Il proporzionale ha goduto per anni in Italia di una fama paragonabile al mostro di Firenze. La causa della frammentazione, il motore dell’instabilità, l’innesco dell’inciucio, il bengodi dei piccoli partiti, il male assoluto. La reputazione del proporzionale rappresenta il più clamoroso caso di distacco dai fatti e dal principio di realtà, perché proprio mentre un fronte largo e variegato – politica, intellettuali, giornalisti, persino gente di spettacolo – accusava questo sistema elettorale di essere fonte dei guai appeni citati, tutti i sistemi elettorali approvati al suo posto li realizzavano concretamente: coalizioni Arlecchino destinate a sfaldarsi in corso di legislatura (nel 2018 addirittura subito dopo il voto), governi appesi al mal di pancia di micropartiti personali e di forze dello zero virgola, perché per conquistare i collegi uninominali o il premio di maggioranza si è sempre imbarcato di tutto, il partito pensionati e il partito degli automobilisti, i repubblicani di destra e quelli di sinistra, centristi, trotzkisti, cuffariani, vegani, terrapiattisti, Mastella e Turigliatto, il Senador Pallaro e Ciampolillo, persino i fascisti di Forza nuova che, anche se qualcuno lo ha rimosso, nel 2006 erano parte della coalizione di centrodestra.
Se esiste un meccanismo che espone al ricatto del primo che si sveglia la mattina è il maggioritario all’italiana: abbiamo un quarto di secolo di prove provate, eppure abbiamo continuato a essere travolti dall’entusiasmo e dalla furia ideologica dei bipolaristi, da leader che ci spiegavano che l’unica cosa che contava era conoscere il nome del vincitore delle elezioni la sera stessa del voto. Come un giro di bingo. Una mano di poker. Incredibilmente, a dispetto dell’evidenza, sono ancora molti i fan dell’astrazione bipolarista, che ancora sperano di trasformare l’Italia in una democrazia dell’alternanza non con la virtù dell’offerta politica bensì con lo Squid Game delle urne, come nella fortunata serie coreana di Netflix ma con meno divertimento per lo spettatore: tracci una linea per terra, di qua un’armata Brancaleone di là un’altra e via alla rissa elettorale e alle sue nefaste conseguenze parlamentari.
Ora pensate al virtuale Squid Game del 2023: da una parte Letta, Bersani, Fratoianni, Conte, Calenda, Renzi e Bonino, dall’altra parte Berlusconi, Salvini, Meloni, Cesa e Brugnaro. Spostate pure qualche pedina nel campo avverso, se ritenete, l’effetto non cambia. Un proporzionale con sbarramento avrebbe l’effetto di sfrondare il campo di almeno metà dei nomi fatti e darebbe ai partiti la possibilità di concordare governi con un capo e una coda. Cioè l’essenza della democrazia parlamentare, o della democrazia punto, quella che in tutti questi anni è stata presentata come inciucio, complotto e golpe dai populisti dell’establishment, quelli che hanno aperto la strada ai populisti dichiarati.
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