Droga dello stupro, il mistero del senatore con il Ghb dentro casa ma mai identificato

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La cravatta gettata in terra, la bottiglia di champagne prosciugata, un flaconcino di droga dello stupro sul comodino e in fondo, sfocato perché nessuno possa riconoscerlo, er senatore, feticcio dell’ennesima storia di grande bellezza corrotta – stavolta – a colpi di fentanyl e cristalli.

L’uomo del mistero colora di giallo l’inchiesta condotta dai carabinieri del Nucleo per la tutela della salute che ha portato all’arresto 39 persone, di cui 11 in carcere e 28 ai domiciliari, per autoriciclaggio, importazione e traffico di “nuove sostanze psicoattive”, e aggiunge alla trama del crime il personaggio che non può mancare.

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Romina Marceca

Andrea Ossino

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Per la “famiglia romana” (come Clarissa Capone, uno dei principali indagati dell’inchiesta, definisce la banda delle droghe sintetiche), il politico è un cliente da coccolare, e infatti alle 13:05 del 17 ottobre del 2019 Danny Beccaria (il gestore del giro nella capitale) telefona alla donna perché c’è una vendita da chiudere.

“Ce stava er senatore che je servivi” le dice. “Il senatore?” domanda Clarissa. “Quello lì di lungotevere”. “Ah, il politico”. “Eh sì, amo’”.

Poco dopo, alle 14:50, lo stesso Danny chiama Rosa Trunfio, un medico odontotecnico con precedenti accusato di rifornire lo spacciatore, avvisandola che si sta muovendo per raggiungere la casa del senatore. “Io amore sto andando… dal politico, quello lì che abita davanti alla Corte di Cassazione”.

Nessuno sa il suo nome perché secondo gli inquirenti non è stato possibile identificare l’identità del politico, “verosimilmente – scrive il giudice per le indagini preliminari Roberto Saulino – un senatore della Repubblica”. Una circostanza che ha reso tutto più complicato, come già accaduto nel passato recente della storia italiana, quando l’incriminazione di un politico è stata bloccata dalla giunta per le autorizzazioni a procedere delle Camere.

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28 Ottobre 2021

Rimane allora la marionetta senza nome e cognome, e basta quella per piombare in una scena di Romanzo Criminale, sulla lampadina che illumina la silhouette del politico mentre tira cocaina. Quarant’anni dopo la polvere bianca è stata sostituita dal “profumo”, come gli spacciatori chiamano il GBL, e le banconote da centomila lire dai bitcoin, ma il profilo oscurato dell’uomo in grigio è rimasto quello. E insieme ad esso la platea delle maschere di un’antica commedia: l’attore, il giornalista, lo sbirro. Sono loro i clienti di Clarissa Capone, la 30enne che è entrata nel giro giusto e si fa bonificare i soldi della “roba” in Lussemburgo.

“Io sono proprio arrivata – dice nel dicembre del 2019 a un amico. – Calcola che quando ci stava il festival del cinema io là ci andavo con lo zainetto pieno… cioè ci stavano i giornalisti… ci stava di tutto e di più… e di là poi sono arrivata a un politico. Perché giustamente, da che ti fai il giornalista, poi comunque la voce si spande e la voce è arrivata pure all’assistente di un politico. Sapeva quello che facevo e quando gli serviva la merce mi chiamava”.

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“A qualcuno importante sei arrivata?” le domanda l’amico curioso. “Sì, calcola che parlavo con l’assistente poi quando arrivavo a casa ci stava il politico… hai capito? Quindi pensa che cazzo ero!”. Al momento del dialogo alcuni complici della donna sono stati già arrestati, mentre Danny Beccaria sarà arrestato di lì a poche settimane. Tutti intorno a lei “sono stati bevuti”, tutti tranne la zarina di Roma, convinta che proprio il rapporto con il politico l’abbia resa invincibile.

“Qui tutti sono andati a finire in gattabuia – racconta – tutti quanti, io no. Io ero anche molto più potente di voi visto che… c’avevo politici, gente importante, capito?”.

La “famiglia romana” era capace di arrivare in alto nel mondo borghese della capitale. Non solo “personalità politiche, ma anche conduttori radiofonici e appartenenti alle forze dell’ordine”. Tutti anonimi, tutti non identificati, tutti personaggi laterali di un crime dal finale scontato.
 

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