WASHINGTON – Steve Bannon va processato. Lo ha deciso la Camera che si è pronunciata a favore dell’incriminazione dell’ex stratega di Trump, colpevole di oltraggio al Congresso per essersi rifiutato di testimoniare davanti alla commissione d’inchiesta sull’assalto a Capitol Hill.
La mozione è passata con 229 voti a favore e 202 contrari. I democratici hanno votato in modo compatto. Nove repubblicani hanno detto sì all’incriminazione: tra loro figurano la vicepresidente della commissione, Liz Cheney e Adam Kinzinger, già isolato dal resto del partito per essersi schierato a favore dell’impeachment di Donald Trump.
(reuters)
Greg Pence, fratello dell’ex vicepresidente Mike Pence, la cui impiccagione era stata uno degli ‘obiettivi’ degli insurrezionisti, non ha votato. La decisione della Camera ha più un valore politico che pratico. La Speaker Nancy Pelosi informerà formalmente la procura di Columbia District, competente per Washington, che a sua volta chiamerà in causa il Grand Jury.
Il dipartimento Giustizia può decidere se accogliere la richiesta e avviare un’indagine approfondita su Bannon. In caso di incriminazione e condanna, l’ex stratega di Trump rischia fino a dodici mesi di carcere o centomila dollari di sanzione, ma è difficile che qualcuno finisca in prigione. Spesso una procedura del genere richiede anni. La Camera, a guida democratica, ha però voluto lanciare un messaggio: chi si rifiuta di rispondere alla convocazione del Congresso, rischia un procedimento penale.
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dalla nostra inviata
Anna Lombardi
10 Febbraio 2021
Il ministro della Giustizia Merrick Garland ha dichiarato che il suo dipartimento prenderà in esame il caso, ma nel corso di un’audizione davanti alla commissione Giudiziaria della Camera non ha indicato quale sarà la sua decisione. “Il dipartimento – ha spiegato – farà quello che si fa sempre in queste situazioni, si atterrà ai fatti e alla legge e deciderà”. Altri tre personaggi dell’entourage di Trump si trovano nella stessa situazione di Bannon: l’ex capo dello staff presidenziale, Mark Meadows, l’ex vice capo Daniel Scavino e l’ex capo dello staff del Pentagono Kash Patel.
Nessuno, al momento, è disposto a presentarsi a testimoniare. Ma Bannon ha un peso diverso: avrebbe avuto un ruolo chiave nell’assalto al Congresso. Secondo la repubblicana Cheney, dall’inchiesta del Congresso sarebbe emerso come l’ex stratega fosse a conoscenza in anticipo del piano per assediare Capitol Hill.
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a cura di
Francesca Caferri
,
e Silvia Luperini
06 Gennaio 2021
Bannon, che seguì l’assalto del 6 gennaio da una ‘war room’, allestita in un hotel vicino alla Casa Bianca, avrebbe anche “recitato un ruolo di organizzatore”. In un podcast registrato il 5 gennaio, Bannon aveva detto: “Tutto l’inferno si scatenerà domani… così dicono molti. Amici, se io fossi in una rivoluzione, sarei a Washington. Bene, questo è il vostro momento per entrare nella storia”.
Questa idea della Bastiglia non è nuova. Due mesi prima, subito dopo le elezioni presidenziali, Bannon aveva sostenuto che l’epidemiologo Anthony Fauci e il direttore dell’Fbi Christopher Wray dovessero essere decapitati per alto tradimento, intendendo per “tradimento” non aver apoggiato Trump su tutta la linea. Le loro teste, aveva aggiunto il consigliere dell’ex presidente, dovevano essere infilzate in due picche e lasciate appese fuori dalla Casa Bianca.
Bannon e gli altri testimoni si sono appellati al ‘privilegio dell’esecutivo’ invocato da Trump, che ha provato a schermare qualsiasi atto e comunicazioni avvenuti durante le drammatiche ore dell’assalto.