Gas, dopo lo scontro Russia-Ucraina rallenta il flusso dal Tarvisio ma è compensato da Nord

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La notizia data ieri dall’Ucraina della chiusura di un tubo che trasporta il gas dalla Russia verso l’Europa, per questioni di sicurezza legate al conflitto, cambia lo scenario di approvvigionamento dell’Italia. Nel complesso, dalle prime ore della giornata (il blocco era annunciato dalle 6 italiane di mercoledì mattina) il sistema tiene e non si registra un rallentamento nelle forniture di gas. Ma lo schema di approvvigionamento ha bisogno di adattarsi.

Secondo quanto risulta dai dati di Snam, il gestore delle reti italiane, i flussi al punto di ingresso di Tarvisio, in Friuli Venezia Giulia, sono in diminuzione rispetto a ieri. Lì, passando da Ucraina, Slovacchia e Austria, approda in Italia il gas russo attraverso l’infrastruttura TAG. Oggi risultano circa 45 milioni di metri cubi in transito, mentre ieri ci attestavamo a 55 milioni. Questa differenza viene però compensata dal transito a Passo Gries (da Nord), grazie all’interconnessione delle reti e alle varie fonti di importazione. Secondo quanto risulta, l’Italia riesce a beneficiare della riduzione della domanda da parte degli operatori francesi, che avevano in abbondanza gas e quindi lo piazzano a prezzi convenienti. E’ poi molto probabile che sia lo stesso gas russo ad essere veicolato attraverso la rete tedesca per trovare altri sbocchi con la chiusura del rubinetto ucraino. Il sistema è dunque bilanciato, la domanda risulta soddisfatta; e proseguono anche le iniezioni di gas in stoccaggio.

La tensione sul gas si è alzata dopo che l’operatore del sistema del gas ucraino ha annunciato (ieri) che da oggi alle 7 sarebbero stati interrotti i flussi russi attraverso il punto di ingresso di Sokhranivka. Dal quale, secondo S&PGlobal, transita quasi un terzo del gas che dalla Russia attraversa proprio l’Ucraina per poi giungere in Europa: passa attraverso la stazione di compressione di Novopskov sul gasdotto Soyuz, che arriva in Ucraina proprio nel punto di ingresso di Sokhranivka al confine con la Russia. Oggi la compagnia Naftogaz, che gestisce l’interconnessione tra Russia ed Europa, ha confermato: “L’Ucraina non è più responsabile del trasporto del gas russo attraverso i territori ucraini sotto occupazione militare russa: si tratta di un terzo del volume totale del transito di gas verso l’Europa”. A Gazprom è stato offerto di trasferire i relativi volumi di transito al punto di interconnessione di Sudzha, che si trova nel territorio controllato dall’Ucraina. “Il trasferimento del flusso non richiede alcun costo aggiuntivo da parte russa e non vi sono ostacoli tecnici per tale operazione. In questo modo la Russia sarebbe in grado di mantenere il transito attraverso l’Ucraina e di adempiere ai propri obblighi nei confronti dei partner europei”, ha aggiunto in un comunicato. Ma già ieri il colosso russo diceva che non è tecnologicamente possibile trasferire i flussi di gas all’Ucraina verso un nuovo punto di ingresso.

Alcuni analisti fanno notare come lo stop al passaggio del gas russo da parte delle autorità ucraine sia arrivata alla vigilia della giornata decisiva in cui la Ue deve decidere sull’embargo al petrolio (anticamera della scelta sul gas). Un modo per accelerare la ricerca di fonti alternative. Ma anche a pochi giorni dalle nuove scadenze di pagamento, con obbligo di passare da euro e dollari ai rubli.

La Reuters riporta che in Slovacchia, le consegne giornaliere da parte della Russia attraverso l’Ucraina sono calate per la giornata di mercoledì, secondo l’operatore locale TSO Eustream. Si tratta del punto d’ingresso di Velke Kapusany e, secondo i dati ufficiali, le prenotazioni riguardano 717.923 MWh giornalieri per mercoledì, contro gli 883.844 di martedì.

Nonostante questo quadro molto complesso, il prezzo per ora non subisce ulteriori rialzi. Resta calmo sotto quota 100 euro anche dopo la conferma da parte dell’ucraina Naftogaz dell’interruzione ai flussi. Il metano, che resta comunque un prodotto molto volatile sui mercati, sul listino di riferimento per l’Europa di Amsterdam scambia attorno ai 93 euro al megawattora, in calo di circa il 4% rispetto alla chiusura di ieri, una giornata nella quale aveva anche superato la soglia psicologica dei 100 euro.

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