Una fila di persone legata ad un finto filo spinato con indosso pettorine che ricordano le tute a righe fatte di stracci dei deportati di Auschwitz. Va in scena così la protesta No Green Pass a Novara che ieri pomeriggio ha sfilato in centro sotto i palazzi del Comune, della provincia e della Prefettura sollevando lo sdegno della comunità ebraica. “Davanti a farneticazioni come quelle di Novara non è possibile invocare la libertà d’espressione garantita dalla Costituzione. Paragoni impossibili come quello cui abbiamo assistito costituiscono un assoluto abuso e un’offesa alla Memoria, che non è solo Memoria ebraica ma patrimonio comune di una società e civiltà. Come spesso denunciato in questi mesi e anni, un presidio valoriale sempre più a rischio e il cui persistente oltraggio a rischio mette anche il nostro futuro”. Lo dice all’Ansa Noemi Di Segni, presidente dell’Ucei, unione delle comunità ebraiche italiane.
Sul caso è intervenuto anche il ministro della Salute Roberto Speranza, ospite della trasmissione “Mezz’ora in più” su Raitre: “Ho visto immagini nelle ultime ore che mi hanno scioccato,con le manifestazioni che richiamano ai campi di concentramento che sono fuori da ogni grazia di Dio. Parlare di dittatura sanitaria mi sembra sinceramente utilizzare in maniera del tutto impropria una parola che bisognerebbe utilizzare con grandissima cautela, prudenza”
Un precedente a Torino
Non è la prima volta che i contrari al lasciapassare vaccinale accostano l’obbligo del Green Pass a una dittatura e in particolare al nazismo: qualche settimana fa a Torino i manifestanti avevano bruciato finti Green Pass che avevano il Qr code modellato a forma di svastica. Nel quindicesimo sabato di protesta a Novara i manifestanti erano circa 150. Hanno sfilato da piazza Duomo verso piazza Cavour e poi nella piazza del Comune. Molti tenevano in mano cartelli con gli sloga della protesta, i soliti che girano per tutt’Italia, contro quella che definiscono una “dittatura sanitaria”, e poi ancora “giù le mani dai bambini” e “stop dittatura”. Gli altri scandivano quelli che sono diventati gli slogan della protesta in molte piazze. Ma quello che ha colpito a Novara è stata la messa in scena ideata sotto le finestre del comune e della prefettura che ricorda la deportazione nei campi di concentramento.