ROMA– Il blu cobalto sparato dai proiettori sfuma il profilo dei leader. Le scale mobili sorvolano il salone della Nuvola passando quasi sopra la testa dei Venti. Mario Draghi prende appunti, è la bozza di quanto dirà due ore dopo alla stampa. “Non è stato facile raggiungere questo accordo – è la linea – Il G20 è stato un successo”. Per alcuni, ad esempio per il segretario generale dell’Onu, il documento dei Grandi non è abbastanza ambizioso. Il presidente del Consiglio pensa altro. Ritiene che si tratti di una “vittoria del multilateralismo”. Aver tenuto Cina e Stati Uniti a dialogare, nonostante tutto. Aver coinvolto anche India e Russia. Aver allineato questi colossi agli impegni dell’Occidente. “È un successo – spiega – nel senso che manteniamo vivi i nostri sogni. Ora la credibilità dipende dalle nostre azioni”.
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di
Anna Lombardi
31 Ottobre 2021
Non è stato semplice. Alla vigilia Draghi temeva che le resistenze di Mosca e Pechino potessero far naufragare il summit, negando anche un testo finale condiviso. E siccome molto ha investito nel ruolo di tessitore, mobilita al massimo delle sue possibilità la sponda euroatlantica per sminare il rischio. Anche i russi, nonostante la faccia feroce, mantengono durante tutto il summit un filo costante con gli sherpa italiani. E Nuova Delhi evita strappi e collabora. Non era scontato, secondo il premier. E infatti distribuisce soddisfazione. “Negli ultimi mesi sembrava che i Paesi emergenti non avessero nessuna intenzione di prendere altri impegni”. E invece qualcosa si è mosso, ad esempio per lo stop ai finanziamenti pubblici delle centrali a carbone: “Abbiamo un’ambizione comune che prima non c’era”.
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di
Claudio Tito
31 Ottobre 2021
Ovvio che si è trattato di una maratona diplomatica. Che l’Europa e gli Stati Uniti chiedevano più coraggio. Ed altrettanto ovvio che Draghi pensa che il percorso sia appena iniziato. L’impegno politico, adesso, va “trasformato in fatti” già durante la Cop26 che si apre oggi a Glasgow. “Molti dicono che sono stanchi del bla bla, io credo che abbiamo riempito di sostanza le parole”. A partire dalle risorse. I cento miliardi di dollari per i Paesi in via di sviluppo sono confermati, l’Italia raddoppierà la “posta” con 7 miliardi in cinque anni. Denaro che può sommarsi agli investimenti dei privati per l’energia verde. “Parliamo di cifre stratosferiche, fino a 140 trilioni”.
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dal nostro corrispondente
Gianluca Modolo
31 Ottobre 2021
L’organizzazione del summit ha funzionato benissimo, Roma ha retto alla grande, Draghi incassa questo successo. Sul fronte delle trattative, invece, la prova è stata più complessa. La formula scelta per la fine delle emissioni – “entro o attorno alla metà del secolo” – non è il 2050 richiesto dall’Europa, ma neanche il 2060 preferito da Putin e Xi Jinping. E consente almeno di sperare, come fa il premier: “L’impegno è oggi un pochino più verso il 2050, nel linguaggio del comunicato. Non è preciso, ma prima era assente. Si sarebbe preferito che tutti avessero confermato il 2050, ma gradualmente ci si arriverà”.
Proprio perché ci crede, il premier sceglie comunque di lodare Pechino, nonostante gli evidenti tentativi di frenare accordi più ambiziosi: “Fino a pochi giorni fa dalla Cina mi attendevo un atteggiamento più rigido. Ma assieme alla Russia ha accettato l’evidenza scientifica del tetto di 1,5 gradi, che comporta notevolissimi sacrifici. I cinesi producono il 50% dell’acciaio mondiale e molti impianti vanno a carbone”. Cauta fiducia in ulteriori passi. Anche perché il premier non pensa che le resistenze del Dragone dipendano dall’assenza di un libero dibattito interno o di una “Greta cinese”: “L’opinione pubblica si lamenta del clima anche da loro”.
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di
Anais Ginori e Antonello Guerrera
31 Ottobre 2021
Ma la massima espressione del multilateralismo è sul fronte commerciale, secondo Draghi. E risiede nell’intesa sull’acciaio tra Stati Uniti e Unione europea, suggellato a margine del G20 da Joe Biden e Ursula von der Layen. “È la conferma del progressivo superamento del protezionismo degli scorsi anni”. La fine del trumpismo dopo Trump. Sui vaccini, invece, bisogna accelerare, visti i gravissimi ritardi nella distribuzione nei Paesi poveri.
L’ultimo pensiero è però rivolto a Papa Francesco. Domandano a Draghi se ha trovato nel Pontefice un alleato del summit. “Non solo del G20 – replica sorridendo – ma per tutto ciò che concerne il clima e la conservazione della Terra”.