È una guerra senza precedenti nella storia mondiale. Vladimir Putin ha scatenato contro l’Ucraina una macchina bellica di potenza mostruosa, sincronizzando l’azione dell’arsenale tecnologico e dell’armata tradizionale. Con un effetto devastante: in poche ore le avanguardie russe hanno conquistato alcuni degli obiettivi rivendicati da Mosca e stanno dilagando in tutto il Paese. Nel Donbass, sulla costa del Mar Nero, lungo la foce del Dnepr, ma anche nella regione di Kiev le colonne corazzate vanno avanti senza soste. La capitale è sotto attacco, con un’operazione da manuale di elicotteri e paracadutisti che ha espugnato un piccolo aeroporto a 15 chilometri dal centro: la testa di ponte per poi puntare ai palazzi del potere. L’unica resistenza accanita viene registrata alle porte di Kharkiv, la città nella parte ucraina del Donbass, dove da ore si spara senza sosta.
L’operazione shock
Il primo colpo è stato affidato a una pioggia di missili cruise. Hanno distrutto le infrastrutture delle forze armate ucraine: centri comando, aeroporti, radar, depositi di munizioni, caserme. Quasi tutti i bersagli sono stati colpiti con precisione. Si trovavano in prossimità delle città e le grandi esplosioni sono servite anche per terrorizzare la popolazione. In pratica, Mosca ha ripetuto la strategia dello “shock and awe” usata dal Pentagono nella campagna contro Saddam Hussein del 2003: un’esibizione di “super-bombe”, con lo scopo di piegare la volontà di resistenza della popolazione. I missili sono caduti ovunque: pure negli aeroporti delle regioni più vicine al confine polacco e romeno, che si sentivano immuni dalle minacce russe.
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Antonello Guerrera
I cruise – o missili da crociera perché hanno un profilo di volo simile a quello degli aerei – utilizzati sono le armi più sofisticate a disposizione degli aggressori. Sono stati lanciati da navi e sottomarini (i Kaliber, finora impiegati solo nella campagna contro l’Isis in Siria) o da bombardieri (il modello KH55 che la Nato chiama “Kent”). Hanno un raggio d’azione superiore a mille chilometri e una testata con oltre 400 chili d’esplosivo. È stato segnalato pure l’impiego degli Iskander, missili balistici con una portata minore e velocità ipersonica, dislocati a bordo di semoventi. Mosca sostiene di avere compiuto complessivamente 74 attacchi missilistici: 11 aeroporti, 3 centri comando, 18 radar e posizioni della contraerea, una nave base navale.
L’aviazione di Kiev non ha contrastato l’offensiva. I radar e le basi della difesa aerea sono stati spazzati via dai cruise. È probabile che gli intercettori Sukhoi 27 siano stati nascosti nei dintorni degli aeroporti, per cercare di salvarli dal raid iniziale. Alcune foto mostrano cacciabombardieri Sukhoi 34 inceneriti al suolo. I russi sono padroni del cielo, anche se non è stata notata finora una presenza significativa dei loro stormi. In mattinata un drone GlobalHawk della Nato decollato da Sigonella ha sorvolato l’Ucraina, senza venire disturbato, mentre un velivolo spia americano RC-135 Joint River si è fermato sul confine polacco.
L’avanzata nel Donbass
I carri armati russi sono stati preceduti da un fuoco massiccio di artiglieria e razzi, simile agli sbarramenti delle due guerre mondiali. Anche in questo caso, alla distruzione si unisce l’effetto psicologico sulle truppe che per ore si sono ritrovate sotto un bombardamento continuo. Sono stati notati i lanciarazzi pesanti Smerch, che scagliano salve di ordigni potenti con una grande precisione: il loro impatto sul terreno è micidiale.
L’offensiva nel Donbass si sta muovendo lungo tre direttrici: una frontale, che è partita dalle repubbliche secessioniste; una da sud, con le truppe schierate in Crimea, e una da nord, puntando soprattutto sulla città di Khirkov. Qui sono in corso i combattimenti più feroci. Gli ucraini dal 2014 hanno realizzato posizioni fortificate e dispongono di soldati esperti. Ci sono immagini di scontri diretti per il dominio dei crocevia stradali, con carcasse di blindati di entrambi gli schieramenti. L’impressione è che gli ucraini si siano appostati nei boschi che fiancheggiano le arterie chiave, usando i missili Javelin e NLaw – forniti nelle scorse settimane da inglesi e americani: una foto mostra la torretta di un tank russo divelta da una di queste armi.
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Nonostante abbiamo perso diversi mezzi nelle imboscate, la corsa delle avanguardie procede. Ci sono immagini dei reparti d’assalto che presidiano la periferia di Khirkov: i soldati sono tranquillamente sui marciapiedi. In più zone sono intervenuti gli elicotteri corazzati Ka52 Alligator, che hanno bersagliato dall’alto le postazioni ucraine. La colonna partita dalla Crimea muove verso il Donbass conquistando le coste del Mare di Azov: punta su Mariupol, città contesa dal 2014. Nel paese di Genichesk, a pochi chilometri di distanza, già sono arrivate le milizie della Rosgvardia, i pretoriani del Cremlino: la loro missione è quella di rastrellare gli esponenti ostili ai russi. E infatti sono stati fotografati lì anche i “cellulari” per trasferire i detenuti.
La foce del Dnepr
Dalla Crimea un’altra centuria corazzata russa si è riversata sulla foce del Dnepr, occupando rapidamente gran parte della riva orientale. Il porto di Ochakov, base della marina di Kiev, è stato bersagliato con missili Kalibr lanciati dal mare: ha continuato a bruciare per ore. Gli ucraini hanno tentato di rinforzare la linea, facendo muovere una brigata dei loro tank migliori. Ma la colonna è stata fermata sull’autostrada per Cherson: probabilmente si è trattato di un agguato, condotto da forze speciali che nella notte si erano infiltrate nei boschi per controllare l’arteria. I carri armati sono stati distrutti o abbandonati. Un reparto aerotrasportato a bordo di elicotteri ha assaltato la centrale elettrica di Karkhova. I russi sembrano essersi impossessati di tutta l’area intorno a questa località, che costituisce uno degli obiettivi strategici della campagna militare. Oltre all’impianto elettrico, lì si trova il canale che collega il fiume con la Crimea: la struttura fondamentale per i rifornimenti idrici della penisola. Quando i russi nel 2014 l’hanno occupata, Kiev ha bloccato il canale: adesso Mosca l’ha riconquistato.
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Tonia Mastrobuoni
La morsa sulla capitale
Prima dell’alba, un massiccio fuoco di artiglieria è partito dalla Bielorussia verso l’area di Chernhiv: l’orizzonte è stato illuminato per ore dalle esplosioni. Poi i tank hanno cominciato a muovere sull’autostrada che in 180 chilometri porta alla capitale. Una seconda colonna corazzata – secondo le dichiarazioni ucraine – starebbe avanzando la zona di Chernobyl, contaminata dal disastro nucleare del 1986. Le notizie da questo fronte nord sono scarse: le comunicazioni sembrano interrotte. Ma è chiaro che questa offensiva ha come obiettivo Kiev, che verrebbe stretta su due lati da una tenaglia di acciaio.
La sorte della metropoli si sta decidendo in un vecchio aeroporto dove si costruivano i velivoli Antonov: Hostomel dista meno di venti chilometri dal centro. In tarda mattinata i russi l’hanno assaltato con un’operazione da manuale: uno sciame di elicotteri da trasporto ha scaricato plotoni di commandos sulla pista, mentre gli elicotteri da battaglia Ka52 Alligator facevano fuoco con mitragliere e razzi sulle postazioni ucraine. Il motore di uno degli Alligator è stato colpito da un missile terra-aria stinger: l’equipaggio, protetto dalla cabina corazzata, lo ha fatto atterrare in un campo, abbandonandolo. Durante gli scontri è stato abbattuto anche un cargo dell’aviazione ucraina, che forse cercava di decollare per sfuggire all’attacco: cinque militari sarebbero morti.
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Non si comprende bene cosa stia avvenendo nell’aeroporto internazionale, dall’altro lato della metropoli. Sono circolate voci di un assalto dal cielo anche in quella zona: un altro elicottero Alligator è stato colpito poco lontano e si è schiantato in un lago. I piloti sarebbero stati catturati.
Per stroncare la resistenza sono intervenuti cacciabombardieri Sukhoi 25, che hanno sorvolato a bassa quota tutta l’area. Poco dopo l’ora di pranzo, gli incursori russi – che dalle uniformi sembrano appartenere al Gru, la temibile intelligence militare – hanno cominciato a posizionarsi intorno all’aeroporto: si tratta di “consolidare il perimetro”, per rendere sicura la pista. In base alle tattiche, questa è la prima fase di uno sbarco su larga scala: Hostomel potrebbe diventare la testa di ponte dove fare affluire dal cielo una brigata di paracadutisti, con i loro carri armati e i loro semoventi aviotrasportati per assaltare la presidenza e i ministeri di Kiev. Elicotteri e caccia impegnati in questa operazione passano a bassa quota sulla periferia della metropoli, sganciando flares – ordigni ad alto calore per ingannare i sistemi di guida dei missili a infrarosso – e così terrorizzando la popolazione.
L’altra faccia del conflitto
Sin da mercoledì i russi hanno avviato una campagna di guerra psicologica per convincere gli ucraini alla resa. Lo hanno fatto con mezzi ad alta tecnologia. Ad esempio, hanno individuato i telefonini dei singoli soldati, inoltrando sms che li davano per spacciati e li invitavano a deporre le armi. Questa operazione di propaganda dall’alba è proliferata anche sui social network e sui canali di Telegram: vengono diffuse foto di militari uccisi, di altri che alzano bandiera bianca, delle carcasse carbonizzate dei tank ucraini. All’inizio si riteneva che il comando russo oscurasse le reti di telefonia mobile nel Paese: invece no, perché vogliono che il panico si amplifichi sugli smartphone, piegando la volontà di resistenza della nazione.
Azioni di disturbo elettronico sono segnalate in più zone: ci sarebbero in azione sistemi che impediscono l’uso dei navigatori gps, impedendo alle forze ucraine di orientarsi, e altri che silenziano le radio portatili, rendendole inutili. Molti dei reparti corazzati che irrompono in Ucraina sono accompagnati da veicoli irti di antenne per queste missioni di “lotta nel dominio elettromagnetico”. L’offensiva fino al pomeriggio non ha incontrato reali ostacoli. Adesso bisogna capire fino a che punto vorrà spingersi Putin. E soprattutto se nella notte scatenerà l’attacco diretto alla capitale, trasformando in campo di battaglia una città con quasi tre milioni di abitanti.