Ieri 220 mila casi, nuovo record per Omicron. “Ma per i vaccinati è letale come l’influenza”

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Due anni fa eravamo partiti dal dibattito: ma il Covid è solo un’influenza? Oggi siamo tornati a porci la stessa domanda. Ma 115 milioni di iniezioni più tardi e con un record di contagi ieri (220mila casi e 294 vittime) il discorso ha preso una forma completamente diversa. La bilancia oscilla sotto al peso di due forze. Omicron ha sintomi più leggeri, ma numeri davvero pesanti. “Mai visto un virus così negli ultimi 100 anni” ammette l’immunologo americano Anthony Fauci, spaventato dai 146mila ricoveri negli Stati Uniti: un record.

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Anche l’Italia soffre la pressione sugli ospedali. Ieri le terapie intensive sono salite di 185 posti, arrivando a 1.677 letti occupati (il 17% dei letti totali). I reparti normali hanno superato i 17mila ricoveri (26%). L’Organizzazione mondiale della sanità prevede che la metà degli europei si infetterà nei prossimi due mesi. Eppure c’è chi ritiene arrivato il momento di considerare la pandemia come un’influenza, cessando di fare il tampone al primo sintomo e di contare i contagi quotidiani, abolendo il consueto bollettino serale. Lo suggeriscono il sottosegretario alla Salute Andrea Costa e l’epidemiologo del Comitato tecnico scientifico Donato Greco. “Il numero dei contagi – spiega Costa – di per sé non dice nulla, è necessario soffermarsi sui dati di ricoveri e terapie intensive”. Per Greco “sarebbe un’ottima idea far diventare settimanale il bollettino. Noi del Cts stiamo discutendo se parlarne col Governo”. Per Cesare Cislaghi, ex presidente della Società italiana di epidemiologia, smettere di contare i casi vorrebbe dire perdere il controllo della situazione: “Sarebbe come censurare l’epidemia. Bisogna bloccare questa idea malsana. La prevenzione deve essere fatta sui contagi e non sui ricoveri. Non beiamoci del fatto che molti contagiati hanno pochi sintomi, talvolta simili a un’influenza”.

A far tornare fuori il paragone con il malanno di stagione stavolta non è l’opinione di qualche virologo. Sono le statistiche sulla letalità del Covid a valle della campagna vaccinale e alla luce della minore severità di Omicron. Le ha calcolate Matteo Villa, ricercatore dell’Ispi, Istituto per gli Studi di Politica Internazionale. La differenza oggi non la fanno tanto i diversi virus, ma proprio la diffusione dei vaccini. Nella categoria delle persone con più di 65 anni, la variante Delta uccide 5,4 infettati su 100, se non immunizzati. La Omicron è meno severa, con un tasso del 2,2%, sempre fra i non vaccinati. Se invece guardiamo a chi si è sottoposto alle due dosi, Delta, Omicron e influenza diventano malattie simili, con una letalità intorno allo 0,4-0,5%. Nella popolazione generale, inclusi i giovani, la letalità dell’influenza e del Covid fra i vaccinati oscilla tra lo 0,04% e lo 0,12%.

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Finora, ha calcolato Villa, in poco più di un anno i vaccini hanno evitato in Italia 25mila decessi e 9mila ricoveri in terapia intensiva. La risposta alla domanda di due anni fa, grazie ai vaccini, sembrerebbe quindi essere sì: il Covid è simile all’influenza. “Ma attenzione, si tratta di una semplificazione. Questo sarebbe vero solo se tutti fossero vaccinati” avverte Villa. “Il primo motivo per cui le due infezioni sono diverse è medico. Il coronavirus è in grado di lasciare strascichi su vari organi”. Il long Covid, ad esempio, può durare mesi.

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La seconda grande differenza, lampante se guardiamo a Omicron, è la capacità di espansione del virus all’interno della popolazione. “L’influenza durante la stagione invernale colpisce il 15-20% della popolazione” fa notare Villa. “Omicron, se non adottassimo alcuna strategia per monitorarla e contrastarla, infetterebbe pressoché il 100% delle persone in tempi molto brevi, causando il collasso degli ospedali. La letalità resta simile all’influenza, ma con il quintuplo dei contagiati avremmo il quintuplo dei morti. Se una stagione influenzale causa 15-20mila decessi, lasciar correre Omicron si tradurrebbe in 100mila morti. Pari alle vittime da Covid di tutto il 2020”.

Ecco perché l’obiettivo di convivere con il Covid come se fosse un malanno di stagione è raggiungibile, ma non al momento. “L’endemia potrà essere il futuro, quando avremo messo sotto controllo l’epidemia” secondo Francesco Menichetti, primario di Malattie infettive all’ospedale di Pisa. “E’ presto per essere certi che Omicron sia un’influenza e cambiare strategie senza correre rischi” avverte Carlo Signorelli, docente di Igiene al San Raffaele di Milano. “Bisogna essere consapevoli del carico che crea Omicron sui sistemi sanitari e non considerarla una lieve influenza” aggiunge Marco Cavaleri, responsabile di vaccini e terapie per il Covid dell’Ema, Agenzia europea per i medicinali. Il rischio è che ad ammalarsi seriamente, con 2,1 milioni di cittadini attualmente positivi, potrebbe essere il paese con i suoi ospedali.

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