, comunque, propongono cose per me inaccettabili come i tamponi gratis e il reddito di cittadinanza perpetuo. Col grillismo non si può governare”.

Qual è allora il suo schema?
“Intanto andarsi a prendere i voti dell’Italia seria, quella che si è stancata di una politica che urla per finta. Ricordo che Giorgetti e Bersani governano insieme, e sono entrambi persone serie. Oggi la frattura passa su un crinale diverso dal passato, chi crede nella democrazia liberale e chi no. Letta è più vicino a Carfagna che alla Raggi”.

Giorgetti quindi dovrebbe lasciare la Lega?
“Dovrebbe sì, oppure contendere la leadership a Salvini”.

Non ha citato Renzi.
“Con gli amministratrori di Italia viva ho collaborato bene a Roma. E abbiamo eletto insieme cinque consiglieri. Porte aperte a chi vuole lavorare con noi. Ma non alleandosi con Micchiché e i Cinquestelle, a seconda dei Comuni, mischiando politica e business”.

Il centro è in fermento. Mastella sta già organizzando una convention a Roma.

“Ma per favore, Mastella! Faccia il sindaco di Benevento. Non è la mia strada”.

Non è un mondo che ha dimostrato di avere un suo spazio politico?
“Non c’è nostalgia di moderatismo ma pragmatismo. Non un centro fritto misto che vuol fare l’ago della bilancia, ma un motore di radicale cambiamento del Paese”.

Nel concreto lei cosa immagine?
“Una coalizione che crede nella democrazia liberale, nell’europeismo, pragmatica, competente. Una cosa che non può essere schiava dei tumulti di Raggi, Grillo, Salvini”.

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Lei ha fatto benissimo a Roma, ma adesso deve dimostrare di saper crescere nel resto d’Italia.
“Certo, ma tutto è in cambiamento. Non guardate la politica dal retrovisore. Abbiamo riempito piazza del Popolo più della Meloni, perché le persone hanno sentito passione e  idealismo. Questa è la scommessa. Farò un tour per fare conoscere le mie idee. Quelle di una forza liberal socialista, un pensiero che ci accomuna a Mario Draghi”.

I suoi avversari potrebbero dire di lei che prima di porre condizioni dovrebbe dimostrare di avere anche i voti necessari.
“È vero che ho preso molti voti alle Europee e alle comunali, ma devo ancora dimostrare di saperlo fare in Italia”.

Ha proposto il governo Ursula per Draghi premier dopo il 2023. Ma ci sono i Cinquestelle in quella coalizione. Non è una contraddizione?
“Col cavolo. Quell’elezione li ha fatto esplodere. Vedrà che succederà anche qui”.

Letta non vuole rinunciare a Conte.
“Lo capisco in questa fase, ma Enrico deve tornare al suo governo del 2013, va riproposta adesso come formula per governare l’Italia dopo le prossime politiche”.

E Berlusconi ha ribadito di voler stare con Salvini e Meloni.
“E allora Forza Italia non potrà essere più il riferimento dei liberali e popolari europeisti. Non puoi tuonare contro i sovranisti a Bruxelles e alleartici qui”.

Con chi dialogherebbe nei Cinquestelle?
“Patuanelli e Todde sono bravi”.

Cosa ha capito delle amministrative?
“Che gli italiani si sono stancati del rumore. Vogliono gente capace. La pandemia ha chiuso un capitolo”.

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È favorevole alla legge proporzionale?
“Sono a favore al doppio turno della legge delle comunali, ma nessuno la vuole fare e allora meglio il proporzionale rispetto a questo bipolarismo che ha fatto declinare il Paese per trent’anni”.

A Roma il suo gruppo si è già spaccato, i renziani vorrebbero appoggiare Gualtieri. Com’è possibile?
“Non è così. Dobbiamo rispettare la parola data agli elettori. Saremo all’opposizione di Gualtieri, costruttiva, dialogante, ma comunque minoranza”.

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