ROMA – “Draghi sussurri lui ai leader dei partiti il nome giusto per il Quirinale ma confermi la sua guida a Palazzo Chigi. Mostrerà la caratura di statista”. Paolo Cirino Pomicino suggerisce a Draghi le mosse, così come tante volte ha fatto con Giulio Andreotti. Memoria storica della Dc, più volte ministro, racconta di quella volta che “la politica resse 23 scrutini prima di arrivare all’elezione di Giovanni Leone senza ripercussioni sul governo”.
I RISULTATI DELLA PRIMA VOTAZIONE
Pomicino, la soluzione migliore per uscire dalle secche sarebbe un Mattarella bis?
“Aiuterebbe, ma è un pronto soccorso”.
Allora è la volta di Draghi presidente della Repubblica?
“Il nome di Draghi al Colle sancisce che la dissoluzione della politica è compiuta. Viene prima la richiesta di un Mattarella bis e poi si domanda a Draghi. Ma continuiamo fare diagnosi, mentre ci vorrebbe una terapia diversa”.
E lei quale suggerisce?
“Innanzitutto i segretari dei partiti abbandonino la logica delle coalizioni. E soprattutto il presidente del Consiglio dica che continuerà a fare il premier, però sussurri ai leader il nome di un presidente simile a Mattarella, che possa essere in grado di reggere una situazione straordinaria e il suo governo straordinario. Questo consentirebbe il sussulto politico e del Parlamento”.
Insomma è Draghi stesso che deve sbrogliare la matassa?
“Io ritengo che nel prossimo anno, quando si voterà per le politiche, Mario Draghi debba candidarsi da indipendente e entrare in Parlamento. Potrebbe essere di nuovo premier. Ha inoltre un’età che gli consente di correre per il Colle nella prossima tornata o di essere disponibile per un incarico ai vertici della Ue”.
L’Ue non vuole perdere Draghi: “Garanzia per gli accordi presi”
dal nostro inviato Daniele Castellani Perelli 24 Gennaio 2022
Un percorso lungo.
“Ma indispensabile. Se così non sarà, siamo al crepuscolo della democrazia parlamentare. E non è colpa di un destino cinico e baro, ma di una classe dirigente che ha scelto il potere e non la politica”.
Draghi aiuti a non sbagliare candidato al Quirinale?
“Sì, è nella condizione di farlo. Mostri la sua caratura di statista e, ripeto, sussurri ai segretari dei partiti qualche nome capace, confermando la sua presenza alla guida del governo. Aggiungo. Leggo dell’ambasciatrice Elisabetta Belloni come possibile premier. È una personalità di grande qualità, ma chi guida i Servizi segreti non è il caso che diventi primo ministro”.
Nella Dc, durante le elezioni del presidente della Repubblica, ci sono state simili situazioni di impasse. Ce n’è qualcuna che ricorda ?
“Ma la differenza è che nella Prima Repubblica la politica poteva assorbire le 23 votazioni che poi portarono all’elezione di Giovanni Leone ad esempio. Questo è un Parlamento che alla quinta votazione va in tilt”.
Ma com’è che la politica è finita in queste sabbie mobili?
“È l’approdo di un lungo processo di disgregazione che inizia nel 1993. Allora un Parlamento in crisi chiamò un esterno, Carlo Azeglio Ciampi, a fare il premier, cosa che si è ripetuta con Dini, Monti, Conte e ora con Draghi. Cinque volte in 27 anni”.
Chi ha in mano il pallino e la regia della trattativa per il Quirinale?
“Nessuno. Ci sono tre partiti – Lega, Pd e Fratelli d’Italia – nei sondaggi intorno al 20%, e il M5Stelle senza strategia politica. Ciascuno di quei tre partiti ritiene che il nome debba venire dalle sue file”.
Quale è il suo candidato?
“Ci sono almeno tre nomi, ma non li dico”.