La battaglia di Biden per la libertà di voto parte dalla tomba di King

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“Sceglieremo la democrazia invece dell’autocrazia, la luce invece dell’ombra, la giustizia invece dell’ingiustizia?”. È drammatico il tono delle domande che Biden ha posto ieri all’America, ma il presidente è convinto che gli Stati Uniti e il mondo siano arrivati ad un punto di svolta, in cui il futuro stesso della forma rappresentativa di governo è a rischio.

Perciò è andato ad Atlanta, sulla tomba di Martin Luther King, in un luogo simbolo della battaglia sui diritti civili, allo scopo di promuovere il passaggio di alcune leggi che garantiscano la libertà di votare. La sua idea è che dopo il fallito colpo di stato elettorale del 6 gennaio 2020, i repubblicani si stiano riorganizzando per avere successo la prossima volta. Il partito ancora in mano a Donald Trump sa di essere ormai minoranza nel Paese, perché rappresenta soprattutto la classe media e bassa dei bianchi, che temono di perdere la loro primazia a causa dell’avanzata demografica degli altri gruppi, dai neri agli ispanici. Perciò si prepara a vincere truccando le elezioni, ossia promuovendo nei singoli Stati leggi che sopprimono o complicano la partecipazione al voto dei potenziali avversari, ad esempio limitando l’uso delle preferenze inviate via posta. Quindi il Gop sta anche cambiando molti funzionari incaricati di gestire le consultazioni a livello locale, nella speranza che facciano quanto nel 2020 avevano rifiutato personaggi come il segretario di Stato della Georgia Brad Raffensperger, un repubblicano che aveva resistito alle pressioni di Trump affinché gli trovasse le schede per vincere o rovesciasse il risultato. Nello stesso tempo cercano di affermare il principio che i parlamenti dei singoli stati, dove loro hanno la maggioranza, hanno l’autorità di assegnare i voti elettorali al candidato da essi preferiti, sostituendosi quindi alla volontà manifestata dal popolo nelle urne.  

Per evitare tutto questo, i democratici hanno presentato alcune leggi a livello federale. Una, il Freedom to Vote Act, impedirebbe proprio agli stati di limitare il voto per corrispondenza o in absentia, e vieterebbe di ridisegnare i distretti allo scopo di penalizzare gli elettori delle minoranze. Un altro, il John Lewis Voting Rights Advancement Act, punterebbe a ripristinare alcune garanzie contro le discriminazioni razziali contenute nel Voting Rights Act, che la Corte Suprema aveva cancellato nel 2013.

“I prossimi giorni – ha detto Biden ad Atlanta -, quando questi progetti di legge saranno votati, segneranno una svolta nella nostra nazione. Sceglieremo la democrazia invece dell’autocrazia, la luce invece dell’ombra, la giustizia invece dell’ingiustizia? Io so dove mi trovo, su quali posizioni. Non cederò. Non sussulterò. Difenderò il vostro diritto di voto e la nostra democrazia, contro tutti i nemici stranieri e nazionali. E quindi la domanda è: dove starà l’istituzione del Senato degli Stati Uniti?”.

Il riferimento all’aula alta del Congresso ha un motivo preciso. La regola del “filibustering”, infatti, consente al partito di minoranza di bloccare qualsiasi legge che non abbia almeno 60 voti a favore. In questo momento il Senato è diviso a metà, 50 seggi ai democratici e 50 ai repubblicani, e quindi non c’è alcuna possibilità di raggiungere questa soglia. Per altro due membri dello stesso partito di Biden, Manchin e Sinema, non hanno ancora garantito l’appoggio alle iniziative per la difesa del voto. Quindi per farle passare è assolutamente necessario varare quanto meno un’eccezione temporanea al “filibustering”, che consenta di approvare i testi a maggioranza semplice, nella speranza poi di convincere tutti i democratici a stare dalla parte del capo della Casa Bianca. “Come istituzionalista – ha detto ieri il presidente – credo che la minaccia alla nostra democrazia sia così grave, che dobbiamo trovare un modo per approvare questi disegni di legge sui diritti di voto”. Perciò ha proposto di sospendere il “filibustering”, e quindi ha posto questa domanda ai parlamentari di entrambi i partiti: “Chiedo a tutti i funzionari eletti in America: volete stare dalla parte del dottor Martin Luther King o di George Wallace? Dalla parte di John Lewis o di Bull Connor?”. Quindi dalla parte degli eroi dei diritti civili, o dei campioni del razzismo?

Per Biden è una scommessa assai pericolosa. Dopo la mancata approvazione del pacchetto da 1,75 trilioni di dollari per riformare al società americana, il capo della Casa Bianca ha assolutamente bisogno di aprire un altro fronte per incassare un successo. Ha scelto il diritto di voto perché ritiene che sia minacciato da Trump e dai repubblicani, vuole evitare le limitazioni che penalizzerebbero lui e i democratici, ed è convinto che la maggioranza degli americani sia dalla sua parte. Se però fallisse anche questa offensiva, rischierebbe di vedersi indebolito fino al punto dell’irrilevanza, soprattutto se alle elezioni midterm di novembre i repubblicani riprenderanno il controllo di almeno un’aula del Congresso, paralizzando la sua agenda legislativa.

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