Viaggio nella galassia dei No Vax che hanno rinunciato a vivere: “Non vado a lavoro, non viaggio e non compro nulla”

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Resistere è il loro imperativo. Fino al 31 dicembre, quando, forse, “lo stato di emergenza cesserà”, dicono. Anzi sperano. Magari tirando la cinghia, tagliando le spese, perché quando arriva la lettera di sospensione e lo stipendio scompare, i conti tocca pure farli. E la botta, confessano in molti, è forte. Vita quotidiana da No Pass, da irriducibili Anti-Vax, da disobbedienti in trincea, oppositori di quello che definiscono “il grande fratello Qr Code”, cioè “l’occhio indiscreto e spione delle nostre giornate”.

Storie di chi ha pervicacemente deciso di cancellare dalla propria esistenza non solo il lavoro, ma anche i treni, gli aerei, la palestra, il cinema, i ristoranti al chiuso, la riunione con le maestre dentro la scuola, addirittura la vita sociale. Ci sono i nomi più famosi, come il magistrato Angelo Giorgianni, auspicava, dai palchi No Vax, insieme a Forza Nuova, “un processo di Norimberga contro lo Stato” reo, secondo il magistrato calabrese di aver addirittura causato la pandemia. Ecco, da due giorni, Giorgianni è stato sospeso “in via cautelare da incarico e stipendio”.

C’è Nunzia Schilirò, poliziotta anche lei sospesa dalle sue funzioni, dopo aver invitato la folla, dal palco di San Giovanni a Roma lo scorso settembre, “alla disobbedienza civile contro il Green Pass”. “Non indietreggio, difenderò la libertà” ha detto la vicequestora Schilirò. E poi ci sono gli altri. Anonimi. Senza pubblico. Esercito silenzioso e dissenziente. Fabio e Manuela che hanno deciso di andare a vivere in campagna con il loro bambino. “Non ci vaccineremo mai. Abbiamo preso l’aspettativa e proveremo a fare i contadini”. C’è Roberta Salimbeni, prof No Pass di Fabriano, oggi senza stipendio, che per mantenere i figli attinge ai risparmi di una vita.  Francesca, che non vede più nessuno. “Mi trattano da appestata”. E il medico di base, sospeso, insieme ad altri millecinquecento contrari al vaccino anti Covid.

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di

Michele Bocci

Alessandra Ziniti

21 Ottobre 2021

Resistere, appunto, è il loro motto. Anche oltre la logica. Sentendosi eroici perché nemici del sentire comune. Convintissimi  testardamente delle proprie certezze  suffragate spesso da una lettura “alternativa” (mistificata per gli scienziati) di dati, ricerche, letalità dei vaccini e cure possibili “ostacolate da Big Pharma”, nel perenne sospetto che la pandemia nasca da un “complotto” globale. Entrando però oltre il proscenio delle manifestazioni  nelle vite normali dei No Pass, si vede che la disobbedienza, com’è naturale che sia, ha un prezzo alto.

“La scuola mi ha sospesa ma resisto ancora”

Lo ammette lucidamente Roberta Salimbeni, docente di Lettere in una scuola media di Fabriano, sospesa dall’ufficio scolastico perché non vaccinata e dunque senza il Green Pass obbligatorio per insegnare. “Non ho accettato il ricatto, mi rifiuto di fare i tamponi per andare in classe, ho avuto il Covid, ho gli anticorpi, questo vaccino non è sicuro e il Green Pass è anticostituzionale. Ho due figli che mantengo, senza stipendio la vita è diventata dura, oggi andiamo avanti attingendo ai pochi risparmi che avevo, tagliando tutto, vivendo di poco, ce l’ha insegnato il lockdown che possiamo anche non comprare nulla. Non ho bisogno di prendere treni o aerei, mi sposto in auto”.

La corda però è già tirata al massimo. “Dicono che lo stato di emergenza finirà il 31 dicembre, fino ad allora posso resistere senza stipendio, oltre no, sarà impossibile. Se l’obbligo di Green Pass verrà prorogato sarò obbligata a tornare a scuola facendo i tamponi, 30 euro a settimana, sarà una sconfitta, ma lo farò per i miei figli, per i ragazzi della terza media che hanno bisogno di me, non per i colleghi da cui non ho ricevuto alcuna solidarietà. E perché insegnare è nonostante tutto, una passione”.

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“Senza Green Pass ho tagliato tutto, ma vado avanti”

Il lockdown appunto, come dice Roberta Salimbeni. Mitigato, un po’ più libero, ma la condizione di molti No Pass sembra essere questa: ritiro dal mondo. Almeno è quello che si evince ascoltando Francesca, 45 anni, un ruolo importante in una agenzia di comunicazione, una figlia di 8 anni, Marina. Vivono a Roma, a Trastevere, in una piccola casa con due, amatissimi, gatti. “Non faccio più nulla, non vado a teatro, non vado al cinema, ho cancellato l’iscrizione in palestra, anche frequentare gli amici è diventato difficile, se non sei vaccinata ti trattano da appestata, da pazza. Due giorni fa, incredibile, mi hanno chiesto il Green Pass anche alla cassa del supermercato. Non è fuorilegge? Vuol dire che se mi impediranno di fare la spesa nella grande distribuzione ripiegherò sulla filiera dei gruppi d’acquisto. Tutto questo è assurdo, lo vivo con estrema sofferenza, ma non mi piegherò né al vaccino né al Green Pass”.

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Ragiona Francesca: “La mia disobbedienza civile non è tanto legata al vaccino, nel quale non ho alcuna fiducia, però chi vuole farselo se lo fa, quanto al Green Pass. Fino a quanto lo Stato, in un sistema democratico, può intervenire sulle scelte dei cittadini rispetto al proprio corpo? Chi garantisce ai cittadini che lo stesso stato di emergenza non venga usato per introdurre regole antidemocratiche? La risposta che mi sono data è che lo Stato ha violato la nostra integrità”.

E’ la linea di molti No Pass, tra i quali ad esempio lo storico Alessandro Barbero o  Massimo Cacciari, vaccinato eppure dichiaratamente, filosoficamente, contro l’obbligo di Pass. “Sono vaccinato, il Green Pass a questo punto ce l’ho e se me lo chiedono, lo faccio vedere. Mica faccio polemica con il bigliettaio del treno o il ristoratore che sommessamente mi chiede mostrarglielo. Ma si tratta di una operazione sbagliata e discriminatoria, derivata dalla colossale ipocrisia di non aver imposto l’obbligo vaccinale, per il semplice motivo che con ogni probabilità la Corte Costituzionale lo avrebbe rimandato indietro. Ed è un assoluto sopruso sospendere dal lavoro chi non ha il Green Pass. Ho molti amici medici che la pensano come me, terrorizzati di esprimere il loro parere per il clima intimidatorio che c’è nel Paese. Con un gruppo di giuristi, filosofi e medici stiamo scrivendo un documento che dimostrerà, sul fronte del diritto, l’illegalità del Green Pass”.

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“Sono vaccinata, però il Pass non lo mostro per principio”

C’è chi però, pur immunizzato, ha scelto, comunque, la protesta estrema. Elena Destrieri, tecnica radiologa dell’ospedale di Legnano, vaccinata, è stata sospesa senza stipendio perché si è rifiutata di esibire il Green Pass all’entrata dell’ospedale. “La direzione sa che sono vaccinata – ha raccontato Elena Destrieri ad alcune testate locali – però io tutti i giorni, da buona pecora, per poter accedere al mio lavoro devo andare a far scannerizzare il Qr code. Dicono che sia una misura sanitaria, ma non vedo niente di sanitario in questa questione. Ritengo invece sia un’inaccettabile limitazione della libertà personale. La mia è una battaglia di principio, che sto portando avanti pur sapendo che potrebbe danneggiarmi: amo tantissimo il mio lavoro e, come tutti, ho bisogno dello stipendio. Ma siamo arrivati a un punto tale in cui non potevo più tacere”.

Mariano Amici, medico di base di Ardea, è uno dei circa 1500 medici italiani sospesi perché non vaccinati. Racconta: “Sono senza stipendio dal 14 settembre scorso, ho fatto ricorso, terrò duro fino al 31 dicembre quando spero che il Governo faccia decadere l’obbligo di Green Pass. Però sia chiaro: non sono contro i vaccini, ho iniziato la mia carriera come ufficiale sanitario. E’ di questo farmaco che non mi fido, non intendo fare da cavia. Ho avuto molti pazienti con il Covid, li ho curati a domicilio, sono guariti, non ho avuto alcun decesso. La Asl tutto questo lo sa, eppure sono stato ingiustamente sospeso”.

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“Basta imposizioni, noi ci ritiriamo in campagna”

La galassia della disobbedienza No Pass e No Vax è multiforme. Si va dall’antiscienza al misticismo, dalla disobbedienza civile all’antagonismo. Il risultato, però, è muro contro muro. Dalle storie intime alle storie pubbliche. Fabio e Manuela, giovane coppia con un bambino di tre anni, hanno scelto di rifugiarsi nella loro casa in campagna in provincia di Viterbo. “Non ne potevamo più della pressione intorno a noi. Dalla famiglia ai colleghi di lavoro. Noi non ci vaccineremo mai, anche se al bimbo i vaccini d’obbligo li abbiamo fatti, pur con grande angoscia. Lavoriamo entrambi in un ente pubblico e abbiamo preso l’aspettativa. Abbiamo qualche risparmio da parte, un terreno con ulivi e alberi da frutto, proveremo a capire se può esserci una vita alternativa”. Second life. Chissà.

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