Ravanusa, quelle case sulla frana. Nei documenti il presagio della catastrofe: “pericolosità molto alta”

Read More

Una parte di Ravanusa frana, da almeno venti anni. Con una condizione del suolo così compromessa che neppure un appalto milionario sembra riuscita a bonificare. E’ presto per capire quanto la pessima condizione della collina su cui sorge pure via Trilussa, la strada delle quattro palazzine devastate, possa avere contribuito alla fuga di gas letale. Le condotte di metano del paese siciliano sono tra le più vecchie d’Italia, installate quasi 37 anni fa. Ma anche il terreno su cui poggiano è di grande fragilità, tanto da far ipotizzare che possa avere inciso sulla tenuta delle tubature.

Ravanusa, i destini sepolti dalle macerie: Giuseppe, salito a salutare e Selene, mamma a giorni

di

Alan David Scifo

12 Dicembre 2021

I documenti che indicano la pericolosità di quell’area sono di esplicita minacciosità. Li riproduce proprio un progetto su carta intestata del Comune di Ravanusa, che porta le firme di ben sei ingegneri e due architetti, intitolato “Lavori di completamento del consolidamento della zona est dell’abitato”.

A pagina 18 una mappa illustra la situazione dei dissesti: la zona di via Trilussa è a “franosità diffusa”, con un colore rosso fuoco che avverte come la frana sia attiva. Alla pagina successiva, c’è la “carta della pericolosità e del rischio geomorfologico”. Anche qui i colori sono netti: la zona dell’esplosione è a “pericolosità molto elevata” e a “livello di rischio molto elevato”.

Che il centro franasse era ben chiaro al sindaco Carmelo D’Angelo. Nel giugno del 2018 è lui ad annunciare l’arrivo di sette milioni di euro per “il progetto ingegneristico più importante relativo agli interventi di consolidamento finalizzato a migliorare le condizioni di sicurezza e arrestare quindi lo scivolamento a valle del centro abitato”. Il piano è semplice: bloccare il movimento del terreno con una paratia, una muraglia di pali profonda trenta metri piantata sotto quattro vie cittadine, una delle quali duecento metri a valle della strada della strage. Poi bisognava rifare la rete che raccoglie le acque piovane, impedendogli di disperdersi nel suolo. Quindi bonificare le infiltrazioni “dovute alle perdite per effetto del cattivo stato di conservazione dei sottoservizi fognari e idrici”. Un’altra testimonianza di cosa nascondesse il ventre del paese.

La pratica per il cantiere è partita nel 2016, per arrivare nel 2020 ad ottenere i fondi – tratti dai programmi europei – e far partire i lavori. A giugno il Comune ne prevedeva la conclusione entro questo mese, mostrando le foto degli operai impegnati a pavimentare le strade. Forse la muraglia di cemento piantata nella profondità non è servita ad arrestare – parole del sindaco – “lo scivolamento a valle del centro urbano”. O forse non è riuscita a influire sulla situazione del vicolo poco distante. Tutte cose che saranno valutate dai periti nominati dalla procura di Agrigento. Qualunque siano state le cause dell’esplosione, però, la tragedia di Ravanusa è un nuovo monito a tutta Italia: bisogna bonificare in fretta quello che c’è sotto i nostri piedi, mettendo riparo a decenni di cemento selvaggio.

Related articles

You may also be interested in

Headline

Never Miss A Story

Get our Weekly recap with the latest news, articles and resources.
Cookie policy

We use our own and third party cookies to allow us to understand how the site is used and to support our marketing campaigns.