Paura e ansia possono influire sugli effetti del vaccino, così anche chi non ha ricevuto il farmaco ma solo la soluzione fisiologica ne ha una parte degli effetti, tra cui affaticamento e mal di testa. È quanto suggerisce lo studio pubblicato da The Lancet Regional Health – Europe dal gruppo di ricerca coordinato dalla professoressa Martina Amanzio del Dipartimento di Psicologia dell’Università di Torino, in collaborazione con prestigiosi centri di ricerca nazionali e internazionali. Per i ricercatori, informare su questi rischi potrebbe aiutare a limitare la paura del vaccino.
Nello studio sono stati analizzati e confrontati gruppi che hanno ricevuto il vaccino e gruppi “placebo”, quindi che hanno ricevuto, senza saperlo, della soluzione fisiologica e nessun farmaco. Emergono effetti avversi e sintomi in entrambi i casi, tra cui affaticamento, mal di testa e dolore al braccio. Si parla dunque di effetto “nocebo”, simile al placebo, quindi all’aspettativa della comparsa di effetti ma opposti. Un risultato importante guardando ai risvolti futuri perché, spiegano gli scienziati, una maggiore consapevolezza può portare a una più alta partecipazione all’immunizzazione riuscendo a limitare ansia e paura da effetti.
Il gruppo di ricerca, in cui compaiono il dipartimento di Neuroscienze, Neurofarba – Sezione di Psicologia dell’Università di Firenze, il Department of Psychiatry and Human Behavior, Brown University e in Grecia, Department of Neurology, Aeginition Hospital, National and Kapodistrian University of Athens, è il primo ad aver indagato gli eventi avversi associati agli studi clinici sui vaccini contro il SARS-CoV-2. Per indagare gli effetti, hanno identificato tre trials di vaccini approvati dall’Ema e dalla Fda. In particolare sotto la lente sono finiti due basati su mRNA (38.403 partecipanti) e un tipo ad adenovirus (6.736 partecipanti).
Partendo da questo sono stati analizzati i dati di sicurezza (fase III) rispetto agli effetti collaterali sollecitati nei gruppi placebo, trattati con soluzione fisiologica, e per il farmaco attivo, prendendo in considerazione due vaccini a mRNA (BNT162b2 e mRNA-1273 di Pfizer e Moderna, rispettivamente) e uno ad adenovirus (Ad26.COV2.S di Janssen / Johnson & Johnson). È emersa, precisano i ricercatori, “un’incidenza di eventi avversi comunemente riscontrati in tutti i trials, nei gruppi placebo e nei gruppi farmaco attivo”.
Le reazioni sono state segnalate con diari elettronici, entro sette giorni dall’inoculazione del placebo o del vaccino. Inoltre, sono stati valutati gli effetti avversi “non sollecitati” (riportati spontaneamente entro 28 giorni dopo l’iniezione), in termini di sintomi gravi (Serious Adverse Events, SAEs) in tutti i gruppi dei tre studi selezionati.
Tra i vari effetti sono stati segnalati affaticamento, mal di testa, dolore locale come reazione al sito di iniezione, e mialgia/dolore muscolare. I risultati hanno evidenziato un profilo degli eventi avversi sollecitati nei bracci placebo paragonabili a quelli del vaccino, anche se la percentuale era più elevata nei gruppi attivi (quindi con farmaco attivo).
“Evidenziare tempestivamente l’importanza della risposta nocebo associata all’attuale vaccinazione contro il Covid – spiega la professoressa Martina Amanzio, docente del dipartimento di Psicologia dell’Università di Torino – è molto importante. In molti Paesi in cui il vaccino è stato reso disponibile c’è infatti una minoranza significativa che rifiuta di essere sottoposta a immunizzazione. La maggior parte di questi soggetti è scarsamente informata sulla sicurezza del vaccino, sulla sua capacità di proteggere dall’infezione grave da Covid sull’importanza del raggiungimento dell’immunità di gruppo. La nostra pubblicazione aggiunge un’importante informazione sulle reazioni avverse al vaccino. Sarebbe auspicabile che i medici utilizzassero queste conoscenze per rendere consapevoli i loro pazienti sulla necessità di aderire alla vaccinazione contro il Covid”.
In particolare, passando ai dati nello specifico, rispetto alle prime dosi, la fatica è stata riportata dal 21-29% nei gruppi placebo e dal 37-42% nei gruppi farmaco attivo; il mal di testa dal 24-27% e 33-39% nei gruppi placebo e farmaco attivo rispettivamente; e i dolori muscolari dal 10-14% nei gruppi placebo e dal 18-33% nei gruppi farmaco attivo. Anche le reazioni al sito di iniezione erano comuni: 12-17% nel placebo e 48-84% dopo la vaccinazione attiva.
Al termine dello studio è emerso che affaticamento, mal di testa e dolore sono più comuni tra i giovani e per le prime dosi dei vaccini a mRNA, quindi Pfizer e Moderna (sia nei gruppi placebo sia per il farmaco attivo). Altri sintomi, presenti in entrambi i gruppi (placebo e attivo), sono stati riportati meno frequentemente. In generale, i soggetti più giovani erano più propensi a registrare e segnalare effetti. I sintomi gravi sono stati definiti in linea con il tasso di occorrenza atteso nella popolazione generale e non correlati alla vaccinazione.
Nonostante chi ha ricevuto il vaccino segnala più effetti “è evidente – spiegano i ricercatori – che la maggior parte di questi effetti collaterali non sono dovuti al vaccino di per sé ma possono essere attribuiti all’effetto del nocebo”. Partendo da questo l’ipotesi è che negli studi sui nuovi vaccini, una maggiore consapevolezza della risposta nocebo, nei gruppi placebo, può portare a una maggiore partecipazione all’immunizzazione e a una maggiore protezione dall’infezione da SARS-CoV-2, limitando la paura e l’ansia per la sicurezza di questi nuovi farmaci.