ROMA – Italia protagonista del mercato del gas in Europa: da due settimane è diventata esportatrice di materia prima verso i paesi confinanti di materia prima. A partire dai giorni tra Natale e Capodanno, gli operatori stanno vendendo più o meno ininterrottamente partite di gas naturale sia in direzione della Svizzera (e da qui verso Germania e Olanda), sia in direzione dell’Austria.
Cosa è accaduto, visto che solitamente l’Italia è importatrice di gas, dal momento che la produzione nazionale non soddisfa più del 3-4% del fabbisogno? Detto molto semplicemente, dopo Natale il prezzo sul mercato nel nostro Paese è stato più basso rispetto ai prezzi nel resto d’Europa. Questo grazie a fatto che gli stoccaggi, i deposito del gas, sono stati ancora poco utilizzati non avendo fatto particolarmente freddi e grazie all’entrata in esercizio nel corso del 2021 del Tap, il gasdotto che porta in Italia fino a 8 miliardi di metri cubo in più all’anno dal lontano Azerbaijan.
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In particolare, i prezzi che si sono formati in quei giorni in Italia sono stati più convenienti sia nei confronti del punto di scambio olandese (mercato di riferimento a livello continentale, paragonabile al Brent a Londra), sia in quello “virtuale” austriaco. La differenza sta nel fatto che in Olanda ci si scambia “fisicamente” la materia prima, mentre in Austria gli scambi vengono tra operatori che regolano tra di loro i flussi in entrata e in uscita.
In buona sostanza, il gas è partito alla volta dell’Olanda attraverso il gasdotto che passa il confine con la Svizzera al passo di Greis e da qui verso la Germania e l’Olanda: in questo caso, dal 25 dicembre al 2 gennaio ci sono stati solo flussi in uscita. Sull’altra fronte, il gas arriva al punto di scambio al confine austriaco al Tarvisio, dove arriva solitamente il gas proveniente dalla Russia, mentre al confine svizzero passa quello proveniente dal Mare del Nord o dalle navi gasiere che approdano nel nord Europa.
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Ma quali sono le ragioni per cui il prezzo in Italia è diventato più conveniente? Ci sono motivi tecnici, ma soprattutto commerciali e geopolitici. Intanto va detto che non sarebbe stato possibile esportare gas senza gli interventi sulla rete nazionale gestita dal gruppo Snam (società controllata dal Tesoro attraverso Cassa Depositi Prestiti): l’infrastruttura è stata “modificata” per consentire non solo i flussi dall’estero, ma anche il movimento contrario.
Inoltre, l’Italia può vantare una rete di stoccaggi (per lo più giacimenti esausti di gas che sono stati riadattati a depositi per la materia prima) che negli ultimi anni è stata migliorata e che funziona da riserve sia in caso di emergenza, ma anche agli operatori per rifornirsi per tempo (solitamente nella stagione estiva) quando i prezzi sono più bassi. In questo caso, è stata fondamentale il fatto che gli italiani pagano un bolletta una piccola quota – regolata dall’Arera, l’Authority per l’energia – destinata a remunerare gli investimenti per mantenere efficiente sia la rete sia gli stoccaggi.
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Infine, sulla formazione dei prezzi ha inciso l’entrata in servizio a tutti gli effetti del gasdotto Tap. Si tratta del “tubo” che collega la costa del Salento all’Albania e da qui attraverso Grecia e Turchia porta in Europa il gas estratto in Azerbaijan: fino a 8 miliardi di metri cubi all’anno che hanno aumentato l’offerta, oltre che differenziato le fondi di approvvigionamento. In entrambi i casi, due leve che – secondo gli esperti – hanno contribuito ad abbassare di circa il 10 per cento il prezzo del gas su mercato italiano, allineandolo ai prezzi europei.
Anzi, grazie al fatto che gli stoccaggi italiani hanno un livello di riempimento tra i più elevati d’Europa e il fatto che ancora non ha fatto particolarmente freddo, ha consentito di dirottare una parte di gas verso l’estero dove al momento i prezzi sono più elevati.