Riforma ammortizzatori, Confesercenti: “Ci costano 500 milioni”. Confindustria: “Basta essere il bancomat di Stato, i piccoli paghino”

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ROMA – Malumore tra i commercianti e i piccoli esercenti per la riforma degli ammortizzatori sociali che il governo ha inserito nella legge di bilancio. Dal 2022 tutti i lavoratori di tutte le imprese e settori saranno coperti con un ammortizzatore universale, di lunghezza variabile e di importo aumentato nel suo massimale. La riforma non piace ai piccoli perché per la prima volta estende la contribuzione anche alle imprese piccolissime (da zero a cinque addetti) e l’aumenta per quelle medie da cinque ai quindici dipendenti. Sopra i quindici poi, le aziende saranno anche obbligate a pagare due aliquote di contribuzione al fondo Fis e alla Cassa integrazione straordinaria.

Troppo per la Confesercenti che fa i primi conti. La riforma “comporterà per commercio, turismo, servizi tecnici e magazzinaggio un incremento dei contributi di quasi 500 milioni”, scrive la Confederazione in un documento consegnato al resposabile economico del Pd Antonio Misiani. Di questa cifra, 200 milioni sono riconducibili alle imprese fino ai 15 dipendenti, con “un aumento medio per dipendente di 90 euro”, prosegue la Confesercenti. La maggiore spesa si riverserà anche sui lavoratori, visto che la contribuzione maggiorata pesa per due terzi sulle aziende e per un terzo sulle buste paga dei dipendenti. E dunque, per Confesercenti “per ottenere un’effettiva riduzione della pressione fiscale sui fattori produttivi, servirà un intervento compensativo subito”.

Reagisce subito Carlo Bonomi, presidente di Confindustria: “Le aziende industriali versano ogni anno allo Stato 3 miliardi di Cassa integrazione, ricevendo prestazioni per 600 milioni, siamo contributori netti per 2,4 miliardi. Non possiamo essere sempre bancomat di Stato. Se vogliamo dare la Cig a tutti, e siamo convinti, tutti devono contribuire”. E quindi invece di “confermare la Cig attuale, limitandosi ad estenderla, pensiamo a un nuovo ammortizzatore di natura assicurativa, universale ma dove tutti lo pagano”.

Anche la Uil-Servizio Lavoro, Coesione e Territorio era uscita qualche giorno fa con uno studio dettagliato sugli extra costi che a regime (nel 2022 ci sono aliquote scontate) si abbatteranno sulle piccole e medie imprese. Un’azienda da 6 a 15 dipendenti ha un aggravio di 73 euro annui per ogni suo singolo dipendente (+77%), di cui 47,8 euro a suo carico e 25,2 euro sul lavoratore. Un’azienda tra 16 e 50 dipendenti registra un aumento medio di 221 euro annui (+162%), di cui 147 a suo carico e 73,50 euro a carico del lavoratore. Un calcolo parametrato a uno stipendio medio del settore privato di circa 21 mila euro lordi.

“Pur condividendo la necessità di una revisione del sistema degli ammortizzatori sociali non possiamo però accettare che ci sia un aggravio sulle buste paga di lavoratrici e lavoratori.”, dice Ivana Veronese, segretaria confederale Uil. “L’aumento delle aliquote deve essere ben calibrato e utile a tenere in equilibrio il sistema senza però fare cassa. Tra l’altro si ipotizza di sostenere gran parte dell’aumento nel primo anno di vigenza attraverso la fiscalità generale. Ma poi? Dovremo vedere calare così tanto le retribuzioni dei lavoratori e delle lavoratrici?”.
 

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